La Difesa delle Lavoratrici - anno V - n. 8 - 1 maggio 1916

Laleggenda dei hori Giù gi~, sotto terra , fira i germi dei fiori, la notte mv e,rnale era stata dolorosam ente lunga. Oh l'ansia angos ciosa 1 Che avv~rrà UJ1cora lassù? si chiedevano. Saranno rm sav iti gli uomini? :\fa l'eco di un romb-0 cupo rispond ern al– le paUl'ose domand e. - Dunqu e ancora? an cora? e fin quando? Sarem dunqu e d estinati a orna.r e un im– menso cimit er o? - Ma no1 rispondevano le buone spio-he del frummto sempre assorte in un loro 0 so– gno d'oro , 1na no, le vostre sono fantasi e pauros e. Con le brume e le raffiche dell'in– ,·erno se ne u-ndrà anch e l'atro ce pazzia de– gli uomini. ** E i tepidi raggi del sole di primav era era- no penetrat i giù giù fin nelle più recondit e zolle a ch iamare le ,·iolette, le primul e. - Veni~ Ye.nite, la gran festa della vita incqmin oia . Oh la gioia di vi,·e,re! e le b.rune mam– mole , le candide prirnaverine era.no uscit e inneggiando alla vita. Sì: il cielo era sempre az.zuno, i rusc elli a\·evano ancora traspar enze. cristalline ri– flessi di raso: ma d a lernnte e da pon~ te, da nord e da sud giungevano gemiti di mo– renti, grida strazianti di feriti e il ven to portarn il tanfo nauseabondo dei cadaveri. - Oh buona teITa madre , riprerud'ici nel tuo seno imploravano i fiorellini chinando la corolla. - Coraggio sorellin e, verremo noi , ri– spondevan loro i germi delle vermigli e ro– se di maggio. Era la notte d€1l'ullimo di aprile. Il bui o cupo del cielo era rotto da rnmpat e rossa– stre. Le erbe diceYano che eran o incendi di casolari, d'intere città. Le qu ercie secolari scotevano tristi le loro annose frond e su– surrando: - Oh, l'atroce guenra da lupi! e dur erà dunque finchè anche l'ultima vittima sarà immolata? AJd un tratto su da mill e zolle s'alzarono infinit e rose Y.eirmig1ie, s'alzarono imm ense gigantesche come paurosi fantasmi. - Oh Rose di >1agglo salve! - saluta– rono i mngh etti scotendo i loro bianchi campanelli. :\la dite perch é siete venute? :Xon vi sono più spose da incoronare, non y·è 'J)iù amore sulla terra. Passano a mill e a mille le Yed.ove nei 1oro cupi Yeli. Rosse più del sangue si al zarono ancora le rose di ~Ia:ggio diri!?'e.Tidosi ,·erso l'ori en– te dov e fra br eve sarebbe spuntato il sole ... E nella palli da alba del prim o maggio si delinear ono immenso rnssillo fiammante ... Le tnammole. le timide margher ite nasco&– ro tremando la corolla fra le erbe; le grandi qu erc ie sec-0lari chinarono riverenti le l"ro frond e. e giù. sotto terra, le sp igh e d'oro eb– bero un fremito di gioia... sognarono la splendida estate nella quale esse avrebbero maturalo davvero per gli uomini tutti ! GruSEPPIM YloRo LAsoo,;1. FRAMMENTO DILETTERA , }f io figlio, E:CCO ma:ggio figliuolo mio.. E dovun– que, nella dovizia della natura, nella gam– ma smagliante dei colori più viya,·i, néll'a– ria satu ra di profumi 1 impregnata da ef– fluvi! e da fraea:ranze 1 un rifiorire di pri ma– vera, uno s.ploodor& di solE:, una dolcezza mite e bem,fica, come il tepore di una ca– rezza materna. \ 1a la gioia non è nei nostri euùri o fi– glio. L'incubo orrendo di qu~.~u giorni tor– mentosi gra,·a su di noi c-om&ur:ia cappa di r,iombo, e noi Yiviamo in un·ansia ango– S<.-iosa. nell'attesa tr&pida di qualche co3a d·impN ,red1bile cbe, rinsavendo rEuropa, ponga fine a que-stù orribile flagello.. EccrJ rnaggio. ma maggio non è in no;, chè nr n si può gifJire <lel]a natura ri3orta, quando milioni di ~seri. creati pç,r la f{ioia e f>Bf Ja Yiia, .~i ~lraziano a vicenda, spinti gli un i contro gli altri da una forza. bruta, vili formidabile- delle leggi r·ivili, f)<:r un Ss>n– timenlo di r,dio e '1i vendetta piu inten:;o di ogni ~q]SQ di uman iU1. Io penso, E:d una tristezza gravr .. m'inva– de, penso al maggio df..M?!i anni scor.-;:i.quan– do tu mi .eri vicino, ed ir; mi eompia ... evr; nel mio materno ()r~r,glio, ddla tua balda fiera gi0vinezza, della tua rigmdio::.a b•~l– lezza ... E penso a qu<e!la festa dei lavora tori che mi sembrava allora inutile. vana. come inutile u ,-ana rni SBmbrava quella fede che tu nutri,·i. mir, malgrado, con tut– to il fer,ore della lua anima ardente .. P enso, con una punta di rimorso. ai rim– oroveri che io ti ri,·olg&vo prr l'attività. per tutte le energie che lu dedicavi a qu,·1- l' ideale che io sentivo allora di odiar;,: per- LA DIFESA DELL,E LAVORA'IRJCI chè dislogli e11doti d·alla casa tua , mi rapi– va un a part e più nobi iie d,e.l Luo cuo re. ohe nel mio egoismo ma.terno avr ei volulo o; cupare da sola. Hicord o la !Jristczza pa·ofonda colla qual e mi rivol gev i la solita doma nda : u Non pu oi comp rendermi ma.mina?>> Io non (pot eYo allora figlio mio ; ora lo posso chè il soffio tragiC-Odi un dolor e che sLrazia non il solo mio cuor e 1nalorno ha dissi palo la nebbia che stesa dinan;i ai miei occhi , m'impediva .d'i gua 1da,re alla luce della ver ità. Nel p,assato, se una nocess ità una forza diversa eia quella odi erna , ti a; esse tenut o 1ontadl.o da me, io ti awei mandato una sa– cra imagi _ne, supp licandoti di unire le tue alle mi e pr eghiere. Oggi non più ... Il trion– fo della ba rbari e, sconvolgendo e travol – g~do tutto il progresso déll'um ,anità, ha dis trutto quella fede, che per a.nni ho eol– tirnto con Lutto il mio culto e che ora mi appare in tutta la sua assurdità ... Ma non è il vuo to nel mio cuore o figlio, eh.è m1a fede nuova ha surro gal-0 l'antica , ed è la fed;, tua che. ard e in me , com e una face ine– stingui.bile. Mai come oggi, in cui il tu o ideale è avversato, diffamato e col,pilo , es– so è stato 'Più vivo negli amimi che com– p:rien.dono tutta la sua sublim e giustizia e la sua profonda bont à. Includo in questa mia lettera u,n garofano rosso, e vorre i mandartene non uno, ma cento, ma mille, perchè tu potessi diski– ' buirli ai tuo i compagni e non ai tuoi com– I)agni soltan to. Possa, quest'umile fiore, colto da tua ma– dre per te, ricorda,rti e il suo affetto , e quel– la f,ede che non s'es tingu erà con noi, per– ché irivivrà nelle gooeraz ioni futur e, quella fede che in un vrossimo avv e,nire, nella pa– ce radiosa, unirà tutt i i popoli in un vin– colo di umana fratellanza. La tua ma1nm,a. Eira nata di magg io, per questo le era ve– nuto quel nome strano e dolc e di Magg io- 1ina. Non era bella ; moti, anzi, la d·icevano brutta, ma riusciva simpaticiss ima con qu el– la sua figuT a alta, sottil e, fl,essibile come un giunco, con quei suoi occhi glauchi, J1umi– nosi come una bella giornata di primavera. A qu indi ci anni, quando la madre era fuggita abband ornando il mar ito ed una ni– diata di figli per segu ire un suo folle so– gno di libertà e di amor e, Ma:ggiorina av& rn preso le redini della casa, e non era comp ito dei più lievi, chè gl i anni eran po– chi ed i bimbi eran molti. Fortunat.amente ella non assomigliava al1a madre che per la flessuosità del cor.po e per la luminosità degli occhi. In lei il sentimento del dovere era cosi profondamente e saldam ente ra:di– cato che ell a poteva compi erlo , e lo compi– va scrupo losa mente sen za fati ca alcuna. E per lei era stato una specie di dovere , anch e il cercare di dissip<1,renell'anima del padr e il ri cordo della CJ'eatura svent ata , che nè il tramonto d'ella giov inezza, nè il senso della mate rnit à avevano poLu.to traLlene re nella casa coniugale. :\1a non v'era riuscit a chè il padre morjva du e anni dopo qu ella fuga, invocando chi aveva saputo insinuar 3i nella sua anima come un'ossesione, da cui gli era stato impossibil e lioorarsi. S'egli non fos~e morto, Yiaggiorina non ,eli avrebbe oorto per d,·rialo quel sen tim ent o di debolezza, ch' ella, dotata d'un an ima for te e virile, non poteva concepire. Ella si era fatta del dovere una conce zio– ne cosi alta, una linea di condotta C-Osi retta, cosi rigi·da da cui non si sarebbe potuto, nè dovuto di)}a.rlire; pe r ciò quella madr e che aveva tank, facilmente deviato, non merit a– va secon do lf'i, nè un pensiero, nè un rim– r,i~nto. Fu dunqne con un sonso di sor-prcsa e di ind igna zione r·he ella, in una prima gior– nata di mag~io, ac.colsc il ritorno impro v– viSD della madre, r-he arpariva mutala . co– mr- affran la dal dolor e e dai rim ors i. Gome ,,Ila noo ora abituata a nasconder.· le sue impressioni, cosi la sua a.ccoglienz:1. era staia brus"a. c,ct ostile. - P,,rchè siete venuta? i bimbi non han– no più bisogno di voi, sif•W stata rosi J)(>C'A, et)n loro P f/€:r loro r·h'e~si non sanno ne-m– m,~no di averv i avuta. - li mio posto di madre è qui presso i miei fi-;tli. .\!aggiorina r·boo un sorriso pieno d'iro– nia e d'amarezza. - SrJ1tanto rJggi vi accorgel-0 di f-SSP1· madre? Se il vostro !)()sin è qui pe-rchè lo nvele lasciato? I vostri figli voi dite .. es.<;i non lo sono più, hanno C{.'Ssalodi esserlo ·fai momento in cui voi li avete abbn,ndo– nandoli, rinnegati. Non si è madre solo per il fallo mal€riale di avor dato la vita ad una creatura, ma pe,r i doveii che la mal emit.à porta con sè, piar tutti i sooriil ci, pe<r tu tte le rinuncie che essa ci imp one . Ora voi co- 1n0 avole assolto il vostro dover e, quali sa– crifioi avete compiuto, qua.li rinun cie? Voi siete rimasta con noi finchè non vi ha sor ri– so il miraggio di un'altra vita, ed allora il vi,ncolo della mat ernità vi è parso un peso così insopp ortabile, un legam e così odio so che non avete esitalo a spe zzarlo. Vi sono Vflrit.à così doloro se nella loro gelida durezza da lasciar ci come annien~.:iU in,ebctiti dall'an gosc ia trop,po grand e, troppe. intensa ... Ed una simile ang osc ia, un simi le am1ieintamento , la madre provava a.scollam– do quelle parol e dure e taglienti , che cont e– nevano una g-ra.nde, amara ve.Tità. - I-lo assai soffeu-lo - mormorò con un &i11ghiozzo. - Se avete soffe:rlo, ve lo siete mer italo chè la vostra coll[)a l[)Orbacon se l'espiazion e. D'allronde quando avete lasciato la vostra casa, voi non siete andaba in cerca del do– lor-o, ma del piacere , e n0n vi ha tratLenuto il pensier_o eh€ questo vost ro piac ere, pro– -cura.Va la soff-eirenza d1 colo·ro che non ave– vano avuto altro torto che quello di nascere dia voi, e costava la Lranquil1ità d i chi a– veva comm-esso la sola colpa di amarvi. Sor se d'imp ,rovviso nella donn a il ricor– do dell'uomo b-uono, generoso che e,lla non aveva sapu lo apprezzare. - Tuo pad,·e mi av rebbe ,per donato mor– morò . - Mio p-adre era debole ed io non lo so– no; ma qui non si tratta nè di lui, nè di me, quantunque ' rip onsando alla mia in(an– zia io non ricordi di voi nè una care zza , nè uno slanc io rnat e,rno. Quando ve ne sie– te andata io av,evo abbastanza oriLerio per saper sceglie.ire la mia via, per potermi fog– giare una vi~a secon do le mi e attitudini. 1\!Ia gli alLri erano bambini ancora 00 ave~ vano bisogno , avevano di,riUo alle vostr e cu– re, alla vostra tenerezza, voi I i avele de– fraudati di que s-to SllC'-'O diritto. - Figliola mia susurrò la madre fra. i si.nghiozzi, e v'ara tanta di,sparazion e in que l gr ido, che Ma.ggiori1na s'im pietos ì, per u,n attimo; ma fu u n attimo solo, ch'ell a non ta,rdò a rim prrovera.rsi quel senso di pielà, come una d<>bol ez;,a ind eg:rm d; lei... Eppur e Lutto in.torno a lei in, ritava alla dolcezza e al perdano.. dalla finesbra aporta il sole di maggio entrava a torrenLi, porta ndo la frag ,anza della campagna in fio,re. salivwno dalla sLra,cla,coll•egrida giuli ve dei fanciulli il canto dei lavoratori che festeggiavano il primo maggio. 'l'utta quella glor ia di sole, e quel pr~fu– ·mo di p,rimavera richiamarono nella ma.dre il ricnr:do di un altro maggio, in cui aveva acwlto w n esultanza la venula di quella figlia che ora s'ergeva dinMlzi a lei severa ed inflessibile come un giudi ce. - Quando tu nasc,ivi, figlia mia , non im– maginavo certo che Lusarest i stata un gior– no cosi dUJ·a verso di me. Una risposta pieina di amar ez:iJa salì alle labbra di :waggio,rina ma non polè formu– larla chè la lroncò l'irrompe,re imp rovviso e festant e dei fandull.i. Venivano essi dai cam pi e portavano i 1 m1pregnati nell e Vesti i profumi della c,ampagna, e sulle braccia dei fasci di fiori vermig li. ~ È festa peJ· tutt i oggi. Le officine e gli opific i sono chiusi, le sLrade si affollano di operai giulivi ccl infiorati. Noi pure abbia– mo colto fiori 'per festegg iar e il primo mag– gio e il tuo ainniversario, Maggiorina. La madre aveva fatto un passo Verso di loro, poi si era fermata, fissanJdb la figlia con tanta a:ngoscia che questa senti cad ere il suo s<l~o-no, vinto soffocato da un senti – mento nuovo, risveg liato in lei dalla pieLù e, più ancora, dal fascino suggestivo di quella giornata primaverile , festeggiata co– me un simb olo e 1pr cludio d'un avven ire ra – dioso .._ Primo maggio! La festa del lavoro e della sua fed e, cli qu ell'ideal e che donava dolcezze infinite alla sua anima retta, vi– sioni di gi ustizia alla sua men te avida dli veriLà.. Come si sonl iva. div eirsa, nel suo grandio so sogno. da cruella donna folle che aveva cercalo lontano , nell' immorali lil e nell' error e una fel icità che solo può clare il compimento del pro pri o dove, e, da cruella disgraziata che aveva forse scontalo con torm ento di anni, la foll ià di un gio;.,,o... Diversa sì; ma ,proprio supC'rior e? No, che non esiste supe riori tà nella virtù che non sa capire ,. chp non sa piegar si sulla colpa .. Gome una luce fulg ida attraver sò la sua ani ma ... Sua madre era stata colp evole per – ehè debole, nerch è non aveva sorti to da na– tura quel l'equilib,. io morale che ren1d,3va in– vece cos ì oncsLa le-i. e< 'Ecco - conc luse a sò stessa, con tutte le mie i.dee liber tarie, io J)arlo r:<l agisco come la più arid a bacch et– tona >1 e pro seguì ad alla voce : - Sa è le.sta per tutti [)erchè non dovc<rcb– be c.,s.scrlo per- noi? Questi fiori serv iranno non a fes!.cg~iarc i I mio ann iveroario , ma il ritorno inatteso d ella mamma. Abbrac– ciatela ra gazzi ; Pssa è tornata colla prim1a– v0ra e coi fiori di maggio .. MARIA SAV ARE' CERRI. Piccole e grandi verità il nonno si driz zò, gucciolanle di sudo,·e , s'asciugò la front e, si poggiò sul manico del– la falce in allo di breve ripo so, guardando i lunghi argini dell'erba fal ciata e la dist es11 dì quella ancor diritta innanzi a sè che at– tendev a di cadere Lu/ta, prima di sera , souo il largo giro delle lam e, ben m.artellatc al– /' 0111 bra del salice. Anche il nipot e giovine/Lo sostò con lui e si pose in uguale att eggiamento. - Quant' u erba medi.ca )) cresce adesso in qu esti prati/ - disse il vecchio. - E nes– suno ce l'ha proprio seminata! Quando tuo padr e era grand e come te e si fienava qu i insieme, come noi adesso, non se ne vedeva una pianta. Da quando Genesi o de la cascina portò la semente di u fetes teria >1 e la seminò nel siio pra/o della Piana - chissà come? - s'e piantata dapp ertu/lo. - È il vento che por ta la semen te, babbo ! - Già - dicono tutt i che è così ! M eno male che è un'erba buona che rende rnolto e che fa bene al bestiam e J - E rtiù sì falcia e più rispunta - osser– vò il nipote riprendendo il lavoro. - Così fosse qui con noi anch e quella testa calda di tuo fratello grande - sospir ò il vecchio, rotando a destra la /alce per ùnitarlo. Ci fu un istante dì silen::.io, poi il gioV1:– netto abbandonando la falciata a raezzo, esclamò: - Babbo , guardat e : anche se lo condan – nano, anch e se ne condannano cento altr i come lui, il socialismo cont-inuerà a di{/ on– dersi e a rispuntare come l'erba medica! Orm,ai è seminato e il vento dei terapi lo porterà dapper tu/Lo /.. - Porse ... sì ... , testolina ma tta anche tu .. 1l1a dùn1ni un poco: sarà poi un'erba buo – na quella? - O babbo! Sarà qu ella che g-ua-rirà la miseria dei poveri e l'ìngiust-izia del mon– do; quella che farà morire certa graraìgn a e certe ortiche che seminavano i padroni sul nostro cammino . ,- lo dovr ei farvi rispellare la fede dei vecchi, fi.glioli ... Eppure.. voi sie/e galàn– tu01nini!.. Anche tuo fratello è un gran bravo ragazzo e dal 11 circolo )) non tornò mai ubbriaco, come tornava quella buona anima dì nostro padr e che pure andava an– che ai vesp eri.:. Ed io sono rispeliato da voi e dai vostri ca1nerati. Non so pcr chè io deb– ba sentire tant e parole brutte contro di voi da quell i che sono signo ri ed istrui t{ .. - Carne siete ingenuo, padre! È una qu e– stione d'interessi.I Il socia lismo ci sveglia e ci /a recla1nare << il giusto )) quando lavoria~ nio ed i signori non possono più pagarci con la fame, come una volta e farci piegar la testa sul solco come i buoi! .. Ma senza la nostra fatica, finalm ent e, neanche la loro minestra non cuoce .. La ricchezza del mon– do viene dall e no stre braccia: bisogna far– cele valere, per amor e di tutti gli s/ruttat-i del mondo, per la gius tizia futura! - Sen ti, ragaz::.o. lo sono vecchio ed ho JJOchccose da /ar e nel morula, ma se il pre– te mi conta . ancora tante cose brutte conào i socialisti, io gli rispondo che vario a pre– gar Dio nel Circolo, perché m.i pare che la religione più vera venga di là. - Bravo, bravo nonno.I E lo farete que – sl'anno il primo maggio ? .. - Voglio venire al comizio, com'è vero ... che in qu esto prato c'è l'erba rnedica J - Vedrete, babbo , che garofano rosso .. .! B mostreremo che nell e case proletarie più lo sì falcia e più il socialismo rispunta I VE.RA . CENSURA .

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