Fine secolo - 25-26 maggio 1985

Poi delle riviste specialistiche, per seguire i lin– guaggi settoriali. O gli indici analitici dei ma– nuali universitari, che menzionano termini che arrivano agli studenti, e non restano chiusi nel– la cerchia degli specialisti. Nei quotidiani sono preziosi gli annunci economici, una fonte ricca e attendibile soprattutto per le nuove profes– sioni. Per analogia, anche se con una vigile di– screzione, le pagine gialle. Tra le letture "nobi– li", di prosa narrativa e di poesia, ci sono auto– ri più preziosi, l'ultimo Montale per esempio, che ricorrono al linguaggio quotidiano e di– messo - "Xenia" è una miniera. Lo stesso Mo– ravia. Gli scrittori che più interessano il lessi– cografo scrivono per così dire in presa diretta col linguaggio parlato. O anche Sandro Penna. Per esempio, a suo tempo noi abbiamo fatto lo spoglio delle "Lettere a Lotta Continua". L'ultima parola Poi c'è l'ascolto televisivo, naturalmente. Si guarda la televisione con la matita. Meno il ci– nema, che è largamente mangiato dalla tv. Sul modo di selezionare questo ben di Dio, ho già detto della sedimentazione. Un vocabolario non viene fatto a botta calda. C'è il tempo di misurare la sopravvivenza dopo la prima usci– ta nel mondo, e la frequenza -il numero di rita– gli che si·accumulano, o di rimandi nel compu– ter. Si procede solennemente, come con le tre sentenze necessarie all'annullamento di un ma– trimonio. Un grado di scelta resta, vivaddio. Per esempio "macho" ha cominciato a circola– re sui giornali, a partire da "Repubblica" direi, nell'83: quando noi finivamo l'undicesima edi– zione. Era come con l'ultima ora del giornale, la notizia che arriva in chiusura, lì è il direttore che rischia /bello, nel caso del vocabolario si tratta di avere o no l'ultima parola, ndr/. Noi abbiamo inserito "macho". C'è stata un po' di suspence, e poi un'inflazione di "macho". Nicola Zingarelli nasce a Cerignola (Foggia) il 31 agosto 1860. Compie gli studi liceali a Napoli, dove ha come professore Vincenzo Padula (altro suo insegnante fu il giovane Francesco Torraca). Gli anni della formazione Tra i suoi compagni di scuola c'è Salvatore Di Giacomo. All'Università, sempre a Napoli, ha come maestri lo Zumbini e il D'Ovidio, col quale si laurea nel 1882: la tesi, Parole e forme della Divina Commedia aliene dal dialetto fio– rentino, verrà pubblicata nel primo nume– ro( 1889)degli «Studi di filologia romanza», di– retti da Ernesto Mon.aci, linguista allora di pri– mo piano, e maestro anche di Pirandello. Dopo un biennio di perfezionamento a Firenze (dove ci sono Bartoli, Vitelli, Comparetti, Vi}.: lari), si reca in Germania dove segue i corsi di Gaspary, italianista già allievo di De Sanctis, e di Tobler e Schwan, patriarchi della Filologia romanza. Tornato in Italia, inizia una fecondissima atti– vità di ricerca (la sua bibliografia conta più di 350 titoli). La prima produzione, come la sua formazione, è sotto il segno della scuola stori– ca. Domina la scena degli studi la figura di Pio Rajna, il celebre indagatore delle Fonti dell'Or– lando Furioso: modello e ,capolavoro della scuola dei 'fontanieri', gli studiosi che pareva– no esaurire ogni interesse per le opere lettera– rie, anche le più grandi, nella ricerca dei.prece– denti che in esse erano confluiti. Gli studi su Dante Appartiene a questa cultura erudita, archivisti– ca, documentaria la impegnativa opera di dan- .I Sì, si attinge anche ai testi delle canzoni, con qualche cautela. Le canzoni una volta faceva– no amor e cuor, ed erano già reminiscenze let– terarie; l'ispirazione lètter~ria è ancora forte, anche se ora si spingono di più nel vissuto e nello sperimentale. Battiato non fa media, le sue sono stJ;izzated'occhio, appunto. Brera e Bocca . ' E' una differenza che vale anche nell'ambito del giornalismo "firmato", fra Brera e Bocca, per esempio. Bocca, se non fa testo, fa media, . per le parole e ancora più per i giri di frase: più che mettere in circolazione prende dalla circo– lazione. Brera (o il suo maestro, Gadda) fa molto meno media: le loro sono più spesso ge– niaJi invezioni, hapax. Mi pare che un intermediario fra la linea Gad– da-Brera e la linea Bocca-Pansa ci sia, e sia Ar– basino. Lo Scazzo. Ma "avviamoci alle conclu– sioni". Da dove le viene la passione per i vocabo– Jart! "Ma la mia passione per i vocabolari è molto misurata. La miglior professionista è quella che non si innamora del cliente. Sì, da ragazzo mi ha fatto piacere possedére il Campanini .t VITAE FINE SECOLO * SABATO 25 / DOMENICA 26 MAGGIO Carboni, e il Rocci. Quello che mi attira dav– vero è l'aspetto organizzativo del vocabolario attuale. Il vocabolario è stato prima l'opera di un uomo solo, poi di un artigiano con la sua bottega, ma oggi è l'opera coordinata dì tanti autori, ciascuno con la sua competenza, col suo nome e con la sua responsabilità - come un film. E mi attira anche la ricerca di alcune definizio– ni, l'individuazione degli strati. "Postmoder– no" per esempio: un termine architettonico tecnico, che diventa poi figurato - è questa transizione che mi interessa. .Se si bada a que– sto, si deve non tanto leggere altri vocabolari, quanto, per usare un'espressione grossa, legge– re la realtà. Che sentimenti nutre per il suo eroe eponimo, il vecchio Zingarelli? "Io ho conosciuto suo figlio, Italo, che aveva tenuto in vita l'opera paterna, curandone ri– stampe e aggiornamenti. Nicola Zingarelli era stato sposato due o tre volte, e ha lasciato nu– merosi eredi. Prima della SIAE c'era una sua figlia che doveva firmare a mano tutti i fronte– spizi, e non era fatica da poco, su 80-90.000 copie. A Cerignola c'è una scuola intitolàta a ·Zingarelli. Anche un monumento, ma la sua collocazione e la sua inaugurazione sono state 11, 1'11" RF.1. J'IHR Kt: ('llUI. il macchinosissime, non arrivava mai l'Autorità competente. O' professore ha fernuto la esse Per Zingarelli il vocabolario è stato all'inizio un lavoro alimentare, poi è stato la caduta in un maelstrom. Noi conosciamo questo precipi– zio, e lui era molto più solo. Nella sua famiglia si ricordavano le tensioni del lavoro. Quando si è alla R, e ci si trova davanti a quella traver– sata del deserto che è la lettera S, da sola lunga 250 pagine di vocabolario, c'è da perdersi d'a– nimo. E' celebre il racconto della sera, alle otto e mezza, a Napoli, in cui Zingarelli spalancò stravolto la porta dello studio, e proclamò: "Ho finito la esse". E la governante corse alla finestra del vicolo: "O' professore ha fernuto la esse, o' professore ha fernuto la esse", e altre voci nel vicolo fecero eco, e alla fine meritati botti salutarono la fine della esse". E che cosa sa dei rapporti con l'altro cerignole– se, Di Vittorio? "Anni fa, in una biografia di Di Vittorio, scrit– ta da sua moglie, se non ricordo male, avevo letto la storia del bambino ignorante che aveva trovato alla fiera di Cerignola su una bancarel– la un vocabolario scompaginato e se lo era comprato, e passava la sera come Pinocchio a leggerselo e imparare le parole. Tempo dopo, ne ho riparlato con Marco Nozza, che scrive sul "Giorno", e che aveva trovato la notizia in un altro libro di argomento locale. (Il vocabo– lario non era lo Zingarelli, naturalmente). La storia è ghiotta anche per l'inevitabile confron– to fra il figlio di contadini che leggeva il suo vocabolario squinternato per imparare -a ri– scattare i lavoratori, e D'Annunzio che andava dalla Capponcina a Arcachonne portandosi dietro il suo Tommaseo-Bellini in marocchino rosso". Dopo alcuni anni d'insegnamento nelle scuole, inizia la carriera accademica a Palermo (1906) sulla cattedra di Storia comparata delle lingue e letterature neolatine; dal 1916 terrà la stessa cattedra a Milano, fino al 1932, quando pas– serà a quella di Letteratura italiana. Del suo lavoro di studioso ricordiamo ancora Il canzo"' niere del Petrarca e un commento scolast_ico dell'Orlando Furioso, nonché una raccolta di fiabe, Apulia Fidelis. Il Vocabolario, opera alimentare DI NICOLA ZtN Da interesse per la scuola nasce anche il Voca– bolario della lingua italiana, uscito in volume dall'editore Bietti, Milano, nel 1922 (ma prima era stato diffuso in dispense), dopo un lavoro quasi decennale. L'opera ebbe tale successo che l'autore arrivò a curarne la quinta edizione nel 1935. tista pubblicata nel 1898, Dante. La vita item– pi le opere, 'summa' -è stato detto- del lavoro critico dell'età del metodo storico. Ma già Mi– chele Barbi osservava nelle opere di Dante de– scritte dallo Zingarelli una mancanza di vita poetica. Quelli sono gli anni della rinascita idealistica in Italia e delle battaglie estetiche crociane. Ebbe importanza per Zingarelli an– che l'amicizia e la familiarità con poeti e artisti del tempo. La seconda edizione, interamente rifatta, del Dante, che esce nel 1931, dà unità all'enorme materiale filologico tentando di raggiungere una valutazione complessiva della figura e della poesia di Dante. E' un Dante, in fondo, ancora romantico, come lo era in buo– na misura in quegli anni quello di Croce, che indicava il centro della poesia dantesca nei tratti 'forti' dell'uomo Dante. Zingarelli prese via via le distanze dalla scuola storica, ma non aderì certo all'idealismo: ri– vendicò sempre una propria eclettica autono– mia da ogni schema di scuola (una specie di autobiografia intellettuale è la prefazione a Scritti di varia letteratura usciti nel 1935). Nel 1896 fonda con Erasmo Pèrcopo la «Rivi– sta critica di letteratura italiana», che dirige fino al 1925 (fino al 1902 col Pèrcopo, poi col Torraca). L'intere~ alle tradizioni popolari Intanto estende i suoi interessi alla letteratura provenzale, alla dialettologia, alle tradizioni popolari. Nell' «Archivio glottologico italia– no» (XV, 1899) di Graziadio Ascoli pubblica La derivazione del dialetto di Cerignola; nel- 1' «Archivio per le tradizioni popolari» dell'a– mico Giuseppe Pitrè, Proverbi meridionali. Nel 1932, invitato a inaugurare il «Museo di tradizioni popolari di Capitanata», a Foggia (vi pronunciò la prolusione Lo studio delle tra– dizioni popolari, pubblicata poi da G.Lombar– do Radice ne «L'Educazione Nazionale»), strinse legami culturali e affettivi con gli am– bienti locali. In quell'occasione recitò una sua traduzione del primo canto dell'Inferno in ver– nacolo contadino di Cerignola. Nel 1935, per il tramite di una studiosa locale, Ester Lojodice, animatrice del Museo, iniziò trattative per l'ac– quisto da parte del Comune di Foggia della sua ricca biblioteca (circa 9 mila titoli, tra cui un prezioso manoscritto boccaccesco, un co– spicuo settore dantesco, numerose edizioni cin– quecentine). Nel 1936 al Comune si sarebbe sostituita la Provincia che concluse l'acquisto. Zingarelli morì a Milano il 6 giugno 1935.

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