Fine secolo - 30 marzo 1985

membri del consiglio di amministrazione, con- . tro i tre nominati dai privati in rappresentanza di-poche grandi industrie (che verranno invita- · te ad investire in beni artistici o in sponsorizza– zione di mostre) e di professionisti e piccole imprese - la quota di adesione è infatti di soli tre milioni all'anno-. Per scongiurare il perico– lo di lottizzazioni ed esortare le parti all'intesa, ogni possessore di.quote voterà su entrambe le liste. I poteri del consiglio di amministrazione e del direttore, che deciderà su mostre e acqui– sti, saranno nettamente separati. Chi fa da re, fa per tre "La scelta di aprire un Museo con il contem– poraneo di oggi ", commenta Ferrero, "è asso– lutamente inedita. L'arte non è solo storia del– l'arte, ma produzione di uomini vivi in una continuità storica: qualunque re avesse riaper– to oggi il Castello, avrebbe collezionato i con– temporanei, come erano allora i Fiamminghi". La qualità della scelta cons_istesoprattutto nel– la sua non episodicità. "Bisogna cambiare il regolamento dei Musei civici; è anacronistica la struttura di un-Museo unico ed impensabile una sola direzione per settori tanto diversi". La soluzione prospettata per il settore artistico è la tripartizione: musei di arte antica, che se– guono una politica di esposizione e conserva·– zione su basi filologiche; una galleria d'arte moderna che collezioni opere fino ai primi anni '60 - quella attuale, la cui direzione è va– cante dal '74, è in via di trasferimento per la ri– strutturazione della sede fatiscente-; un museo di arte contemporanea e di culture extraeuro– pee infine che troverà sede nel corpo del Ca– stello ancora in fase di restauro. Il tutto in un vasto progetto di riabilitazione degli edifici storici, quali le vecchie residenze sabaude, da destinare a musei scientifici e centri di ricerca e programmazione competitivi sul piano inter– nazionale. A chi rivendica la presenza di .un italiano alla direzione del Museo è già statori– sposto che nel nostro paese non esiste ancora la figura del direttore distinta da quella del cri– tico; si può aggiungere che comunque non c'è da preoccuparsi troppo perché l'attuale gestio– ne è a termine e gli acquisti verranno scaglio– nati nel tempo, stimolati sempre da .mostre temporanee. La storia no·,,··finità Resta il problema della spesa. l dieci miliardi .finora investiti non sono cert<:> pochi anche se le condizioni del .Castello all'inizio dei lavori çii restauro erano• tali da giustificare un grosso in– vestimento. Nato su un impianto medioevale il Castello è cresciuto per stratificazioni successi– ve conoscendo il suo momento di splendore in epoca barocca quando Vittorio Amedeo II fn– caricò Filippo Juvarra, architetto e scenogra– fo, di costruire la "Versailles di Torino", do– minante la Val di Susa, e contrappunto alla juvarriana basilica di Superga cui lo collega l'asse di corso Francia. I lavori, continuati dai successori dello Juvarra, come il Randoni a fine '700, si sono arrestati ad un terzo del gran– dioso progetto iniziale. L'invasione francese, , l'occupazione dell'esercito e i bombardamenti bellici avevano réso qursto "non-finito" un ru– dere sottoposto al degrado. Il confronto tra due foto di uno stesso affresco scattate a di– stanza di venti anni attesta di fatto la sparizio– ne del dipinto. Molti danni si sarebbero potuti evitare se l'idea di ristrutturare il Castello nel 1960, in oc~asione delle celebrazioni per l'un'ità– d'ltalia; non fosse rimasta "italica carta". "Non si tratta di un restauro, ma, della riaper- ura di un cantiere settecentesco. Bisognava conservare e fissare lo stato di incompiutezza e realizzare, in modo reversibile e adottando materiali moderni, quanto era necessario p~r la fruibilità dell'edificio": questa la metodolo– gia seguita dall'architetto Andre,;i Bruno, re– sponsabile dei lavori di ripristino. Gran parte . .·-:: :~ ............ ~ . . \: . .. • < ~ :••·•••: .......•. : •· ••••IJij•· li FIG.1 FIG.2 ( dei fondi è 'stata così impiegata per la costru– zione delle strutture necessarie quali il •tetto, gli infissi, il collegamento verticale tra i piani, e. pavimenti, questi ultimi in discutibile materiale plastico; mentre il restauro degli affreschi e de– gli stucchi, documenti di oltre un secolo di pit– tura barocca in Piemonte, è appena agli inizi. Se però si deve concordare sui presupposti del- 1 'intervento di Bruno - aggiungere una pagina di storia attuale a quella centenaria dell'edi1i– cio, scongiurando nefasti rifacimenti storicisti– ci - gli esiti spaziali di alcuni episodi, su cui tor– neremo, offrono a volte spm1ti e giustificazioni ai sostenitori - e sono una folta schiera tra cri- .tici d'arte e artisti - dell't>c.cessivoprotagoni– smo architettonico. 1734-1984: il confronto tra le arti "L'Italia ha una testa di cartone e un corpo in– telligente". Così l'artista Luciano Fabro sotto– linea il divario tra l'atteggiamento dei "compe- ,tenti" e quello della gente. 50.000 visitatori fino ad oggi - lo stesso numero di quelli regi– strati all'ultima Biennale di Venezia - costitui– scono già un giudizio sull'indice di gradimento dell'iniziativa. Tra questi, molti i gruppi di stu– denti. E lo spiega il fatto che Rivoli è innanzi– tutto un capitolo di storia dell'arte non com– preso nei comuni manuali: la sua importanza risiede non solo 11ellaqualità dei temi. trattati ma nella combinazione suggerita tra le arti piuttostoché la separazione tra .le arti: l'archi– tettura, la scultura, la pittura e la decorazione non sono qui voci reciprocamente isolate ma si confrontano in un contrasto spazio-temporale privo di mediazione - quale sarebbe un allesti– mento con nuovi supporti per le opere - , ac– quistando nella contaminazione valenze sco– nosciute e imprevedibili alle rispettive solitudini. In questa gara tra le arti, il cui esito si ribalta in continuazione, -sta il fascìno ine– sauribile del Castello-Museo di Rivoli. Inizio del cammino .Il nostro percorso procederà a ritroso inizian– do dal punto in cui, nel 1734, · i lavori dello Ju– varra furono sospesi per mancanza di fondi. Nel grande atrio scoperto. dove pilastri ed ar– cpi accennano_ alla teatrale struttu.ra di questo fulcro architettonico pensato più alto del resto dell'edificio, con scaloni e saloni per feste, cer– ~iera J.,ra la parte orientale verso Torino e la "manica lunga" ad 9vest;_lungo braccio non.fi - nito che attende ancora il ripristino. Saliamo l'unica rampa dello scalone realizzata dal Ran– doni su disegno dello Juvarra per ritrovàrci nel primo spazio coperto. In assenza .. di' opere esposte, la nostra attenzione è tuua riservata alla grande scala in acciaio di nuova ·costruzio– ne che collega i tre piani dell'edificio: L'inevi– tabilità dell'intervento, la sua reversibilità - la scala è sospesa a cavi di acciaio, non è rimovi– bile - bastano pefÒ a garantire un dialogo iin-: parziale tra nuovo e vecchio, riducendosi que– st'ultimo alle tracce dei gradini sui muri perimetrali appartenenti alla scala pensata dal Randoni per avvolgere anziché ostruire l'inva– so spaziale. E la soluzione diventa poi inaccet– tabile nello stucclievole cielo a nuvolettP, bian– che dipinto da Antonio Carena sulla volta che occorre attraversare. per raggiungere gli am– bienti del sotto tetto, evocazione semplicistica -ed insipida di rapimenti barocchi. La bella dissimiglianza Nell'affrontare le numerose sale dove sono di– slocate le opere, il nostro percorso procederà a– salti, scegliendo esempi in cui più pregnante è la concomitanza tra fatti artistici diversi; del resto, come spiega Rudi Fuchs, "la mostra non ha una storia particolare da raccontare, ma deve far vedere la grande e brillante diversità I •

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