Fine secolo - 6 aprile 1985

t~?'h / .¼• ........ , ....................................... . ................ , . , , .... , .. ·"···'··""''''' . . ................. •,•• . . _ _.., ... - ........ .,.,. ., ........ te; ma se, scrollandoci qi dosso ogni sapere ri– guardo a come si deve parlare, partiamo dal– l'assunto che il ripetere frasi già fatte é proprio il modo in cui Lapo parla, ecco allora configu– rarsi sotto i nostri occhi un insolito tipo di dia– logo. Parlare ripetendo frasi già fatte significa in– nanzitutto che il materiale verbale utilizzato non passa attraverso la·rielaborazione del sog– getto parlante, non viene scomposto e ricom– posto, ma unicamente riprodotto così com'é. In ciò é possibile scorgere un'analogia con la generale tendenza autistica verso l'Immutabi– lità, la preservazione degli interi e la limitazio– ne massima delle modificazioni. L'Immutabilità dell'oggetto linguistico trasci– na con sé una ineliminabile caratteristica del ready made, la polivalenza semantica. Riprendiamo l'esempio precedente. Alla pro– messa del fratello di riportare, al suo ritorno, un bel regalo, Lapo risponde: «Ma che m'im– porta a me se non son bella?». Qual'é il signifi– cato della risposta? E' contenuto nella prima parte evidentemente, «Ma che m'importa a me». L'uso degli interi comporta per l'ascolta– tore un lavoro di decifrazione in più: la scom– posizione non intrapresa dal parlante. Questo lavoro di scomposizione non é sempre necessa– rio, come per esempio nella risposta seguente di Lapo, «Vengo anch'io, no tu no», dove é proprio la condensazione dei due opposti si– gnificati a rendere l'espressione così pregnante.• Prendiamo quest'altro esempio. Lapo ha un particolare oggetto cui tiene moltissimo; noi lo chiamiamo «pirulino», e consiste in una stri– .scia di carta arrotolata in modo -specialee con– tinuamente fatta sventolare. Un giorno, un te– rapista gli toglie di mano il pirulino e dice: «Il pirulino non serve!». «Ti stai sbagliando, chi hai visto non é Francesca (da «Non é France– r.ca », canzone di L.Battisti) é la risposta di Lap o; il senso i.::merge distintamente se la scomponiamo conservando solo la parte «Ti stai sbagliando» . Questo lavoro di scomposizione si é rivelato di grande utilità pratica, molto più che certe pira– tesche incursioni negli spazi della metafora; con esso operiamo una riduzione del linguag– gio autistico alle nostre regole del senso. Tutta– via il significato ridotto non é detto che sia il «vero significato»; Tutto ciò che possiamo dire é che il ready made é indifferente, estraneo a questo lavoro di scomposizione, a questa nuo– va regola del senso, e si presenta con una insita polivalenza .semantic?.. L'uso del ready madt: é paragonabile all'uso della citazione. E' accaduto che, talora, Lapo fosse costretto ad un'attesa che spezzava la routine giornalie– ra, o perché i genitori non venivano a prender– lo in tempo all'istituto, o per un. qualche altro inconvenienté simile, ed é accaduto che in tali occasioni, mostrando evidenti segni di impa– zienza, il ragazzo dicesse o cantasse «Noi siam qui che aspettiam Bartali scalpitan_po dentro i sandali» (da una canzone di P.Conte), un'e– spressione che é al tempo stesso precisa nel manifestare l'attesa e l'impazienza, e spogliata da ogni contingenza. L'impazienza non é più quella di Lapo che attende di far ritorno a casa, ma é un'impazienza esemplare. Bandiera nera,no Vi é un altro aspetto, quello della tipicizzazio– ne. Il ready made non si presenta infatti mai in modo singolare, ma S! ripresenta ripetutamen– te in varie occasioni unificate da tratti tipici. Il già menzionato «Il merlo ha perso il becco, che sarà di lui?» é citato in una situazione tipica, quando qualcuno dell'entourage di Lapo si al– lonta · ..i per un certo periodo. Così é per la ·canzone in cui si scalpita in attesa di Bartali, che riaffiora in momenti di attesa impaziente, o ancora per la frase «bandiera nera la voglia– mo? No!» (tratta da una canzone socialista) FINE SECOLO * SABATO 6 APRILE che Lapo dice quando é arrabbiato o estrema– mente agitato. Il disk-jockey Chiedendo ausilio al linguaggio, Lapo non si trova più unicamente di fronte all'oggetto si– tuazione-d'attesa, ma anche con l'attendere– Bartali, che entra inevitabilmnte a far parte del suo mondo. Il linguaggio introduce una inevi– tabile moltiplicazione degli enti, anche se poi é proprio attraverso il ready made che questo processo viene controllato mediante la riduzio– ne del linguaggio a stereotipo. Ben altrimenti andrebbero le cose, nel nostro esempio, se il linguaggio non fosse di tipo eco– lalico: la moltiplicazione degli enti sarebbe - come effettivamente é per tutti noi- incontrol– labile. Il ready made cerca di attuare un con– trollo su questo processo di dispersione, rima– nendo tuttavia, in quanto linguaggio, il luogo elettivo di questa stessa dispersione. Questa duplicità la ritroviamo particolarmente evidente nel seguente esempio, in cui viene in- - trodotta una nuova modalità e una variante del ready made, l'uso dei dischi. Bisogna dire che Lapo ha una abilità sorpren– dente nel selezionare, con un colpo d'occhio, in una pila di dischi quello prescelto, tanto più sorprendente perché non si é mai potuto appu– rare con certezza se sappia leggere o se riesca invece ad individuarli attraverso la loro forma esterna. Comunque sia, é capitato spesso che usasse· i dischi per comuniéàre o, addirittura, per costruire un dialogo. Ecco una scena che si svolge tra Lapo e un suo ex terapista . Terapista : Lapo come stai ...sai che ho nostal– gia di quando stavamo sempre insieme ... Lapo : Cerca un· disco, lo trova e lo fa suonare: si tratta di «Non siamo più insieme» di Peppi– no di Capri, che inizia come segue «Ora che non siamo più insieme siamo più insieme di prima, perché tu sei fatta di me ed io sono fat- to di te [... ]». · Terapista : Via, Lapo, non siamo più insieme, ma ci vediamo tutti i giorni! Lapo : Cerca e mette un altro disco, é «Ma chi se ne importa» di Gianni Morandi, che inizia come segue: «No, non torna il conto, ho dato tanto e niente per me ci resta, ma sono conten– to e canto lo stesso così -e chiudi la finestra se non vuoi sentirmi più. Ma chi se ne importa [...]». Lo specchio se ne va Terapista : Chi sei (dopo aver atteso porge a Lape>uno specchio). Lapo : (si guarda a lungo serio). Terayista : Guarda chi c'è. Lapo:( ....). Terapista : Guarda chi c'é ...Che cosa vedi? Lapo : (Completamente assorto sÒrride, a lun– go, a se stesso) «Sono piccolino» (tratto da una canzone per bambini su Pinocchio) ...(tocca con la punta di un dito la propria immagine allo specchio). Terapista :(gli sfila lo specchio dalle mani). Lapo : (seguendo con lo sguardo il defilarsi della propria immagine): - «Ve:Jgo anch'io, no tu no». Supercalifragilistichespira– lidoso Molte volte abbiamo chiesto e insistito af– finché Lapo non cantasse bensì parlasse - Lapo allora si irrigidiva, si copriva le orecchie, diventava ansioso./ .../ Un giorno, sorridendo, rispose: «Supercalifragìlistichespiralidoso». Avevo tre anni, dice il testo della canzone, e non dicevo niente ancor, mio padre scongiura– va che parlassi per favor, finché verso i sei anni volli tutti accanto a me e dissi la parola più simpatica che c'é, supercalìfragilistichespirali- doso... ·

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