Fine secolo - 30 marzo 1985

# FINE SECOLO* SABATO 30 MARZO IL TRIANGOLO ROSA a cura di Giovanni FORTI Forse a chi muore nòn importa come muore, nè che destino avrà il suo ricordo. O forse sì. Ma è certo che per la coesione della comunità dei vivi è essenziale che le morti api,aiano ave– re un senso. Gli omosessuali sterminati nei campi nazisti sono, perciò, morti due volte. Non si conosce nemmeno il loro numero totale. Potrebbero es– sere da un minimo di 5.000 a un massimo di 15.000. Essi venivano deportati e· uccisi in quanto tali. Come agli ebrei veniva cucita la fatidica stella gialla sulla giubba, ad essi veniva cucito un triangolo rosa. Ma mentre il primo simbolo è oggi notissimo, il secondo è quasi sconosciuto. Sulla copertina di un disco a 33 giri di un complesso rock inglese di recente successo campeggia questa immagine. Ma i _giovanissimiche comprano questi dischi come panini ignorano del tutto il suo significato, 19 credono forse una decorazione. Anche allo sterminio degli ebrei, negli anni successivi al dopoguerra, molti non vollero credere. E i sopravvissuti si impegnarono a do– cumentare le atrocità dei campi, a rintracciare i tanti responsabili che giravano liberi e senza problemi, a sventare ogni tendenza a dimenti– care, a pacificare. Forse solo con la cattura, il processo e l'impiccagione a Gerusalemme di Adolf Eichmann il mondo prese completamen– te cosèienza della dimensione dell'orrore. Non si contano i saggi, i romanzi, i film sui campi di concentramento. Oggi vi è una co– scienza collettiva molto vigile su questo argo– mento. Quando il francese Faurisson ha scritto un pamphlet in cui cercava di dimostrare che gli ebrei, nei campi, non furono mai stermina– ti, vi fu una sollevazione di opinione contro di lui, con esiti anGhe impropri (Faurisson fu espulso dall'università di Liòne). L'Europa conserva una cattiva coscienza verso gli ebrei. Meno verso gli Tzigani, vittime anch'essi di metodica persecuzione e sterminio. Verso gli omosessuali, niente. La loro persecu– zione e morte sono riirosse e negate. Le lapidi, le cerimonie ufficiali li ignorano. Gli stessi so– pravvissuti si nascondono, non hanno il corag– gio di gridare la verità su quel che è loro acca– duto. Anche in un'epoca di crescente compiacenza verso le immagini e i corpi che al- . }udono all'omoerotismo spettacolare, quell'a– spra tragedia restà ignota ai più. Una piccola casa editrice, il Gruppo Abelé di Torino, pubblica ora Bent, una commedia del– l'americano Martin Sherman che racconta l'o– dissea di un omosessuale trentenne in uno di questi campi. Non è un testo noioso o saggisti– co. É una storia d'amore. Sherman passa dalla commedia leggera, con toni da cabaret, dell'i– nizio, al fosco melodramma della parte centra– le, per arrivare ai toni rarefatti, quasi be~et– tiani, delle scene finali, in cui i due protagonisti trasportano sassi da una parte all'altra, sorve– gliati a vista 'da una SS, con la proibizione di guardarsi e di toccarsi, e ciononostante riesco– no a dar vita a uno dei più struggenti dialoghi erotici mai visti a teatro. L'editore ha ritenuto di accompagnare-il testo della commedia con due informati -saggi sulla questione: Gli omosessuali nei campi di concen– tramento nazisti, di Riidiger Lautmann e Le ragioni di una persecuzione, di Giovanni Dal- l'Orto. . La commedia è del 1978 ed è stata rappresen– tata con successo in 35 paesi. In due di essi, Germania e Brasile, ha avuto due edizioni. Il regista Marco Mattolini (autore tra l'altro del– la messinscena del Baèio della donna ragno di Manuel Puig), che ha tradotto Bent, cerca da anni di rappresentare la commedia anche in Italia. Finora i produttori l'hanno sempre_ri– fiutata: testo troppo scabroso, perdipiù senza un protagonista che consenta di dare la parte a uno dei vecchi mattatori del nostro teatro (Bent è un dramma corale, interpretato da· gio– vani). Ora il teatro di Porta Romana di Mila– no e il Festival Teatro Asti hanno coprodotto Bent, che verrà rappresentato in prima italiana ad Asti il 16 luglio prossimo, con appena sei anni di ritardo. .. (G.F.) Il triangolo rosa era, nei lager nazisti, il c"ontr4sseçnodi una minoranza perseguitata e sterminata di cui pochi sanno, e pochissimi hanno voglia di sapere: gli omosessuali. Un commediografo di successo ha messo in scena questa realtà, con una doppia sfida: quella alla distrazione e alla rimozione normale, e quella alla difficoltà di raccontare, sulla trama di una tragedia storica, una storia d'amore. Eccovi una testimonianza delle intenzioni del/' autore. ~artin•Sherman, e un,breve saggio sulla loro riuscita. - "Bent'' non è indubbiamente una commedia di intrattenimento. Sembra quasi un dramma a tesi. In Italia è stato_pubblicato con il corre– do di due saggi: Lei aveva uno scopo, dicia– mo così "politico", nello scriverla? "Si, avevo uno scopo. Volevo che la gente sapesse. É importante che la gente sappia". Come le venne in mente di scriverlo? "Piuttosto curiosamente, in verità. Nel 1977 ero a New York, dove vivevo. Mi chiamarono a Londra dei miei amici del Gay Sweatshop, un gruppo teatrale politico ma altamente professionale, del quale fanno parte alcuni dei migliori attori e registi. Avevo scritto una pièce per Ìoro l'anno prima. Stavano provan– do un cabaret in tre tempi e volevano che li aiutassi per il terzo tempo, che richiede l'ac– cento americano". Ma lei non ha affatto l'accento americano! (ride) "L'ho perso dopo tutti questi anni a Londra. Comunque la sezione di mezzo di quel cabaret si svolgeva a Berlino negli anni '30 e vi erano diversi riferimenti ai campi e ai triangoli rosa. lo ne avevo già sentito va– gamente parlare ma rimasi folgorato. Penso che quando un'idea ti colpisce a quel modo le vada dato uno sbocco. C'erano molte cose che mi giravano per la testa in quel periodo ma nQn sapevo come dar loro forma. In qual– che modo ero pronto per Bent. Avevo già pensato a scrivere un testo sull'omosessua– lità, sull'amore, l'rntolleranza ... Non so spie– gare neanch'io. Comunque andare indietro nella storia è un ottimo modo per illuminare l'ogg_i. Forse meglio che parlare di fatti con– temporanei. E poi ripeto: quel che successe andava conosciuto. E cosi mi misi a fare ri– cerche". Ma non può essere stato tanto difficile._ "Oh, sì, invece. Non esisteva un solo libro dedicato all'argomento dei gay nei campi di concentramento. Richard Pla·nt ne sta scri– vendo da anni uno che sarà estremamente ricco di informazioni. Ma io andando alla Wiener Library, di Londra, una libreria spe- cializzata che ora si è trasferita in Israele, trovai solo degli accenni. Note a piè di pagi– na, qualche paragrafo qui e là. Bisognava ri– costruire una storia sommersa, cancellata". I: vero che nelle lapidi dedicate alle vittime dei campi di sterminio gli omosessuali non vengono menzionati? "lo non sono mai stato a visitare i campi. Mi hanno detto che in alcuni di loro non si men– zionano, in altri sì. Quattro, cinque anni fa c'è stato un grande scandalo in Olanda perché in un monumento alle vittime non ve– nivano menzionati gli omosessuali. Comun– que una ragione c'è, ed è questa: nel dopo– guerra, gli alleati presero in esame il codice penale tedesco per "ripulirlo" dagli articoli "politici" introdotti dai nazisti. Non abolirono gli articoli 174, 175 e 176 che puniscono l'o– mosessualità perché erano articoli prece– denti. Proprio per sopprimerli fu costituito alla fine del secolo scorso il primo movimen– to gay e fu lanciata la celebre petizione del dottor Hirschfeld. Venivano largamente di– sattesi, ma Hitler li applicò. E gli alleati li la– sciarono". Appositamente? "Non lo so. Forse no. Comunque i sopravvis– suti dai campi preferirono occultare la ragio– ne per cui erano stati imprigionati perché avevano paura di essere riarrestati. Forse non lo sarebbero stati, ma vai a dirlo a uno che ha sofferto quel che avevano sofferto loro! E forse invece non avevano nemmeno torto. Solo quando la legge venne finalmente abolita, pochi anni fa, sono cominciate a emergere testimonianze più particolareggia– te. E anche oggi, in Usa, Richard Pl,ant ha rintracciato diversi sopravvissuti, i quali han– no insistito per essere anonimi, e forse. non potrà 'pubblicare il libro prima della loro morte". Ma perchè tanta paura, ancora oggi? "Nel caso di quelli che si rifugiarono in Usa, a causa delle leggi di immigrazione. Essi di– chiararono di non essere nè comunisti nè omosessuali. Gli americani sono molto seve– ri con chi mente. In genere la pena è l'.espul– sione dal paese, anche se non penso che a questo punto espellerebbero un vecchio di ottantacinque anni reduce dai campi di ster– minio perché gay. Comunque, in metà degli stati americ~ni vigono leggi anti-sodomia. Non vengono applicate, è vero, ma dipenee dalla discrezionalità del giudice. Anche l'ar– ticolo 175 non veniva applicato in Germania fino all'avvento di Hitler". C'è la sensazione che da parte degli altri gruppi perseguitati dal nazismo vi sia un cer– to imbarazzo per questa "caWva compagnia ", se non addirittura una gigantesca rimozio– ne. I: vero? "Si, certamente, ma non sempre e non tutti. Qualcuno nasconde sotto il tappeto la vicen– da, altri libri ne parlano, ma certo non con piacere". In Bent viene adombrata una sorta di gerar– chia dell'oppressione i(l cui gli ultimi, gli ebrei, si sfogano prendendo a calci gli ultimi degli ultimi, cioè gli omosessuali. I: esatto? . '.'lo sono particolarmente sensibile alla que– stione, perché sono ebreo ..." Anch'io. "Ma io sono anche gay". Anch'io. (ride) "Allora capisce che si tratta della que– stione chiave di Bent. Voglio però chiarire la prospettiva storica. La commedia si svolge nel 1934-36 quando i campi erano di deten– zione, non ancora di sterminio (anche se molti morivano) ed era anche possibile esse– re rilasciati. Tutto cambiò con la guerra. A quel punto contro ebrei e p9lacchi vi fu il programma_ di soluzione_ finale. Ma Bent si svolge in anni molto precedenti e questo ho cercato di ribadirlo, ho inserito anche una battuta sulle Olimptadi di Berlino affinché fosse chiaro. E in quegli anni, nei campi, quelli che venivano trattati peggio erano ebrei e gay, con la differenza che tutti, com– presi gli ebrei, trattavano peggio i gay". Ha sofferto prendendo coscienza di questo atteggiamento non solidale degli ebrei verso altre vittime? "Si, molto. Come ebreo sono consapevole della omofobia degli ebrei come del resto di quella dei cattolici. A New York sono quindici anni che ogni anno si prova a votare in con– siglio comunale un regolamento che vieti ogni discriminazione anti-gay nelle assun– zioni, e ogni anno regolarmente il provvedi– mento viene sconfitto, primariamente per le pressioni dei cattolici e degli ebrei ortodossi. Devo dire però che la commedia ha avuto un grande successo in Israele e nessuno ha pensato a censurarla, mentre ci sono state · grane per la messa in scena del mio testo successivo, Messiah. Molti sopravvissuti dai campi che \<ivono in Israele hanno conferma– to che in Bent si dice la verità". Pensi che una persecuzione come quella de– gli anni '30 si possa ripetere ancora? "Quando ho scritto Bent pensavo di sì, ed era uno dei motivi dell'urgenza che sentivo. Ma non avevo idea di quando potesse acca– dere, né come. Ora sfortunatamente, mi pare che ci siamo. La storia dell'Aids ha riscate– nato l'omofobia latente". Forse in Gran Bretagna è particolarmente dura. "In Usa è anche peggio. Sono sei anni che vivo qu1 ma sono sempre in contatto, ricevo lettere dai miei amici americani. Si parla di quarantena, di isolare i gay. É orribile. Na– scendo come ebreo in Usa, nel New Jersey, non ho mai avuto occasione di venire a con– tatto con l'antisemitismo. Solo. negli ultimi anni mi è successo, e ho capito che appen3 la gente trova un pretesto per sfogare i pro-

RkJQdWJsaXNoZXIy