Fine secolo - 25-26 maggio 1985

FINE SECOLO * S~BATO 25 / DOMENICA 26 MAGGIO ,,n~T.\ l)IPRE~~IO~t: Vut.nu: I. 11, PII' IIF.1. f'MR ICF. t'Oflf.11: Zingarelli dal vivo -Nel mezzo del • · canu:~n1no a Cerignola AlfredoPanzinie la sua bicicletta'!"11938 , Ecco l'inizio della Divina Commedia voltata in cerignolese da Zingarelli. Non tenèive aute ca trendacinqu'anne quann'io inda nu vòsche me sperdieppe, ca non ve sacce dice u cum'e u quanne. Figghie de Ddie, che vòsche ca vedieppe! Brutte, stuerte, maluerte, nireve, scure; shkitt'a penzè, che triemele ca avieppe. Picch'a cchiù bbrutte èie a mmurie; eppure . cj avèiv 'a stè lu bbèine, avèiv 'a stè, e fu mègghie a pegghiè quèdda paure. Chi s'arrecòrde u fatte cume vè: ie stèive tanne tanda mbambulute ca la via bboune non putieppe' acchiè. Quanne sott'a nu mònde sovvenute, addò giuste fenèive là funnèite, ca tanda triemele nguerpe m'o mettute. Tenieppe mènde saupe; e la pianèite ca mèine ritte a ttutte p'ògne vvie schiarèive de lu mònde la fianghèite. La paure nu picche se ne scie ca 'm biette me durè pe ttutta quande quèdda nòtte de shcande e de murie. E cum'une ca dòppe pèine e stande, sbattute -da la lònne, ghèsse foure, se vòlte cap'arrèite au mèire e shcande: acchessì faciepp 'ie; sbattune angoure me vultappe e tenieppe mènde au vòsche, d'addò nesciune è ssute sin'a st'oure. ''S'è sckandata?'' · Ero già a Roma da qualche tempo quando il Professore mi annunzia il suo arrivo, senza pe– raltro precisarmene il giorno e l'ora. Era stato chiamato a ·far parte di una Commissione di esami di Concorso presso l'allora Ministero dell'Educazione Nazionale; dove ero anch'io. Lo Zingarelli s'informa. presso il portiere del– l'ora del mio ingresso; lo prega di tacere; e si nasconde tra le rientranze dei basamenti del palazzo. Si sa che era piccolino di statura e non si scompagnava mai dal suo bastoncello, che, spesso, roteava fra le dita (abituate a vol– tare e a compulsare pagine e pagine), quasi a picchiettare le idee che passavano sotto il va– glio della sua mente di studioso e di scrittore. Io raggiungo l'ingresso del palazzo ed ecco sbucare dal suo nascondiglio il Professore, che grida, ticchettando il famoso bastoncino: Baah! Baah; S'è sckandata? (Si è spaventata), alla maniera foggiana. Gli ridevano gli oc– chietti sereni e semplici, in quel gioioso matti– no della primavera romana; e tutto il viso s'era irradiato della soddisfazione dello scherzo riu– scito. Entriamo nel Ministero. Lo accompagno nella sala ove era atteso dalla Commissione per «una promozione» e ci scambiamo molti salu– ti. Mi prega, nel contempo, di tenergli compa- gnia, a cena, nella stessa sera. Puntualmente, lo raggiungo al ristorante «La Rosetta» al Pantheon. Mi attende, con un suo amico. Stiamo per entrare, e, un signore, sor– preso e quasi incredulo, si avvicina, dicendo– :«Nicola Zingarelli!?». E questi, di rimando, «Per Bacco! Cesare Pascarella!?». Sia il testo di Dante che il ricordo biografico sono ricavati da: Ester Lojodice, Le tradizioni popolari nella Capitanata e N.Zingarelli nei ri– cordi dell'autrice, Foggia, 1974. Luigi.Russo e la signora Da studente universitario, avevo familiarità col nome del Comune di Cerignola per essere stata patria d'un esimio filologo vocabolarista, Ni– cola Zingarelli, e discorrendo alcuni anni fa in un luogo di villeggiatura con una signora di Cerignola ho detto:«Ah; lei è della patria di Zingarelli», e dopo una pausa:«e della patria di Di Vittorio». La signora abbozzò un sorriso per il secondo nome ed io le dissi: «Signora, non sorrida troppo. Di Vittorio è un uomo il cui nome resterà nella storia del nostro Mezzo– giorno». Luigi Russo, Per la morte di Giuseppe Di Vitto– rio, in Belfagor, 1957 (poi in Invito alla Resi– stenza, Lacaita, Manduria, 1960) ''VORREI TROVARE PAROLE NUOVE'' Antonio Baldini,. in un saggio del 1935 racconta g_liappostamenti di Alfreao Panzini 1 alla ricerca "ili, parole nuove per il suo "Dizionario moderno". La prima parola che sono andato a cercare. nella nuova edizione del 'Dizionario moderno', è stata «magma». Avevo ancora davanti agli occhi l'amabile scrittore ro– magnolo che un giorno della scorsa estate fermava con una pòlizza la gente sulla strada di Bellaria per chiedere, appunto, lumi sul magma. Quello che aveva in mano era ttno--degfi-nnumerevoli-papiri;-cartoline;-ritagli-, col mezzo dei quali conoscenti e lettori vicini e lontani, bene o male intenzionati, gli chiedono correntemente ragione di qual– che parola non ancora registrata nel suo dizionario o ri– volgono sollecitazioni acciocchè s'adopri a far cessare la vergogna dell'affiusso di sempre più barbari termini nel– l'uso italiano. Ha più da fare il pover'uomo che non il portiere del Purgatorio. Un continuo duello da signor Pànera con questa benedetta lingua che non sta mai fer– ma. L'impresa alla quale Panzini si sobbarca da quarant'anni è condotta spesso coi mezzi più primitivi, compreso quel– lo da vero 'Passator cortese' di fermare la gente per stra– da, il contadino a mezzo il solco, il distributore di benzi– na col tubo in mano, il medico condotto al volante della utilitaria, la bella sportiva sulla porta del campo di ten- . nis, il tifoso del calcio avanti alla radio vociante del ta– baccaio. Un tormento senza requie, una frenesia di tutte l' ore. Gli altri volumi dello scrittore, appena vista la luce son da lui dimenticati a .beneficio di quest'uno. Va a letto con quella preoccupazione, si sogna combinazioni mo– struose, scartabella libri e giornali con quel diavolo in corpo, spoglia la corrispondenza sempre con quel sospet- to e si ritrova alla sera inviluppato di parolacce come una calamita che passeggiasse in una brughiera di limature di ferro. Quel giorno dunque, uno dei più assidui segnalato– ri di parole infette o deformi, Antonio Bruers, gli aveva mandato a chiedere per cartolina ragione del magma, af– fare da non venirne a capo tanto facilmente senza libri a portata di mano e volendo stringere la «cosa» con parole abbastanza appropriate. Senza potergli dare aiuto che valesse a trarlo di pene, lo lasciai alle prese col magma. Il giorno dopo intoppo a Cesenatico Marino Moretti e parlando di Panzini la prima parola che ci venne a tutti e due sulle labbra fu: «E il magma?». Il terzo giorno, in– contrando sulla porta dell'Ospedale civile di Santarcan– gelo il dottor Malaguti - uno dei «citati» del 'Dizionario' -, gli chiesi a bruciapelo: -Hai visto il magma? Rispose a volo: -Era qui iersera. Oggi il 'magma' è sistemato a dovere in tre righe della settima edizione tra le voci di più vecchia data 'maglieria 1 e 'magnaccia'. Tre righe, ma tre giorni di fatica. Se si cal– cola che il dizionario è di ottantatremilacinquecento ri– ghe, pensa tu tribolazioni e benemerenze d'un uomo! Ma che vocazione d'inferno far da cavalier servente a una dama dell'età e coi capricci della lingua italiana! La bel– lezza di centodieci anni addietro Leopardi già scriveva: «La lingua è la questione del giorno. Non si può negare che il giorno in Italia sia lungo ...». Altro che lungo, risia– mo sempre daccapo: molte cose qualche volta finiscono con lo sparire dalla circolazione innanzi che gli intenòenti incaricati dello sbastardimento della lingua si siano messi

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