Fine secolo - 6 aprile 1985

16 1'apoli. Campi Flegrei: il Monte Nuorn, a sinistra, e il lago di Averno. Sul fondo il Capo Miseno. "Molti di noi nel '60 eravamo come il Monte Nuovo: un monte giovane, di origine rnlcanica, impronisamente comparso nell'antico paesaggio con rirnluzionaria irruenza". Sotto: Pozzuoli: il Tempio di Augusto nel Rione Terra evacuato, in una fotografia "abusiva". bene tanto desiderato e immaginato, è di per sé insuffi– ciente: vergognosamente màcchiato, come lo erano state le belle dimore in cui ero vissuta, tanto che il mio gioco preferito era quello di fuggirne, realmente o con l'imma– ginazione, appena potevo. Vedere nella casa degli altri 2. Nessuno ha descritto come Rilke,"l'ultimo muro delle case demolite", "le pareti delle camere, cui erano ancora attaccate le tappezzerie, qua e là gli aggetti dei pavimenti o dei soffitti", il "vano bianco sporco, e attraverso ser– peggiava con andatura indicibilmente ripugnante, qa ver– me, quasi un tubo digerente, la conduttura aperta e ar– rugginita dei gabinetti"; "soprattutto indimenticabili era– no proprio le pareti. La vita tenace di quelle camere non s'era lasciata sopprimere ...E dalle pareti ch'erano state · azzurre, verdi e gialle, ora inquadrate dai segni dellé tra– mezze distrùtte, veniva il soffio di quella vita, il soffio ostinato, pigro, ammuffito, che nessun vento aveva anco•· ra disperso ..." Era prima del 1910 a Parigi: le case erano in quello stato a causa di progressiste demolizioni o di un incendio - e infatti Rilke descriye anche il grande silenzio fiammeg– giante prima che crolli l'alto pezzo di muro. Era prima del 1910 dunque: le guerre lontane e passate erano dimenticate e quella prossima a venire, non avreb– be superato, almeno nelle città, le distruzioni provocate da demolizioni sistematiche o da incendi fatali. Tutta la via Marina nel '44 era formata di case come ' quelle descritk da Rilke - e ve ne sono ancora oggi, che proporrei di conservare così Gome sono, a memento. Passandovi davanti in tram nel '44, mentre continuavo a I immaginare di giocarvi alla casa - e questa volta non con emblemi e simboli, come frammenti di matt<;:melle, pietre, mattoni, brandelli di vecchie coperte, ma con case vere, rese però dalle distruzioni simili a case giocattolo viste in sezione e nel contempo a isole selvagge che sarebbero ap– partenute al primo.avventuriero che vi avesse piantato la sua bandiera-, credevo anche che un mago potente aves– se finalmente realizzato il mio sogno di 'veder·e nelle case degli altri' - e forse nel segreto estremo della mia casa borghese: il letto dei miei genitori; e nel centro del mio desiderio: quello di vivere nel castello di rubini, il cuore di mia madre, protetto e a me negato da invalicabili e. bianche mura di marmo. Giocati dalle bambole Non fu un bel segreto che mi ri-yelarono quelle case. Dunque grandi quantità di uomini e donne vivevano in case che, viste in sezione, parevano case di bambole e po– tevano essere smontate pezzo a pezzo come giocattoli; avevo sempre immaginato che bambole, marionette, omi– ni in abiti folkloristici rappresentassero esseri umani; mi · sfiorò invece il 'pensiero' che tutto al contrario uomini e donne non fossero altro che effigi di pupazzi, con i quali qualcuno giocasse alla casa e alla vita. Improvvisamente gli esseri umani persero ai miei occhi ogni aspetto numi– noso. Guardai mia madre, séduta di fronte a me; ma ella fissava il porto. E come in consonanza' con il mio nuovo pensiero indossava un abito estivo di cotone stampato, che poi non le vidi più addosso. perchè riponendolo, as– sieme a un paio di sandali rossi, dichiarò un giorno ch'e– ra vecchia e che non li avrebbe mai più indossati -, sul quale erano raffigurati palme, scimmiette, banani; e men– tre prima di quel 'pensiero' ~vevo provato divertimento I '

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