Fine secolo - 6 aprile 1985

FINE SECOLO* SABATO 6 APRILE 24 GOANCtI'IO ' . . .... NO,TUNo· . , . . I t-------------------------------------------- di Panayotis KANTZAS---■ I brani che pubblichiamo sono tratti da un libro che sta per uscire, col titolo « Un dio si trastulla. Analisi dell'autismo infantile» (Pisa, ETS, 1985, pp.156). L'autore é· Panayotis Kantzas, che dirige a Firenze un- Centro per fa cura def- 1'.autismo infanti/è. Il libro fa largo uso dell'e– sperien:::a quotidiana condotta nel centro da Kant:::ase dai suoi collaboratori (Carlo Bonomi, Armando Cecèarelli, Marsha Steinberg, .Mar– gherita Maestrini, Paola Marzocchi, Paola Ma– son( Paolo Meucci, Lucia De/li, Giuliana Buc– ciarrte, Ileana Ceccarelli, Rosa Ester Gomez, Michele- Brdncato, Antonia Sciarrino, Laura Meucci, Maria Grazia Raspanti, Maria Grazia Baldan:::i)con i bambini e ragazzi, ima ventina, che lo frequentano. Il termine "autismo", dopo avere fatto fa sua comparsa nel 1911 con Bleuler per definire una particolare condizione schizofrenica.fu impiega– to per la prima volta da Kanner nel 1943 per in– dicare una particolare sindrome infantile, con– rrassegnata da una mancata partecipazione al mondo esterno, o meglio al mondo esterno ani– mato -e. viceversa, da un caparbio attaccamento alle cose e alla loro immutabilità. Contrasti vec– chi e rinnovati ( in Francia·una polemica aspra é in corso sulle colonne dei quotidiani, contrappo– nendo di1 1 erse scuole psichiatriche e psicanaliti– che. terapeuti e genitori ecc.) hanno diversa– mente accentuato il carattere innato dell'auti– smo o la sua natura culturale, di "ritiro dal mondo··. Dando conto della storia della questio– ne. Kant:::as(che dichiara un.forte debito cultu– rale rerso Giorgio Colli) invita a tornare prima di tutto alla conoscenza del fatto -delle persone. I brani .qui raccolti ne danno una testimonianza. Il tempo da fermare «Quando Lorenzo iniziò ad andare a scuola - ricorda una madre-.e si arrivò alla domenica, non vi fu modo di tenerlo a casa: doveva asso– lutamente andare a scuola, come tutti gli altri giorni. E questo durò per alcuni mesi anche se, con tutta -videnza, si rendeva conto che, di do– menica, la scuola era chiusa. Infine vi si abi-. tuò, ma da allora il problema ha continuato a porsi ogni volta eh.ec 'era sciopero». /.../Questa radicale tendenza alla chiusura ver– so il fluire delle cose, si scontra con la necessità esterna, rappresentata dà! corso incontrollab1- le degli eventi. E' l'inizio di una lunga e tenace lotta. «Lapo sembra non avere alcuna sensibilità pèr il caldo e il freddo -confida una madre- d'esta– te insiste nel voler portare gli abiti pesanti del– l'inverno, e, d'inverno, nel vestirsi come fosse d'estate; e tutti gli anni si ripete la stessa storia e riesco ad abituarlo alla nuova stagione, solo quando é già finita». Le fotografie, i disegni Tutti i bambini autistici sono amanti delle fo– .tografie; già Kann'er lo aveva notato e cita come esempio il caso di Susan che nella realtà non sopportava la vicinanza di animali, men– tre godeva di vederne l'immagine fotografata. Del resto é naturale: la fotografia ferma l'im– magine, la consegna all'immutabilità, stacca la persona o l'oggetto dal flusso del movimento conferendogli i,nveceuna posizione di staticità. Non grande, non piccolo, uguale Anche nel dolore il mondo ~utistico mantiene il rigoroso principio della non intrusione. Il dolore ove sia originato in sé trova una sua cir– colarità, una possibilità di risoluzione, quando invece proviene dal di fuori é violento interferi– re dell'Altro, segno della sua presenza che vie– ne coerentemente combattuta. Il mondo auti'stico, sfida alla vita, é \ma pro– gettazione lucida e costante contro ogni ele- Bambini che nonparlano, o cheparlano con citazioni e versi di canzoni, che hannoin odio tempi di verbi, aggettivi, declinazioni... Bambini strani, stranamente belli, ostili a tutto ciò che si muove, a tutto ciò che , · . càmbia. . A questo linguag_~io dellafissità si ricorre.oggi per conoscer.emeglio l'intelligenza artificiale, ·e.,all'altro · · capo delfilo, la logica del pensiero arcaico. Prima però si può disporsi ad ascoltare il discorso straniero di questi ragazzi: così diverso,.ma così oscuramentefamiliare ... fSJ mento che venga ad incrinare il suo stato: se per noi é una realtà deludente, frustrante o co– munque diversa rispetto al desiderio, il tema di fondo per i ragazzi autistici é il mantenimento dello statu quo, di una situazione esistenziale che dalla vita non é sfiorata. La rabbia nasce dal tentativo del!'Altro di intromissione: spes– so questi tentativi sono ignorati, a volte, perce– piti come rischiosi, vengono -rifiutati. Lapo sta crescendo e sul suo viso é spuntata la barba, il corpo sta mutando: ne é sconvolto. Un giorno ha chiesto alla madre in quel suo linguaggio puro e distante «fino a quando cre– scere?». La madre, forse commossa dalla· do– manda, ha risposto dicendo che la crescita é costante nella vita, che i bambini prima sono piccoli, poi più grandi, infine ragazzi e uomini. Lapo l'ha interrotta con violenza gridando , «non grande, noq piccolino, uguale». La parte e il tutto I Francesco é sconvolto perché manca un vetro dalla finestra rotta. Sul percorso della consue– ta passeggiata di Adriano vi é un~ interruzio– ne: stanno scavand,o una buca per lavori di manutenzione. «La.strada é rotta», incomincia a ripetere sempre più ansiosamente. A volte sembra rassicurarsi quando il padre gli dice che tutto tornerà come prima, ma non trova pace finché, alcuni giorni dopo, la strada non é riparata. Gli esempi potrebbero essere infiniti, ma tutti rimandano ad una lacunosità parziale che infi– cia la completezza del tutto. Anche per i nessi interni della cosa vale lo stesso principio che per quelli esterni; ed anzi la continuità fra gli uni e gli altri sembra, nei bambini autistici, es- "' ser tale da proporre una diversa logica degli «interi e delle parti». Se viene chiesto a Lapo di portare una sigaret– ta, egli la porterà sempre e comunque con l'ac– cendino e il portacenere; quelli che per noi sono dei concreti materiali indipendenti l'uno dall'altro, sono per lui parti non indipendenti di un intero. Il ragazzo che canzona I genitori raccontano che in Lapo fin dal pri– mo apparire la parola, fondendosi con l'inte– resse per la musica, s( é rivolta soprattutto a canzonette e filastrocche. La predilezione per la musica e per i dischi continuarono oltre la perdita del linguaggio e le rare frasi che ora pronunciava erano per lo più ripetizioni di fra– si di canzonette, spesso cantate, ma anèhe, a volte, parlate. Con il tempo i genitori si accor- _ sero che a volte questo insolito fraseggio si in– seriva ad incastro con le loro parole, formando come un dialogo. Si accorsero che determinate canzoni ritornavano in momenti tipici, quasi fossero portatrici di un significato stabile, e si accorsero che questo significato poteva essere trasmesso anche dalla sola me!odia. E' seguendo queste indicazioni che siamo en– trati nel mondo dell'ecolalia ritardata, supe– rando quella barriera pregiudiziale che é il giu– dizio di irrilevanza e di non comunicatività. Che l'ecolalia ritardata -che da ora in poi chia– meremo "ready made" - includa una dimensio– ne comunicativa e dialogica, é subito evidente dal seguente episodio. Siamo in casa di Lapo; il fratello maggiore parte per una breve vacanza eJ'intera famiglia lo accompagna alla porta. C'é anche Lapo. ~:;:=·-· ii. ·-- ... :. :/ (Le frasi fra virgolette sono tutte parti di can– zoni) Fratello - Dopo essersi congedato dal resto del– la famiglia si rivolge a Lapo promettendogli che tornerà presto. Lapo - : «Il Merlo ha perso il becco, che sarà di lui?» (Da «Il merlo ha perso il becco>>, filastrocca per bambini che Lapo utilizza ogni volta che qualcuno del suo entourage si deve assentare o si é assentato per un certo periodo). Fratello - Riconosce il motivo della canzone e cerca di rassicurare Lapo. Infine aggiunge: - Vedrai, al mio ritorno ti porto un bel regalo!– Lapo - :«Ma che m'importa a me se non son bella» (frase di un noto stornello toscano). Fratello - : Lapo, mi dispiace ma devo proprio andare. Jacopo - : «Vengo anch'io, no tu no». Sarebbe difficile non ravvisare in questa se quenza un vero e proprio dialogo, anche se condotto in un modo decisamente inconsueto. Al di là del contenuto, ciò che più colpisce é che questo, come altri simili «dialoghi», si pre– senta in assenza di un qualsiasi indice comùni– cativo. Le parole sembrano non essere rivolte a nessuno in particolare, né la condotta mani– festa la minima fotenzionalità comunicativa; ma non sono presenti neppure gli indici verbali della comunicazione, così che questa risulta appesa soltanto alla pura sequenzialit2, a volte più esile, a volte più netta, delle frasi. L'assen– za di questi indici genera senza dubbio· l'im– pressione che ciò che si sta svolgendo non é un dialogo, impressione accentuata dal fatto che le parole non sono altro --che frasi di canzonet-

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