Fine secolo - 30 marzo 1985

. . . .. •,:-:·.;,:··. (:·'.: . :: =::.-\ .... NON SI SAMAI • Firenze, pomeriggio, sta per cominciare la ter- za lezione di Je,anne Moreau a 21 allievi della Bottega del Teatro di Gassman. Una gentile Patrizia mi ha autorizzato ad assistere, mi sie– do fra i ragazzi. Davanti a me ce n'é uno che ogni mezzo minuto circa prorompe nell'escla– mazione: "Ma fatemi il piacere, che storie sono queste, vergognatevi!", poi riassume un'espressione ragionevole. Sta provando una battuta della "Patente" di Pirandello. Piran– dello é l'autore scelto per questo specialissimo corso, che durerà quindici giorni. Per Moreau é una novità, non ha mai insegnato- se non come regista. Entra. Altri e più preparati gior– nali ne hanno descritto il modo di vestire: os– serverò solo che la sua gonna ha un paio di ta– sche in cui lei sprofonda con soddisfazione le mani. Parla italiano, con proprietà e con una voce raucamente cantante, e autorevole. E' po– chissimo truccata,, direi. Due giovanotti scen– dono in pista, provano "L'uomo dal fiore in bocca", l'hanno già provato nei giorni scorsi .. Uno ha una bella voce bassa, ignora la esse dolce ma con Pirandello non guasta. Sono bra– vi. Lei si aggira intorno a loro,· chinandosi, ballando, scrutandoli, parodiandone le espres– sioni, come 'fé,1rebbe uno spiritello· invisibile. Ogni tanto interrompe. "Questo succede in un posto, in una stazione, fammi vedere dov'é il treno, dov'é il bar della stazione, dov'é il tavo– lino". "Guarda che il tuo personaggio sta se– duto lì, é uno che passa la vita a guardare la vita dell'altro, con la morte dentro". Li invita a· essere più nervosi, "anche il culo é troppo avanti sulla sedia". All'uomo col fiore in bocca spiega: "Può darsi che l'altro sia come te, sia un marito, ti possa aiutare a raccontare la tua Foto G.Moggi - Press Photo, Firenze storia. Non si sa mai". (Dice "non si sa mai" per la prima volta, con una particolare convin- , zione). I due procedono troppo severamente, "'non é triste questa storia", dice lei, "non ùsa– te µn colore solo. Si può lavorare con tutti i colori. Come si chiama quando c'é la pioggia e poi il sole -l'arcobaleno, dicòno i ragazzi- ecco; non si sa come va a finire, all'inizio. Non si sa chi é ciascuno". Ora si aggira come un torero che infili le sue banderillas. Intanto tormenta incessantemente la bocca -non avevo ancora nominato la bocca- come i ragazzi farebbero -con una gomma da masticare. Ha anelli a ogni dito, elle a des bagues à chaque doigt- salvo uno. Si sgranchisce le mani come un concerti– sta, o un pistolero. Intanto un temporale as– sordante si scatena sul soffitto. Lei torna a spiegare: "Non si ~a mai. E' questo che fa pau– ra. E' questo che fa piacere, anche. Non si può sapere". Incoraggia il giovane allievo, com– prensiva come una leonessa: "Sei stanco. Ci sono momenti in cui é difficile portare fuori tutto". Sulle nostre teste tuona formidabilmen– te: lei batte le mani, "che bello", dice, "é l'e.sta– te". Poi torna al punto: "J'aimerais bien dire en fran~ais: la contrainte est quelque fois plus créatrice que la liberté". Si va avanti, ora il tono diventa troppo distaccato; "Parli come di una cosa passata. E' un racconto, é vero, ma succede adesso. Sono tante le cose che non bi– sogna dimenticare- ecco la difficoltà per un at– tore. Come per te adesso, come per me, sono qui, sono il mio presente, ma anche il mio pas– sato, sono tutto. La mia maniera di fumare, il mio rapporto con il temporale. Non si deve avere troppa paura di sbagli.arsi. Si sbaglia, non fa niente. Si torna indietro, forse, ma si é provato. Credo. Je crois". I due tornano a po– sto. Sono attenti e contenti -chi non lo sareb– be? Ora lei si guarda attorno, cercando i pro~~ ,'simi. "E tu?" f' chiede a una ragazza, con un ' sorriso minacciosamente invitante. Lei non é ancora pronta. Sotto altri due, ancora col fiore is bocca. Recitano diversamente, uno con una bruschezza rock, l'altro, quello col fiore in bocca, con un tono emozionato-trasognato, e la voce del doppiatore di Dustin Hoffmarìn, non male. Descrive l'abilità delle ragazze di ne– gozio che stendono la tela sul banco e la im– pacchettano, e guarda lontano: "Ma guardala, la tela- inte~rompe lei- esiste". "Questa con– venzione del teatro! -protesta- ci sono tre muri e poi di fronte chissà cosa -il mare! E' qui che succede, non lontano". Poi spiega paziente– mente: "Tu sei in una situazione pericolosa, appena lasci cadere la tua tensione é come soc– chiudere una finestra- e irrompe la morte!" Il ragazzo va avanti, fin dove il testo gli fa dire "il nostro male": "il nostro male, é la prima volta che lo dice -interrompe lei- si sta avvici– nando". Non trova l'italiano per piège: trap– pola, dico io, che ci sono cascato senza riparo. Lei continµa a spiegare e parafrasare l'uomo dal fiore in bocca: "Il gusto della vita viene di là, dal passato, dai ricordi che ci tengono lega– ti". Chiede più tensione all'attore: "Tu hai la morte alle spalle, c'é qualcuno che ti sta dietro col fucile- io ti sto dietro col fucile puntato, e ti ammazzo. E quando parli della noia, non farlo in modo da farmi venire la noia. Per me, che sto morendo, la noia é pur sempre una manie– ra di vivere, ci sono le albicocche, la loro buc– cia, tutto -e d'un traJto, pah!. Quando lui dice 'sventura' anche 'sventura' appartiene alla vita, é una bella parola, che bella!" Gli attori riprendono. Lei torna a spiegare: "Un po' 4i violenza in più- non di voce alta. All:inizio lui parla di una cosa e pensa a un'altra. Perché non si può dire subito tutto. Aspetta veramen– te la fine per dire tutto di sé: Ci sono momenti in cui bisogna azzardare, vorrei vedere il san– gue, quando parli della vita la vita non deve divèntare piccola così, é enorme la vita". Adesso, una breve pausa, lei esce chiacchieran– do affabilmente con una ragazza, poi rientra canticchiando "tu me fais tourner la tète". Tocca a due ragazzi che recitano "La paten– te". Uno é quello che mi faceva trasalire all'i- nizio: ''Ma fatemi il piacere, che storie sono queste! Vergognatevi!" Si ricomincia più volte. "E' sempre difficile cominciare", dice lei. Chie– de "come si dice un épouvantail?". Uno spa– ventapasseri. "Uno spaventapasseri!", ripete, un po' indignata. Il giovane che fa il giudice é emozionato, non riesce a tenere a bada le mani, cui si aggrappa per fare la sua parte: lei gli ordina di tenerle in tasca. E' la storia di uno iettatore, lei la conosce meno, mi sembra; forse scambia la voglia di farla-pagare al mondo in– tero con la veglia di farsi pagare. Non é un cattivo errore, l'aspirante iettatore diventa un contadino cocciutamente avido. Il giovane che lo recita é bravo, ma sembra un second'anno· di Harvard. Si prova e si riprova. Jeanne Mo– reau tossisce, fumo troppo, dice, e ne accende un'altra. Si siede di fronte a tutti, ora, per una conversazione finale, straordinariamente affet– tuosa. I ragazzi sono a loro agio, non so se in– vidiarli. "Stanotte ho fatto un sogno, ho so– gnato mio padre, non mi suçcede mai; dev'es– sere perché sono con voi, perché lui era arrab– biatissimo quando volevo fare l'attrice". Mini– mizza i ·disguidi nella distribuzione dei testi. "Quando si lavora non é possibile dire esatta– mente che cosa si farà. E' sempre un'altra cosa che si dovrà trovare. Non si può mai dire. Oc– corre scoprire la maniera per far venire fuori l'altra cosa sconosciuta. Bisogna arrivare fino in fondo, fino a quando si é stanchissimi. La creazione del personaggio nasce da un'energia altra, diversa e che viene dopo la fatica. Non c'é bisogno di pensare oltré un certo punto, c'é bisogno di fare". 25 - "Non ho mai insegnato, ma mi piace, é una maniera di essere vicinissimo alle persone. Non si può spiegare alla gente che non fa il nostro mestiere", Ancora più intruso, io trascrivo si– mulando uno scrupolo neutrale. "E' strano, ma é veramente impossibile. Ho provato -e poi, non mi piace nemmeno spiegarglielo ... La . cosa çhe non si può fare é di parlare a tutti. Nel cinema é un po' così, il regista parla forte, non é un piacere per gli attor.i, a me piace il teatro, come qui, mi piace parlare all'orecchio dell'altro", finisce bisbigliando. Finisce anche la lezione. Qualche ora dopo, a una folla che si _é .accalca– ta per vedere "Querelle", e soprattut~o per ve– dere lei alla fine, Jeanne Moreau parla a voce .' più alta. Ma le frasi e le parole predilette sono le stesse: magia, mistero, non si sa mai ... Do– vrebbe essere stanca -io sono esausto. Ma ac– cenna al "Tourbillon", risponde spiritosamen– te ma anche con serietà, le chiedono se anche nella vita il suo umore é cangiante come il suo viso nei film. "La mia faccia é come il cielo di oggi, hai visto? Nuvole, grandine, sole ... le per– sone sono così, tutti". I film che preferisce. i registi che preferisce? Macché, "é come la vita", c'é bisogno di tutti i momenti, c'è posto per tutti. Sul mestiere di attore: "Dare la vita a un personaggio é una cosa molto misteriosa, non si può spiegare. La vita é la source, ma non é la creazione. E' la parte della cucina, é un piatto, il tuo piatto -ma non si recita nella vita. Nella vita, del resto, noµ c'é un regista. è allora é meno facile. Niente \si sa prima. Per_.. esempio stasera, sono venuta per politesse. e mi sono chiesta: qu'est cc qu'ils veulent... Poi si comincia la conversazione. e tutto va per un'altra strada". Qualcun.o le chiede del tempo che passa: "Quando la giovinezza é passata, si vede, e meno male". Qualcuno le chiede del ci– nema delle donne: "C'é già, é importante che ci sia, può esserci in tanti modi. Cukor ha fatto · un film, Women, non c'é un uomo, un film ter– ribile. A me é capitata una coincidenza. All'i– nizio sì, non mi piaceva il potere di mio padre, l'immagine tradizionale della donna com ·era nella mia famiglia. Questo ha coinciso con f'i– nizio della nouvelle vague. là si cominciava a scappare dalla relazione convenzionale tra uo– mini e donne. lo sono diventata una specie di simbolo femminile: é stata una coincidenza straordinaria, che corrispondesse al mio stato interiore. Buonanotte''.

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