Fine secolo - 6 aprile 1985

nell'osservare quella veste, allora provai angoscia.· Anche mia madre era un pupazzo e vestiva un abito da bambo– le. In quel 'pensiero' che mi venne in modo tanto naturale, allegro e innocente credo risieda il maggior danno che a me bambina arrecò la guerra. Certo infatti 1 il pensiero' non mi sarebbe venuto se non avessi saputo che dietro la· scoperchiatura di quelle case c'era quella 'cosa'. èhe aveva giocato e continuava a gio– care con le nostre vite.· O, se mi fosse comunque venuto, non sarebbe stato così prematuramente chiaro, e quindi pericoloso - ché, è scritto,_non bisogna dare scandalo. Quei pupazzi infatti che erano diventati gli antichi abi– tanti di quelle case non erano allegre e grottesche ma– schere del Carnevale, ma veri e propri spiriti dei morti, i cui corpi erano seppelliti lì sotto, fra le nere fessure di giallo tufo ricoperte di erba. E i soprayvissuti, cui non era toccata quella sorte di spiriti, erano marionette agite dalla 'cosa' o che 'la cosa' avevano rappresentato, cre- dendola un gioco o uno spettacolo. · Dietro la descrizione rilkiana si avverte disgusto unito _a pietà per le misere esistenze umane - la sua comparsa e quella dei suoi famigliari, ché infatti si attribuì inesistenti ascendenti nobili, i Brahe. Dietro la mia percezione di quelle case c'era un allegro orrore; assai lontano quiridi dallo 'stile praghese', perché la tragedia non tollera il di- ,sgu~to e direi, se non o~assi troppo, nemmeno la pietà. C'era infatti un'allegria barbara dietro ·quella radicale e estesa distruzione, sistematica e fatale a un tempo: il cie– lo, rimasto l'unico tetto dell'uomo, proteggeva i morti con il suo impavido sorriso, resistendo alle offese che a loro, e a lui stesso, arrecavano gli ultimi bombardamenti, questa volta tedeschi. Dio mi perdoni quello che dico: ma mi sembra che uno dei più grandi poeti di lingua tedesca di quegli anni in lii. .. ·.:.;\·i\t :·::.-. ?\ ::::h;:<r,:} Baia le Terme. Sotto: Napoli. tre giornifa. IÌ pullman degli sfrattati del Teatro Nuovo a . viale Roma. FINE SECOLO* SABATO 6 APRILE 17 ~lii ~l:t•i;,.• • > / -·--... :;.::::.b: •< -- .:::o:~:t .,&::iilili quella descrizione delle case abbia involontariamente in– vocato il grande Dio degli eserciti, quello dei bombarda– menti del secondo conflittò mondiale. La vergogna che egli descrive esigeva infatti una radicale purificazione. Crebbero ·poi violacciocche e bocche di leone sugli into– naci corrosi e dilavati e il vent9 di mare depositò sul tufo sali marini. Quando, alcuni anni dopo il terremoto dell'80 in Campa– nia, finalmènte furono iniziati i lavori nella mia casa, fu tolto il vecchio solaio dalle travi spaccate dalla corrosio– ne del tempo e dalla violenza della scossa, e per vari mesi a causa di lungaggini burocratiche e degli imbrogli del– l'impresa, la casa rimase scoperchiata e esposti alle in– temperie, malamente protetti da un telo di gomma, i li– bri, le fotografie, i mobili, provai la stessa barbara gioia. La casa era stata purificata da tristézze e vergogne. Addò sta Zazà, compagna mia 3. Sì, c'era in tutti un~allegriabarbara alla fine della guer– ra a Napoli. La Cé\nzonedi Zazà, che risuonava nelle fe– ste di paese e di rione con la sua f~ase musicale da caba– ret che unisce la melodia della tsirantella al ritmo di mar– cetta delle strofe, pareva l'emblema di quegli anni da noi, assai più della canzone poi nota come 'Tammurriata nera', in fondo assai amara.e tetra. 'Zazà' inoltre più che un nome di donna pareva quello di una divinità bc.rbara, invocata dai suoi fedeli, che nel pronunziarne il nome sa– cro e famigliare, scuotevano capo e capelli e mostravano i denti. Una furia erotica aveva invaso città, isole, paesi, attra– versando tutti i ceti sociaii, quasi che tutte le donne invi– diassero le 'miss' che lo facevano per necessità e tutti i

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