Fine secolo - 25-26 maggio 1985

FINE SECOLO * SABATO 25 / DOMENICA 26 MAGGIO 1838. Il signor J. Peuchet, archivista della polizia parigina in pensione, hafatto i suoi conti sui suicidi. "Non si scioglie una simile questioneinsultandoi morti". Marx, giovane e già buongustaio, compendia e ripubblica. E noi a nostra volta. t------------------------------------------------1·; t--"":-~ ........ ~~~:b1 JLGIOVANE ' lL VECCIIIO POT,IZIOTTO, E JL smc11110 L a critica francese della società possiede almeno in parte il grande vantaggio di aver messo in evidenza le contraddizioni e la mostruosità della vita mo– derna, non solo nei rapporti sociali di classi particolari, ma per tutti i gradi e le forme della civiltà odierna, e per di più con rappresentazioni di vivacità immediata, di in– tuizione profonda, di eleganza signorile e di ardita origi– nalità, quali invano si cercherebbero presso qualunque altra nazione. Si confrontino per esempio le esposizioni critiche di Owen e Fourier, per quanto concernono il moto sociale, per farsi un'idea della superiorità dei Fran– cesi. Ed in Francia non sono assolutamente solo i veri e propri scrittori «socialisti» quelli presso cui bisogna cer– care l'esposizione critica delle condizioni sociali; sono scrittori appartenenti a ogni ramo della letteratura, ma specialmente gli scrittori di romanzi e di memorie. For- · nirò per sommi tratti un esempio di questa critica france– se a proposito del «suicidio» tratto dai «Mémoires tirés des archives de la po/ice etc. par Jacques Peuchet»; il che può servire altresì a mostrare fino a qual punto sia fon– data l'idea dei borghesi filantropici, quasi si trattasse sol– tanto di dare al proletariato un po' di pane e di educazio– ne, quasi della situazione sociale odierna soffrisse il solo operaio, ma per il resto il mondo attuale fosse il migliore dei mondi. Nelle pagine di Jacques Peuchet, come di molti Francesi appartenenti alla passata generazione di pratici, ormai quasi scomparsa, che è passata attraverso gli innumeri ri– volgimenti seguiti al 1789, le innumeri illusioni, entusia– smi, costituzioni, regimi, cadute e vittorie, si trova la cri– tica dei rapporti di proprietà, di famiglia e degli altri rap– porti privati, in una parola della vita privata, considerata quale risultato necessario delle loro esperienze politiche. Jacques Peuchet, nato nel 1760, passò dalle belle lettere alla medicina, dalla medicina alla giurisprudenza, dalla giurisprudenza all'amministrazione e al dipartimento di polizia. Prima dello scoppio della Rivoluzione francese. lavorò con l'abate Morellet ad un Dictionnaire du com– merce, di cui finora è apparso solo il prospetto, e in quel periodo si interessò soprattutto di economia politica e di amministrazione. Per brevissimo tempo soltanto Peuchet fu partigiano della Rivoluzione; ben presto passò al par– tito realista, tenne per un certo periodo la direzione della «Gazette de France» e financo si sobbarcò dopo Mallet du Pan la direzione dello screditato giornale realista «Mercure». Quindi si destreggiò molto abilmente attra– verso la rivoluzione, ora perseguitato, ora impiegato nel– la divisione dell'amministrazione e della polizia. La Géo– graphie commercante (5 volumi in folio), ch'egli pubblicò nel 1800, richiamò su di lui l'attenzione_di Bonaparte pri– mo console, che lo nominò membro del Conseil du com– merce et des arts. Più tardi, sotto il ministero del Francois de Neufchateau, occupò nell'amministrazione una carica più importante. Nel 1814 la restaurazione Io nominò cen– sore. Durante i Cento giorni egli si tenne in disparte e col ritorno dei Borboni ottenne il posto di archivista della prefettura di polizia di Parigi, dove rimase fino al 1827. Peuchet si rivolgeva, e non senza influenza quale pubbli– cista, agli oratori della Costituente, della Convenzione e del Tribunato-, come pure sotto la Restaurazione alla Ca– mere dei deputati. La più famosa delle sue numerose ope– re, per lo più economiche, oltre alla già citata Geografia Commerciale, è la Statistica di Francia (1807). Servendosi del materiale degli archivi della polizia di Pa– rigi e della sua lunga esperienza pratica nell'amministra– zione e nella polizia, Peuchet compose da vecchio le pro– prie memorie e le lasciò pubblicare soltanto postume, così che non lo si potesse in nessun caso annoverare fra gli «sconsiderati» socialisti e comunisti, dai quali tanto nettamente si distacca in maniera inequivocabile la mera– vigliosa concretezza e la completezza di cognizioni del nostro misurato scrittore, funzionario e borghese pratico. Ascoltiamo quanto il nostro archivista della prefettura parigfoa di polizia dice riguardo al suicidio! Il numero annuale dei suicidi, che fra noi è a un di presso normale e periodico, si deve considerare come un sinto– mo della difettosa organizzazione della nostra società; poichè nel periodo di ristagno e di crisi dell'industria, nel– le epoche di aumento del costo della vita e negli inverni aspri questo sintomo è sempre più evidente e assume un carattere epidemico. In tali periodi la prostituzione e il furto aumentano nella stessa proporzione. Sebbene la principale causa di suicidio sia la miseriat lo si ritrova presso tutte le classi, fra i ricchi oziosi come fra gli artisti e i politicanti. La diversità delle cause che lo motivano schernisce la monotona e insensibile condanna dei mora– listi. Le malattie di consunzione, contro cui la scienza moder– na è impotente o insufficiente, l'amicizia tradita, l'amore ingannato, l'ambizione avvilita, i dolori familiari, l'emu– lazione soffocata, il fastidio di una vita monotona, un en– tusiasmo costretto a ripiegarsi su se stesso, tutte queste situazioni costituiscono certamente altrettanti impulsi al suicidio per nature di più ricco sentire, e l'amore stesso della vita, questa energica forza centrifuga della persona– lità, porta molto sovente a staccarsi da un'esistenza abor– rita. La signora di Stael, il cui merito maggiore consiste nell'a– ver espresso con brillante eleganza dei luoghi comuni, ha cercato di provare che il suicidio è un'azione contro natu– ra e che non si può considerarlo come un atto di corag– gio; ha messo in evidenza che sarebbe cosa più degna combattere la disperazione, anzichè soggiacervi. Simili ragionamenti fanno poca presa sugli animi sopraffatti dalla sventura: se ·sono religiosi, speculanq su un mondo migliore; se non credono in nulla, cercano la pace nel nulla. Ai loro occhi le prediche filosofiche non hanno al– cun valore e rappresentano un ben debole riparo contro i dolori. E' anzitutto insulso affermare che un'azione così frequente sia un'azione contrc natura; il suicidio non è affatto contro natura, perchè vi assistiamo ogni giorno. Ciò che è contro natura non avviene; mentre invece è nel– la natura della nostra società di generare molti suicidi, il \ . \ \ , ,. ·, . . . ' ., . . , -~ .. :- , i I _·

RkJQdWJsaXNoZXIy