Fine secolo - 8-9 giugno 1985

NeDa pagina a fronte: L'Ideadel Catti,o Governo, 1982-83, acrilici su lino, CDL 152 X 366. Qui sotto: L'Ideadel Buon Governo, 1982-83, cm. 152 x 366 eDafoto piccola, Geoff · Lowe staccati per essere messi in fila in un museo». Come ti sei pagato il primo viaggio? «E' stato nel 1975, ho avuto una moderata borsa di stu– dio dal Dipartimento per le Arti Visive, costituito nel 1974 dal nuovo governo laburista. Il Quattrocento fuori dal finestrino Guarda, l'impressione più stupefacente non la si riceve guardando di persona i quadri, ma guardando insieme i quadri e la realtà. Quando guardi un quadro del Quat– trocento in Australia non sai mai se è solo un'opera di fantasia o una riprodÙzione di una realtà. Poi arrivi, prendi una corriera per Urbino, e ti trovi fuori dal fine– strino esattamente il paesaggio che sta dietro Battista Sforz.a. Questo colpisce in Toscana o in Umbria, ma an- . cora di più nelle Marche. Naturalmente, l'enigma non è risolto, ma solo spostato. Che cosa è venuto prima? Sai di quel tale che contemplava un paesaggio settecentesco intorno a Edinburgo~ e lo trovava poussiniano, e si sentì spiegar~ che era stato appunto ricalcato sui quadri di Poussin ... In Australia si parla molto del paesaggio origi– nario, e della necessità di rispettarlo. Tuttavia·i cipressi in Italia sono arrivati dalla Grecia, e buona parte del pae– saggio inglese è stata coltivata sui modelli romani ...» Conosci il paese dove gli eucalipti gelano Aggiungi anche, in compenso, la iattura della voga degli eucalipti dall'Australia, e la strage che ne ha fatto l'inverno trascorso. Quanto durò quel tuo primo soggiorno europeo? «Sei mesi, di cui tre in Italia. Tutti passati a guardare quadri dalla mattina alla sera, tranne un fortunato mese a Praga, dove la Pinacoteca era chiusa, e le birrerie aper– te, e incontrai anche persone in carne e ossa. Da noi quando si va «overseas», e non si sa se sarà l'unica volta nella vita, bisogna approfittarne, e si passano mesi a guardare arte tutti i giorni, dalla mattina alla sera». Veniamo alla tua carriera in patria. «Ho fatto la prima personale a Melbourne nel 1975. Pri– ma avevo partecipato ad alcune esposizioni di gruppo. A quel tempo ero interessato soprattutto alla prospettiva, le mie fissazioni erano Paolo Uccello,. Pollaiolo. Conosci quella bellissima «vita immaginaria» di Paolo Uccello di Schwob, con la giovane moglie che lo chiama a letto a notte fonda, e Paolo continua a ripetere: "La prospetti– va, la prospettiva ...". Quella prima mostra ebbe successo di pubblico e di critica, come si dice; soprattutto, si ven– dettero i due ter:zi dei quadri esposti. Tieni conto che al– ~ora in tutta. l'Australia i pittori che vivevano del loro la– voro si contavano sulla punta delle dita, e ancora oggi non saranno più di una decina. Allora io ero più imme– diatamente, forse più banalmente, influenzato dalla gran– de pittura italiana: beninteso, con un sentimento del Quattrocento .toscano che si poteva avere soltanto a Mel– bourne, era un omaggio, fna anche un totale travisamen– to». Una tradizione come una quinta teatrale In questa combinazione fra Europa «classica» e «australia– nità», il lato australiano è rappresentato da qualcosa che si possa considerare una tradizione, o piuttosto da/l'assenza della tradizione? «C'è chi sottolinea l'assenza, e in un certo senso è ovvio. Ma le cose sono più complicate. Non sp se si possa im– maginare una tradizione per così dire senza profondità: come una quinta di teatro. Anzi, ci sono davvero a Mel– bourne edifici costruiti alla fine del secolo XIX, a ospita– re l'Esposizione Universale, solo con le facciate, fatti di cartapesta, una manifestazione particolare di neoclassici- FINESECOLO * SABATO 8 / DOMENICA9 GIUGNO smo, l'unico che può esistere lì. E lì sembrano edifici completi, cose vere, perchè non c'è un termine di parago– ne. E' un problema comune alle colonie e alle province. Ca– pita di ·andare in Tasmania e scoprirla più inglese di Lon– dra: io ho trovato un villaggio in cui ·si parlava un co– ckney come a Londra non se lo sognano. più. Siccome la storia vera non c'è stata, gli edifici sono la grande occa– sione, la possibilità di ricostruirsela, di ridipingersela, la storia». Bene. Dopo quella prima mostra? «Non ne ho fatte più per quattro anni. Ero confuso, so– praffatto da informazioni e nozioni che non controllavo. Ho lavorato, in quel periodo, ho dipinto abbastanza, ma ho distrutto quasi tutto. Ancora oggi quello che mi sembra sbagliato nella «pittu– ra colta» è la tentazione di prendere semplicemente a pre– stito una ricchezza già esistita. Al tempo stesso non ero e non sono disposto a rinunciare a quella riçchezza come fonte. Dal '79 in poi ho fatto parecchie personali a Melbourne, a Sidney, a Canberra e in altre città australiane, e alcune all'estero: la più importante quella di Edinburgo dedicata nel 1984 agli artisti au~traliani». Raccontare una storia Sorprende abbastanz_a, a vederla da qui, la tua decisione di dipingere il Buono e il Cattivo Governo. E' un 'allusione così facilmente riconoscibile dai tuoi compatrioti? «In un certo senso no: da noi non c'è una comunità come / mi pare di V!!derequi, di artisti, di scrittori, di critici; non è neanche facile trovare qualcuno che abbia visto coi suo'i occhi Lorenzetti. In un altro senso, è stato- il mio lavoro più aperto, più riuscito nel coinvolgimento degli altri~ fin dalla sua ·elaborazione. E' stato un rovesciamento vero e proprio rispetto a quel pe riodo di isolamento di cui qp detto, quando desideravo p.on avere contatti con altri. Questa volta volevo far partecipare gli altri, ed era esat– tamente questo il sentimento che mi aveva ispirato la vi- sta dei '-dipinti di L@renzetti. Per·me non si trattava degli «effetti» del buono o cattivo governo, ma dell' «idea» del buono o cattivo governo; e non della mia idea, ma-dell'id·ea che la gente··se ne faceva. - Una specie di collage di quello che la gente pensava che dovesse essere i-1buone-,e il-cattivo-governo,-fa- gente da -

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