Fine secolo - 3-4 agosto 1985

un'altra, più aperta, diremmo oggi. Ma Frank vorrebbe andare come apprendista in una farmacia. J_ohnsontrova i soldi per l'ingaggio e lo accontenta. Ma Frank non è fe– lice qui; il trattamento degli apprendisti all'epoça era duro, quasi schiavistico. Per non affrontare la vergogna di ritornare sconfitto a casa da Johnson, fugge e s'imbar– ca nella Regia Marina. Johnson ne è preoccupatissimo: "Nessuno che abbia abbastanza ingegno per finire in gà– lera farebbe mai il marinaio; perchè essere su una nave è come essere in galera, con in più la possibilità di finire annègati ... Un uomo in galera ha più spazio, più cibo e, di solito, migliore compagnia" - e all'epoca non esagera– va affatto. Mobilita allora, come si farebbe per un figlio, ·amicizie e conoscenze perchè ne ottengano il rilascio. Su loro - come traspare da una lettera all'Ammiragliato del grande romanziere scozzese Tobias Smollet, che era di professione chirurgo della Regia Marina - rovescia tutte le sue ansie di padre e, si direbbe quasi, di madre: "Egli (Johnson) dice che il ragazzo è malaticcio, di costituzione delicata e particolarmente soggetto a un'affezione della gola éhe lo rende del tutto inadatto al servizio di Sùa Maestà". Frank sarà rilasciato dopo due anni e tornerà a casa. E tornerà a scuola dove si farà una buona educazio– ,ne. Sposatosi nel 1776 con una ragazza inglese, porterà moglie e poi figli in casa, e farà compagnia a Johnson sino ·all'ultimo momento. Varie,.piccole testimonianze ci dicono eh~ da entrambe le parti l'arte sottile della delica– tezza d'animo è stata coltivata con passione e cura. Ad esempio, negli ultimi anni è vecchio Johnson, ed è· vèc– chissimo anche il suo gatto, Hodge, e perdipiù cieco e malato, e non mangia nulla salvo ostriche (all'epoca era un cibo per poveri in Gran Bretagna). Johnson esce ogni' mattina per comprargliele. Non lo chiede a Franlè "per non urtare la sua delicatezza vedendosi impiegato per le convenienze di un quadrupede", spiega. _ Da almeno due secoli, Johnson ç in Gran Bretagna l'au– tore più -citato dopo Shakespeare. Il dono per la com– · pressione aforistica di concetti, contrasti e conflitti in for- ~ ma breve e nitida rende la sua prosa, e la sua conversa– zione, amorosamente riportata da Boswell e alcuni altri, fonte ricchissima di massime e precetti. La terza, nel va– sto mondo di iingua inglese, dopo la Bibbia di Re Giaco– mo e le opere di William Shakespeare. Statisti, giuristi, medici, sindacalisti, rappresentanti· di gruppi e interessi– d'ogni sorta ricorrono a lui per confermare una propria idea· e arricchirla d'autorevolezza. E' forse il mutare in peggio della società stessa che fa desiderare a molti nella cultura inglese di scrostare d'ogni ufficialità il monumen– to al "grande lessicografo" per scoprire l'uomo scomo– dissimo che ci sta sotto. Dopo la guerra delle Falklands, l'ubriacatura e la successiva vergogna, è ritornata sulla .bocca di molti una sua frase: "Il patriottismo è l'ultimo rifugio dei mascalzoni". E se appare crollarci attorno ogni legame col sapere del passato, e avvizzire ogni pro– getto di futuro, dovrebbe tornare in mente a molti una frase che riassume il senso stesso del suo umanesimo:·" ... qualunque cosa ci sottragga al potere dei nostri sensi, qualunquè cosa permetta al passato, al distante o al futu– ro di predominare sul presente, ci fa progredire nella no– stra dignità di esseri pensanti". C'è ànche il desiderio di riscoprire sotto quei'monumento quell'uomo vitalissimo e melanconico, segnato da Satur– no, di falstaffiana distaccata allegria, rotondo e immenso come la sua teiera, acciaccato dagli anni e dalla povertà come il suo gatto, l'amico che ci saremmo sempre augu– rati d'avere; che considerava: una sedia d'osteria "il trono della felicità", e che spiegava con finto e divertito sussie– go e vero e delicato pudore: "Se non avessi doveri e alcun riferimento verso la futurità (lui diceva così) passerei la vita a correre svelto in calessino con una graziosa ragaz– za accanto 1 '. Si dà qui di seguito, in traduzione, un saggio tratto da una serie successiva a quella firmata The Rambler, di cui si è qui sopra parlato. Tra il 1758 e il 1760,Johnson pub– blica sul periodico The Idler (Lo sfaccendato} saggi a sca– denza settimanale, ogni sabato, più brevi dei precedenti, ma non di minore densità di contenuto. Il seguente è il N.81, di sabato 3 novembre 1759, scritto a commento ' A sinistra:Johnson e Boswella passeggioin unacaricaturadi 1 Rowlandson. Sotto: FrancisBarber, in unritratto attribuitoa J.Reynolds. "Molti anni, rpoche, si tramanda che.così siano passati, in abbondanza e sicurezza, quando infine una nuova razza di uomini giunta dal grande _oceanosi insinuò nel nostro pae– se. Costoro si rinchiusero in abitazioni di pietra,· che i no– stri antenati né potevano penetrare con violenza, né di– struggere col fuoco. Uscivano da queste fortezze a volte co– perti di gusci, come l'armadillo, contro .i quali le lance rim– balzavano addosso al lanciatore, a volte trasportati da be~ stie poderose mai viste prima nelle nostre valli e foreste; e di tale forza e velocità che fuggire od affrontarle era ugual– mente inutile. Questi invasori si sparsero per tutto il co,nti– nente, massacrando per rabbia quelli che resistevano, per spasso quelli che si sottomettevano. Tra quelli rimasti, al- . • cuni furòno sepolti in caverne e condannati a scavare me– talli per i loro padr9ni; altri furono impiegati a lavorare la terra, i cui prodotti erano divorati dai tir.anni stranieri; e quando spada e miniere ebbero distrutto i nativi, .loro li rimpiazzarono con esseri umani di altro colore, trasportati da un paese lontano a perire qui di fatica e torture. - .. -------------------· de a notizia, giunta a Londra il giorno prima, che l'eser– cit., inglese aveva conquistato Quebec, strappando quin– di I Canada ai francesi. M, ntre /'esercito ingÌese avanzava verso Quebec, lungo un morbida savana tra una montagna e un lago, uno dei pie oli capi delle regioni interne, ritto su una roccia, cir– co dato dal suo clan, contemplava, tra il riparo dei cespu– gli, l'arte e la regolarità della guerra europea. Era sera,fu– ro'f piantate 1~tende, ed egli potè osservare con che sicu– ret,za le truppe presero riposo nella notte, con che ordine ripresero la marcia la mattina. Continuò a seguirle con lo sgqardo finchè scomparvero di vista; e per un po' rimase pensoso in silenzio. - Po~, rivolto ai suoi seguaci, "Figli miei", disse, "ho spesso sentito dire da uomini iru;anutiti da una lunga vita che ci fu unjtempo in cui i nostri antenati erano signori assoluti dei bo$chi, dei prati, dei laghi, di tutto ciò che l'occhio raggiun– ge !o il piede percorre. Pescavano e cacciavano, celebravan fd/e e danzavano, e quando erano stanchi si sdraia~ano so~to il primo cespuglio, senza pericolo e paura. Muovevan le loro abitazioni dove richiedeva la stagione, suggeriva la coifvenienza, attraeva la curiosità; e a volte raccoglievano i fr~tti del monte, a volte si davan buon tempo vogando in . ca oa lungo la costa. "Ve n'è tra loro alcuni che si vantano d'essere umanitari," e _ si accontentano di prenderci lè nostre terre di caccia e le nostre pescaie, e ci scacciano da ogni -tratto di terra dove fertilità o' amenità li invitino ad insediarsi, è non ci fanno guerra, a meno che noi non si sconfini abusivamente nelle nostre proprie terre. · "Altri proclamano di avere acquistato un diritto di residen– za e tjrannia; ma l'insolenza di questi pretesi trattati è an– cora più offensiva del dichiarato e palese dominio della for– za. Quale mai compenso può indurre-ti possessore di un ter– ritorio a dare accesso a uno straniero.più potente di lui? E' certo chç è o frode o terrore che dà vigore a questi CO'}trat– ti; costoro ·hanno promesso o prote~iime, che mai hanno concesso, o istruzione, che mai hanno impartito. Noi si spe– rava che il loro favore ci guardasse da qualche altro male, si sperava di imparare le 1Jrtidell'Europa, che ci avrebbero permesso di proteggerci da soli. Il loro potere costoro mai l'hanno esercitato in n_ostradifesa, e lé loro arti ce le hanno deliberatamente tenute nascoste. I loro trattati servono solo a ingannarci, e il loro commercio, a defraudarci. Loro hanno una legge scritta, che vale tra loro, di <;uivantano che discenda da colui che ha fatto la terra e il mare, e nel nome della quale professano di credere che l'uomo sarà · reso felice quando la vita lo abbandona; Perchè non è co– municata anche a noi questa legge? La tengono nascosta perchè è violata. Come potrebbero mai predicarla a una nazione indiana, quando mi è stato detto che uno dei suoi primi precetti proibisce loto di fare agli altri quel che non · vorrebbero che gli altri facessero loro. "Ma forse sta avvicinandosi il tempo in cui la superbia del- l'usurpazione sarà schiacciata, e le crudeltà de/l'invasione . saranno vendicate. I figli della rapacità hanno ora tratto le spade l'un contro l'altro, e delle loro pretese lascian che sia -laguerra a decidere; quanto a noi, guardiamoci il massacro indifferenti, e ricordiamoci che la morte di ogni europeo li– bera la nostra terra da un tiranno e un rapinatore. Qual'è infatti il diritto' vantato da ciscuna delle due nazioni se non quello de/l'avvoltoio sul leprotto, della tigre sul cerbiatto? Che continuino a disputarsi titoli di proprietà su · regioni che non potranno popolare, ad acquistare con pericolo e sangue la vuota dignità del dominio su montange che non scaleranno mqi, su fiumi che mai guaderanno. E noi, nel frattempo, sforziamoci di imparare la loro disciplina; im– pariamo aforgiare le loro armi; e quando saranno indeboli– ti dal reciproco massacro, scendiamò a valle, diamogli ad– dosso,forziamo i resti dei loro eserciti a trovar rifugio sulle loro navi; e ancora una volta regneremo sul nostro paese . nativo". Una sola considerazione da aggiungere. La nostra storia, l'Europa moderna dai suoi inizi sino a qui, è anche storia dell'irreparabile. Ciò che non è stato, e non potrà mai più ·essere, è l'incontro pacifico, lo scambio di cultura con le altre civiltà. Contrariamente a_una consolatoria leggen– da, sca~sissimesono nella culturà europea le voci che col– gono il negativo implicito nei processi storici in atto. Il nostro è quasi sempre un senno del poi.

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