La Difesa delle Lavoratrici - anno V - n. 8 - 1 maggio 1916

Ci aflerran del bisogno i rndi artigli, .\1enlre la strada ne corrompe i figli. .Hadri noi siarno per l 'ango scia e il pianto, Non per cantar su rosee· culle un canto. Ah , salyezzia non ,-i è, fin che umiliata è la matel'l1ilà, e per molte, ko p<pe, w1 sup– plizio, anzichè un orgogli o, una gioia di– viTia. Fin che la donna, per procurarsi il ripa– ro dalle loll e della vita materiale è costrella al comp leto sacrifìcio della sua vita senti – mentale, cioè dell'essenoa stessa della sua vi ta, non vi potrà essere felicità uniana. Il socialismo vuol dar e alla donna l'indi'P en – denza economica , dignità di viba, libertà di scelta e d'ulllione ; vuol e che i suoì nati tro– vino nel lor o ingr esso alla vita. un ambiente sereno , di pace. d'a mol'le, di sole; le miglirnri disposizioni per orescere sani, intellig enti e buoni , e ciò non dipenda dall'airbitrio e daHa disc.rezione dei singoli, rnia si8. un siITTceroobbligo collett ivo della società ; il so– cialismo vuole che le martiO'i dlel lavor o, le dispensier e di booesseire e di gioia, le fat-– tri ci di vita abtbiano il posto che loro spet ta, non sian o 1,:, inerti del cervello, le reiette dal baITTchetlo della ,ila, le ciech e, le vinte , le rassegnate. Donne lavoratrici, per la sal– vezza dei Yosbri figli , -per la vostra gioia, per urna <più equa distribuzion e del lavoro e della ricch ezza social e, per una maggior somma di felicità umana , votatevi a qu ella santa idealità che si noma socialismo, ohe vuole la pace, la fratellanza, l'amor e, la so– lidari-età umana, int.ernazional e; che canta la gioia della vita, anche quando la morte miete e trionf ,a inghirlandaba dalla pazzia. Giovani, ricorda.l,:,vi che l'Idea con voi , finirebb e; per le compagne vostre , per le madri. si ])eil1)etuerà nei figli, arra di nuove feconde vittorie. Bari, Apr ile L9!4. RIT.< M .HEROITI. Io non posso oggi inneggiare al primo mag– gio, la festa del lavoro e dei dirilli umani. C'è troppa gent e che piange, che impreca, che si dilania, che si v"ilipende.. La fralel– lan ~a umana. è un'i rrisione - la marcia per la civi ltà si è fermata - l'odio si è scatenalo - la prepolenoa dei forti non ha limite - la crudeltà e la barbarie imperano e distrug– gono. Il sole di maggio illumina oggi troppo sangue, troppe tombe, tropp o dolore. lo ri– sorgerò alla vita e alla speranza quando la guerra sarà f.iTlila, quando gli uor11,ini tor– neranno fratelli, quando la nuova alba di una inte sa interna-:ionale ci' ritornerà quel socìalismo che non deve essere il monopolio di un gruppo, ma la fede ardente e pura di tulli i popoli. LINDA MALNATI. oxoxoxoxo xoxoxoxoxoxoxoxoxoxoxox Da Hu dessus de la mèlée (.Al d19'opra della mlscbia) S'insegna al fanciullo il Vangelo di Gesù e l'ideale cris tiano. Tutto, nell'educazione ch'egli ri ceve a scuola, mi ra a stimolare in lui la com prensione intellett ual e della gran– de famiglia umana. L'insegn amento su pe– riore gli farà vedere, al di là delle differen – ze di razza , le radi ci e i1 tronco comune della nostra civ iltà. L'arte ci fa ama re le sorgenti profonde del genio dei popoli. La scien za c'impone la fede nell'unità della ra – gione. Il grande movimento sociale rinnova il mondo, ci addita lo sfor zo organi zzato delle classi lavoratrici per unirs i nelle spe– ranre e nelle lott,:, che infrangono i coofini delle na zioni. I geni più luminosi della ter– ra cantano, come Walt-Witman é Tolstoi, la fratellan za univ,:,rsale nella gioia o nel dolore ; o, come i nostri ingegni latini, col– piscono ccn Ja loro <'rit.ica, i pregiu dizi di odio e d'ignoranza che sepa ran o gl'indivi– dui e i popoli. Come tutti irli uomini del mio tempo, io 1 pure suno stato nutrito di qut<Ste idee; ho procu ratr, .a mia volta, di mettere in co– mune l'alimento spirituale co' miei fratelli piu giovani o meno fortunati. E quando la guerra è venut.a, non ho creduto di doverle rin.n,:,gare, perché ern giunta l'ora di met-– \érle alla prova. Sono stato oltraggiato: io sapevo che cosi sarebbe avvenuto e rimasi bersagl:o allo offese. Yli son trovato dunque dallo scoppir, del– la guerra, assai ricco di nemici. E io ci ten– go a dir loro ch'essi possono odiarmi. ma non riusciranno a insegnarmi l'odio. :\"on ho nulla di comune con essi. li mio compito è dir e quanto io credo giusto e umano. Che questo piaccia o che questo 1 irriti, ciò non mi riguarda più. Io so che 1 le parole dette faooo da sè la loro strada: le semino nella terira insanguinata e confi– do: la messe spunte rà . R0 )1AIN ROLLANO. L-1, DIFESA DEL1'E UVORATRICI eanti di Maggio -~ Se lu dal nero lronco secolare frond e e fiori sai trarre, o Marygio, ancor, ment re s'ciama lucente l'alveare e pispigliano i 11idi i1i mez::;o a i {ìor; - e per gli argini verdi le fìuniane gonfie sospingi via dai monti al m,ar ecl ·tm incenso di /ragran:e arcane fai da la lena al cielo va pora r ; - Se pel ?nare e pel cielo e per la terra, tutto fr eme e s'innova nel tuo sol, dinnni che treg ·ua ne l'umana guerra rechi,, o bel Maggio, e al millenario du ol ! GIUSTO CALVI. Chi U ha senti li i canti dei contadin i in Maggio? E i vanno avanti, avanti , cantando pel villaggio nel fi or degl.i stornelli i canti dcll 'am ore ; e rose han ne' cavellì, ed han la gioia in cuore. Cantano; e pr emio è il carlto dell 'ansi e e del lavoro. Crescon le messi intant o che si faranno d'oro. Gurno MAZZON!. O Maggio del la·voro, al tuo sorriso A rd on l 'aure non pur, ma i cori alfi.ne ; Balza il Titan , che giacque egro e deriso, B dei tuoi rossi (tori ornasi il crine. Si ra vvis ano al tuo splendido viso Le campagne , i tuguri e l'offìcine ; Fervono delta nu ova umana prole L e libere frat ern e opere al sole. O Maggio della Pac e, a te soltanto Puman votivi inghirlandati alt.ari, 11 te dà gloria dei poeti il canto, A le dan lampi i fecondanti acci.ari; O Maggi o clella Pace, o Ma(Jgio santo, §-:-Oss~~od~l t~e 0 co~~l~ù~;:mt;r~ero{ o~~}~ari; Palpita a te, come un sol cuore, il m.ondo ! ~,r,\IHO RAPISARDJ. Oh ben venuto colle rose in tesla, Mese di Ma ggio, mese degli amori! Oh ben venuto primo maggio , festa Della natura e dei lavoratori! La man cercò la man, oltre la cresta Dei mont.i, i fimni algenti, i territori Cotti dal sole! nella stretta onesta S' era,_ean le menti, e si addolcian o i cuori. Or la catena è salda: il vecchio rnondo Che a Cristo e al re dava puntello il boia Serrar sente la spira al collo ·intorta. Di r ose !,•offocatelo l'im mondo! Di gfostizia o d'amor, vur ch'egli muoia E tosto, il modo di morir che importa? SEV:ER I NO RERR·AA ,J,.. RAGGIO DILUCEDIFEDE - Voi volete dunque sape re, Suor Angela? E ad un cenno affermativo della monaca, dal viso bianco sotto le bende candide, l'amma lata ,parlò con quella voce velata che hanno i mo– renti, voce che sem bra già divisa da lla mate– ria, \"i,brazioni dell 'ult ima scintilla vitale, ba. gliore di un incendio che si chiamò vita, flui– do etereo che tende a ricongiungersi coll'eter– no tutto scomparendo nel nulla. da e buia, e dorm iro in uno sta nzino che prendeva luce da uno spiiraglio sui tetti. Malgrado le fatiche e maJgrado mo1ti past i fossero composti più di pata t,e che di carn e, , presi in poco tempo un aspetto florido, ed an – che piace nte. Molto svjl upp ata ,per la mia età, avevo il colorito fresco, le laJ)bra tumide, gli òcdli scu ti e le trecce nere ed abbondanti : 1 mi trovavano bella i bottega i ove mi recavo a far la spesa, mc lo ripetevano i passant. i lan– ciandomi cert e parole oscure, me lo diceva i1 padroncino seguendomi da un a camera all'al – tra come so fossi la sua ombr a. Io non capi– ·vo: ero pura come la purezza, e non sa liva sino a tocca rmi l'alito infiammato di mille de– sideri che conobb i, e dai quali fui tra.volta più tardi. P.rovavo solam ente, forse perchè chiusa nel– la bre ve cerchia di ,poche came re, il desiderio \pazzo di correre al sole, di pr emere coi piedi pudi sulla terra calda, di ba.o<YTiarrni alla pri– 'ma rugiada e immergere le braccia nude nel– l'acqua della font e lasciando sgocciola.re da.I– le dita le goccie piccole òai mill e colori sotto /1 riflesso del sole. · Così passarono due anni sino a che un gior – no la rnag r:,riore delle signorine , chè mi man – Uava di na:scosto della mamma ad aspettare ~d .un certo ang olo un ufficia.le per conseg na.re ~ n cevere una lettera, so1,prese il padroncino a J'ivolgermi delle frasi tenere a giurarmi tu t– •t.o•Jil .~ore ecc. E la padirona mi cacciò \licendomi che ase\'O una bellezza tro.ppo sfac– ciata e clJe le corrompevo il figliolo. Uscii con l'ult.ima mesata , ooci1e !ire, pe1·· Chè quanto pqsse devo lo man davo regolarmen. t,e ai miei e, sicu ra di non aver null a da rim– , proverarmL fidente nella mia forza e nella mia , giO'ventù, non volendo ritornare all a vita gra- ~a u~e~~~?o l~~~t1~i D~w~ip~~.i?~~fai~i c~:~~ ne indi cata una \·ecchia che metteva a posto le ragazze e questa dopo qualche preambolo mi disse che aYeva la famiglia che andava bene per me. Mi presentai e venn i ricevuta da un .signore di mezza età il qua le dopo di avermi gua:rdato <la.l crupo alle p'.ante e vice– versa, mi disse che ,potevo riman ere, che mi flssaiva in attesa che sua moglie a.rl 'iv,asse dal– la campagna . Ebbi vitto sano ed abbondante, una cameret- - ta uu lita e credetti d'aver acciuffato 1,a fortu– na.. Ma una notte l'u sc:o della mia camer a cedette alla legg era pression e di una mano ro- ~~!~ts:1 n~f ·~i:~e~ls::rou\~i~i~t~ 1,~f~ i dolo.re della mia verginità venne coperto dal vento ohe .scoteva rabbioso gli a.Iberi del giar– dino. Nessuno udì, nemmeno Dio ! La suora dhinò ancor più la fronte per.chè gli occhi non incontrassero alt.li occhi dai fo– schi lamp~gi. - Dopo qu.alche mese l'uomo, che pe-r ac– quietar .e il mio pianto il mio tormento mi aveva fatto mille promesse ·, si eclissò lascian– domi qualche biglietto da cento sotto un fer– macarte oltJ·e al quartie,rino a.rnmobigliato ed a poche cinid1e ,parole che mi a.vvertivano po– ter contare sulla benevo lenza dei suoi amici ai quali 2(VJ'ebe fornito il mio indirizzo. Piansi, smaniai, imprecai, resistetti fino al • l~QS:Sihile ma io .non avevo aroato qnell 'uomo, non aveyo quind-t nemmeno UQ povero ricordo che mi son-eggesse ed accettai quindi r;:i,sse– gnata il mio destino. lnfin e non era lo scarso pan nero della mia casa umida e fredda. E da allora per un periodo di circa sei an– ni diedi amorè per denaro, mi la.sciai bacia.re da mille bocche st.ringere da mille braccia . - Son nata tn un pae sello del quale non importa Yi dica il nome: pensate a -poche ca~ se nere ed umide. con le finestre piccole dai vetri rott i, attorniaU; da lunghe interminabili distese di acque semi-stagnanti ove si coltiva · una pianticella che dà la ricchezza al padro– ne, ed al povero una scia lba, minestra e ìa febbre. Avrete un 'idea dell'ambiente ove creb– bi bambina e vissi giovinett a. Alzò la fronte la dolente sorella e ull brivido passò. attraverso il suo cor,po vergine d'ab– b~acc~, le martellò_ le tempia, le passò per le d!ita smo alle unghie •rosee d.ella mano bianca. E si chiese mentalmente perchè ella aveva do– vuto 1ifugiarsi in convento alla morte del pa– d.re magist ra to in una piccola città di prov in– cia che,, credendo macchiarsi d'onta avrvian– d,o la figlia ad una p,rofes .siooe. od un jmpiego, I av·eva aJle.vata ,pel matrunomo, e l'aveva vi– sta ,sfiori.re nella vana attesa sino •verso la trentina non possedendo una dote da porre nella sinistra a colui che offriva la destr a. Per chè? ,perchè non vi è pane e a.more per tutti? Ah, l'atroce ,percihè ! - Una mattma - continuò l'ammalata men– tre il ricordo buono le tingeva di rosa le gote smunte - fermai un uomo per il mio triste mestiere. Mi guardò, scosse il capo e tirò via. Volli insistere e mi rispose calmo: venite. Eravamo in molti in casa, e non sempre vi era pane per tutti : udivo spess o i miei fra– tellini che piangev,a no per ave:rne, senti vo mia madre, povera. donna, che li sgri dav a o li bat. teva p,erchè l'avevano rubalo salendo su l ta – ,·olo ed arrampican dosi, magari con l'aiuto delle sedie, sino al cesto attfLccato al soffitto nero e umido contenente un pane scu ro ed aspro che si faceva solamente ogni quindici giorni. Ebbe un susslllto nella bocca pa llid a, la suo– ra china sulle coltri bianche, e quella, che lo indovinò rirprese: - Non credete, Suor Angela, t he vi sian o al mondo dei poveri, molto poveri pur lav o– rando, che non hanno pane per i lorn figli. vesti 'J)er le loro membra, legna pel focolare? SI.o per morire: vi dico la ve1ità. Io ~lavo d1.mqué, Mme vi dicevo poco fa. quando tornò in paese una raga zza ch'era a .:;ervizio in città f'd il desidPrio .çli cambin re In, mia vita g1lama m'indusse ad accettare il suo rtiuto per trovarmi un collocame nto. I miei genitori? \fa . ad essi non parve vero di 1ev;:irsi una bocca di torno, e non intendo di farn e loro una colpa, perchè ho imparato che la miseria attutisce, atrofizza anc he il sent imen– to materno, anche I'::imore dPi gt,'nitori verso i fìyli; inoltre e~si credevano che eiò fosse una posizione civ-ile. Avevo qua ttordi ci an ni e la· sciai dnnque la mia casa col ~olo vestito che avevo indosso e ,pochi soldi annodat i in u-n:1 cocca del fazzoletto: non temere, rni diceva la, mia compaesana, avra i gli abiti smessi dall e signorine e mangerai la carnè ogni giorno : e queJle parole mi risonavano in fondo al ruo re cornP ,;:e rni avessero promesso la fe– liciUt. Entrai dunque a servizio presso una fami– glia non troppo numerosa ma, assai esigente ; marito e moglie ron tre fhdi: due signot"ine ed un maschio se<licenne. Dovevo accudire allf.'.' faccende grosse e sfacchinaJ\·o tutto H giorno a lucidare, a larvare, a spolverare, a rigover– nare perchè la ca~a avesse un aspetto gaio e riposante. Naturalmente ~:e aivevo un momen· to di sosta dovevo rifugianni nella cucina umi- M'i trovai poco dopo 1n una cameretta bian– ca e p ulita ove sulle prime non vidi che dei libr i. Y1"i po'rse una ta zza di latte caldo e la mia sorpresa a.mnentò quando mi chiese con voce calma: chi siete? donde venite? raccon– tatemi crualche cosa della vostra vita. Chi si era mai presa la briga di saipere co– me e per chè io fossi quella che ero? Il viso non bello ma calmo e gli occhi dolci del mio int erro gato re mi ispirarono fiduci a e pMI3:·i,. par l~i a ~ungo, narr ai il mio lun go martir10 e r1tro1Va1 le lag rime di quella p rim a notte, dei rprimi giorni del mio calvario. EgJi mi ascoltava fum ando lenta ment e e mentre io parlavo e ip~ange,vo ancora afferr ò una penna e sc risse a lun go febbrilmente. Pi ù tardi trova i nelle sue cart e lo scritto di quel– la serv, un lramm{l!1to del quale conservo ge– losame nte sul mio cuore. E traendo dal seno un fogno ingiallito in– terrog ò. Debbo leggere Suor Angela? E poichè quella assent ì lesse con accento if.pìrato ment re gli occhi le lucevano di feb– lne e di amore lo sclitto dell'uomo che l'ave · va redenta: e( Ma la pro stituta m'ha detto: Fi-atello è tl'i– ste lo scempio dell'e s,sere mio. Dal marcia.piede sul qua le basisco di famr e di freddo, spiata dal len one, rincorsa dal 1poliziotto; alla luce che mi ricaccia, purulen – to e der iso carcame, sul giacig lio o sulla pan– cn, anatomica dell'ospeda le; aUa 1,olla anon i– ma del cimitero su cui non germ ogliano viole e rose, tutto è onta, tutto è fango e miseria a mc d'intorno . E l'infanzia spa ruta, sulle cui gote smorte le pupille hanno riflessi paurosi, mi ha steso timidamente la mano implorante il soldo che non è la vita di un anno o dì un mese, ma l'agonia di ogn i giorno di ogni ora. Più lugubre ancora nella sua figura spet– tra le la vecchia cadente , levante al cielò le braccia scarne come in un supremo imp eto di dolore , ha singhiozzato lungamente chia• mandami col iene:ro nome di figlio! Tra la prostituta ed il fanciullo, la vecchia cac1enLe, spolpa di car ne, sulla quale legge~i come scolpito grado a g.rado l'inc edere un ~– form e dei secoli borghesi sui quati urge n – bra1~e il piccone demolitore. Ab, l'inte ndo l'opra caina dei tempi e p_el du bbio di non aver comba tt uto abbasta nza m rp1ro'dei mise ri, quando ,più incomb~ la notte de2'li an ni sul mio destino, io vogl1-0 ancora pu{/nare e morir e, mor i.r e pugnando! n E portandos i piam enle il foglio alle labbr a riprese: - Quando mi ·alzai per andarmen e egli mi disse tenendomi lieve 1~1 , ma.no: - Rit o1nat.e,, !:,e "i fa piacere. E tornai spesso a bussare timidameni e alla sua porta poichè amav o quell'uomo che mi aiveva rivelato u.n mondo così diver •sO da quel – lo t he conoscevo, Finchè una sera, forse ave– va letto nei miei occhi la m,uta preghiera, la devozion e g:rand e, mi disse con ,·oce che sa.– rpeva di pianto: rimani, ti voglio bene ! Fui così la sua compagna per parecchi anni ed . egli ebbe rper me affetto e cornp3:Ument~ anche quando la mia scarsa educazion e m i rivelava così infer iore a lui. M'inse gnò a legge.re e scrive re, e poichè ap– prendevo rapid 1amente, mi diceva spesso che se fossi nata in un altro ambiente sarei ma – gari diventata una donna da far onore al mi o ~esso. lo ridevo perchè mi 1pare,va già W1a gra n cosa bella senti re parole buone e affet– tuose invece di bestem mie, essere accarezzata lievemen te invece che battuta e insultata. E mi par eva di ave.re già raggiunto un gra– do altissimo dando ordine alle sue poche cose e preparandogli la cena qiuando tornava dal lavoro ; oppure quando silenziosa lo vegliav o mentre scriveva -per il suo giorna le che parla– va parole di amore e di speranza a tutti i poveri 0, tutti gli oppr essi. Ma auand.o scop'l)iò la terribile gue rr a la mia paèe finì.; '5'infranse la mia Yita. Egli do– vette !).artire e mi di'Sse con uno straziant e sorriso: tonnerò. To1ìlerà, ma io non sarò più. E così è, così sarà. Ove mi riivolsi pe.r aiuto, dop o ohe in qual– che mese ebbi speso anche l'ulUrno centesim o di quanto mi aveva. lasciato, mi chiesero : Av•et,e le cart e? Siete sposata? Non ebbi cuore di bussare altrove ,perchè mi sembrava che facessero a lui una colpa immerita .ta: non mi aveva -sposata ma ave-va fatto di più, mi a•ve– va ,sollevata da un abisso. Volli lruvoraire, ma poco p1,atica guadag nai pochissimo e durant e l'inverno soffrii la fame e tret'na i di freddo e di accora.mento sotto le coltri gelide pensand o al mio caro lontano che forse non tornerà. Poi ebbi la tosse e la febbre ed eccomi al– l'osp8dale dal quale non uscirò che morta, lo so, lo sento. Però vorrei ,rivederlo. Ma gli uomini son o ingiusti, perohè egli scrive, e Yoi avete letto che non può 8/\·ere I.a licenz a perchè dalle car– te non ri sulta ch'egli abbia la mogq~ inferm a. E per la prima volta egli ha una parola di maledizione. Tacque e volse gli occhi a.Ila finestra attra– verso alla quale passavano coi raggi del sole il profumo della primM·era, del maggio nu o– vo. L'a ria iportò al suo oreéchio le note di un inno che l'av.e,va sempre fatta f.rernere insi'e– me al ricordo della festa in cui andavano gio– iosi, insieme a-d alt.ri, .lei ed il suo compagno. E nel _ricor:<io caro tese le braccia in un impeto <li rumore .esclamando: È lu i, egli vie– ne, egli canta ,< in <pro' dei miseri io voglio , ancora pugnare e morire, morire pugnando!)) Così sia, disse la suora chinando t.ra le pal– me la fronte. E rivolse la sua p1regihie-ra al Redentore che deve ancora liberare il mondo, all'aspettato dalle ~enti mi,sere e doloranti, al Socialismo - ORSEITA. I corpi degli uomini sono le opere d'arte create dalla donna. Date ad essa facoltà di controllo e non le getterà mai a colmare gli abissi scavati nei rapporti umani da ambi – zioni e cupidigie interna:ionali. Una donna non dirà mai: (( Prend ete e straziate dei corpi umani: e in tal modo risolvete la qu estione!)) Cpme lo sculto ·re ricor r erà al sacrificio di qual– siasi og(Jetlo anzichè a quello d'un capolavoro statuario , così allo spirito femminile si pre sen– teranno subito tutti i mezzi di com.pen. .si e di arbitrati at.ti a sanare le contese tra le nazio– ni 11rima di ricorrere, per sup'r emo sforzo, al sacrificio umano . OLIVE SCHREINER. A vanti! - è il nostro grido, col quale protendiamo tutto l' animo nostro verso un migliore avvenire, verso un'umanità che abbia scacciato da sè i pregiudizi, tutti i pregiud iz i ! Avanti! - è il nostro foglio quotidian o di affermazione, d'incitamento , d i lotta, Proletarie d'lta/la ! - quel grido vi raccolga sotto il fiammante puris– simo vessillo delle idealità socialiste , con ferma fede, con decisa vol ontà . Proletarie d'ltalla ! - dite ai vostri figli, ai vostri fratelli, a i vostri pa– dri, che un solo giornale, l'Avanti! , è degno dell'appoggio e dell'affetto di tutta la gente del lavoro . L'a vvenirre C un edi{ì cio misterioso che ci co. s~ruiamo n oi stessi colle nostre mani nell'oscu – rità e che deve ])iù lardi servi r ci a tutti di di. mora. Oh! perch è noi lo costruiam,o oggid ì per ab~larlo domani, po~chè esso ci attende, poi– che esso sen:..a dubbio ci prenderà, /onniamo– to dunque questo avvenire con ciò che noi a&– biamo di m."ialiore nell'anima e non con ciò che noi abbiamo di peggio; coll'amore e non con la collera. Facc iamo lo rad ioso e non tene– lnoso. Facc iwnone -u.n 11alozzo e non una pri· (rione. V! CTOR Huco.

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