Fine secolo - 25-26 maggio 1985

\ ~INE SECOLO* SABATO 25 / DOMENICA 26 MAGGIO ···3·· 2 +~ ~ i~t -Unpaese èostruito su. cocci di vasi,. "riç_f!iole", · "caponc~l/1 '~. Dovunque si scavi a Vietri sul Mare - e si è sca– vato molto dopo l'alluvione del 1954 e negli ul- ... timi anni di condonabile abusivismo - si trova- . no frammenti di ceramica: cocci di vasi, di 'rig- . gioie, (piastrelle), di ? caponcelli ,· (piatti per. mettere a essiccare al sole la consèrva di pomo- { · dori). . . Le fabbriche di ceramica di Vietri risalgono in- .fatti al XV secolo - è vari studiosi avanzano ipotesi sulla lord presenza già nel Medio Evo. Chi visiti Vi~tri oggi non avverte più l'odore di legna accesa e argilla cotta tipico della cittadi-' na fino alla seconda metà degli anm Cinquan– ta, quando le antiche fornaci furono sostituite da quella a gas, a nafta; a elettricità, ma- si ren– de subito conto dell'antica e moderna tradizio- -i ne produttiva di questo porto della Co.stiera Amalfitana. Tutto vi ·•è doppio, come in un gio- ,co di specchi: dovunque le case, le chiese, gli abitanti sonq raffigurati sulla ceramica. Così la bottega dél .barbiete è ornata di pannelli che ri– producono la sua arte; il pescivendolo ha inse– gne e bancone maiòlicati con scene di pesca; la Federazione della Caccia è incorniciata da fre– gi che raffigurano boschi, volatili e un cane che fiuta la preda; innumeri piatti e riggiole raffi– gurano i cupòloni maiolicati delle chiese, il mare e i vasce11i.i limoneti e 1~procçssiçni. Davanti alle case nei vecchi vicoli ci sono edi- · cole votive e immagini_ devozionali del '70Q e delP800, raffiguranti soprattutto il Battista, protettore di Vietri, e S.. Antuono, protettore del fuoco; ma anche fante Madonne, fra cui una Madonna coi' Bambino asai singolare: vi– rile nei tratti e nel collo taurino, come lo diven- 1 tano a volte da noi le vecchie contadine,-con in braccio un Bambino rigido e eretto dal volto di gio-vanetto, sembra una Vergine 'masculona' protettrice dei 'femmini~lli'. 'Spesso nell'angolo delle edicole il donator~ è vestito da benedetti– no. - . ' · I bastimenti della Badia di Cava -... La 'Cluny' della Costiera è la Badia della SS.Trinità di Cava dei Tirreni che• fino al 1806.. ebbe sovranità su tutta la Costiera e s~ vasti · territori dell'entroterra. I suoi monaci nel Me– dio Evo contribuironò a diffondere quegli sti– lemi iconografici bizantini che si ritrovano poi nell'antica ceramica vietrese. Vietri era un Ca~ sale della Badia e dal -suq porto i bastimenti trasportavano varie· merci in Calabria, in Sici– lia e nel Levante. Il vasellame andava soprat– tutto in Sicilia, perciò ancora oggi si chiamano 'piatti siciliani'' ·quelli prodotti con la caratteri– stica tecnica detta a spugna: un grossolano fre-, gio circolare tracciato con la spugna, sormon– tato da due cerchi concentrici tracciati col pen– neJlo; al centro un piccolo fiqre o cerchietto; di colore verde ramino o azzurro. Fra i contadini del Sud questo piatto era un vero e proprio mandalà domestico: durante la cena, l'unico pas o comune e a ami 1a, esso era posto al centro della tavola e tutti -si servi– vano, dopo lunga contemplazione.del cibo,'di– rettamente da esso, incitati o frenati dagli ordi– ni del capofamiglia; compariva alla fine del pa- ,l::_ sto al suo centr9 quel piccolo fiore o_cerchiet– to, sul quale di nuovo:si meditava, ma, invece che sul pieno, sul vuoto. Oltre questo grossol;!nO vasellame si produce– vano oggetti ph) raffinati, albarelli farmaceuti– ci con scene pae~istiche o con decor.~one a coda.di pavone; .o,immagini devozio~i, pezzi unici dei più bravi artigiani. Dal catasto onciario del '700 risulta che opera– vano a Vietri più di cento ceramisti. · Dopo, la ditT~si~ne__ delle ferrovie nell'800 il .. - fh ., 'I • .... . .1.,.. :O.\; ~-·1 6 - - • ,·~ tt ~.... ,_ - . fotografie di Raffaele VENTURINÌ.------------------- ( . ' Nell'altrapaginaunavedutapanoramica cli Vietrisol ~ in provincia ~ Salerno. bi qliesta ·':5i"Mf:1 al~o la bottega del torniante CarmineCarnn. Qui sopra, co votiva dell'800. . porto decadde e con esso la produzione, che si riprese solo dopo la crisi della ceramica napo– leta,ia._Si fabbricarono così a Vietri anche le fi– gure del Presepe, che prima non facevano par– te della tradizione e in questo settore lavorava– no soprattutto le donne, assenti iQ. tutti gli altri settori dell'arte. La sera venivano aiutate dai manti e i pastori grezzi, di nascosto dai padro– nf o con il loro consenso, venivano cotti nelle fabbriche. Il centro che caratteriz7.ava tà fab– brica era infatti allora la fornace: erano alte vari mètri, divise in tre camere, camera del fuo– co, camera media per la cottura delle opere già smaltate e ornate, camera alta per il grezzo; l' arte del fuochista era allora preziosa come quella del torniante («Portai dall'estero» rac– conta Irene Kowaliska «dei "Seger-Xeger' per misurare il calore nella fornace, ma dopo alcu– ne prove Mastro Totonno ritornò con tanta più fiducia e successo ai suoi "provini di cot– tura"»). All'origine quindi della ceramica vietrese ci sono soprattutto i traffici economici e culturali della Badia. Ma anche l'abbondani.a di cave di argilla nella vicina Ogliara. La tipica tavolozza vietrese era composta di ' .. verde ramino, verde macero, un giallo senape leggermente diverso dal giallo Napo~ un gri– gio-turchino, più chiaro del turchino napoleta- no. Vi comparve nell'800 un rosa - mentre a Napoli comparve il rosso. Lo smalto di Vtetri, uno dei grandi segreti dell'arte, era una miscela di piombo e di stagno. Un altro segreto risiedeva nella preparazione dell'argilla- ed era norma mescolare all'argilla fresca una percentuale di argilla cotta ricavata da cocci macinati; così accade in varie arti, pa– netteria, pasticceria, fotografia, per una legge chimica che ignoro, ma sulla cui metafora me– riterebbe meditare: il vecchio va sempre me– scolato al nuovo, sennò r opera non riesce. Fornaci e giardini di arani:fe limoni ~ Vietri quasi tutte le famiglie hanno avuto un antenato faenzaro. Un tempo a Vietri vi erano ben 14 faemere con grandi forni a legna, a fiamma libera, cioè, a partire dal focolare, nel quale veniva deposta la legna, la fiamma passava tra gli oggetti infornati attraverso feri– toie laterali, donando ad essi riflesso e morbi– deu.a di colore che ben si accordava con lo smalto di allora e che non si ottiene più con gli smalti moderni. Ritornando alla grandezza dei forni, essi erano alti quanto una casa di quat– tro piani ... L'ultima faemera a scomparire fu quella dei Della Monica, in località Petrara ... · --,;~6--J!t--tatem!:Cfa- AvaBone- produceva qualche pezw artistico, facendo venire qualche pittore da Firenze o da Napoli ... Nel 1927 Max Mela– merson fittò la vecchia fabbrica dei Della Mo– nica ... » (Testimonian:za di Giovannino Carra– no). •ill venerdì era il giorno piu importante della settimana· per le sei di sera tutta la produzione settimanale doveva essere pronta, modellata, dipinta e smaltata. Veniva allora acceso il · grande forno con un rituale immutabil~ ma ai nostri occhi sempre affa4-Cinante. La legna era attentamente ·accatastata dal mastro fochista Alfonso. Costui era il personaggio piìi impor– tante perchè dirigeva e alimentava il fuoco, ininterrottamente, per 12 ore e da lui dipende– va se il lunedì mattina, quando il forno veniva aperto e svuotato, la cottura della ceramicà era, o meno, perfetta» (Testimnnian;za di Ma– rianne Amos). •<Alla 'Faem.erella' ogni volta che si accendeva_ il fuoco era una piccola festa, e facevamo una cenetta molto alla buona. Quando questo non era possibile, a rimediare ci pensava qualche giovanotto addetto al forno, che portava un cesto di patate che arrostivamo, e se d'estate anche uva» (Testimonian;za di Andrea D' A– rienzo).

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