La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 11 - 6 giugno 191

II babbo è tornato La bimba spinse l' uscio adagio adagio, att enta a non ,·er sar e la ~ nto la di mines.tra che og ni giorn o il :.\I.urticipio dava ai bimbi po,·eri come lei. La luce era inc'erta: sebb ene fosse an– data in quel mo mento a prender e la mine – ?tra , J1on pare,·a me z?ogiorno , l' ora in cui il so1e , bat te sulla finestra del pianero tt olo , e le foglie dei g erami. nei . vasi. sembr a:no più ,rerdi e il rosso dei fiori sembra un fuoco. La scala era in una me zza oscur iità melan – conica ; i g erani pa re,·an o scur i, co n la ter– ra se~ca. abbando nat i da temp o. l,;na gr an– de tristezza pesaYa sul piccol o cuore della bim ba .. Er a quella luce incert a o er aino quei gerani abband onati, o la pentola di mine– stra che le sta.n.ca" ·a il braccio ? Sì t utto que sto : ma era anche il pensiero ·che 1 la casa era ,-~ota. la taYola n uda , che bisognava ca.mmmare piano pian o per non sveg lia re Gmetto, coprire la minestra perchè n on si raffred dass e troppo . andare a prendere Lina dalla scuola e biso gnaYa non g iocare , non guarda re le figur e sui libri perchè la mam – ma coi pochi soldi che le da,·a il Govem10 non poteYa comperare tutto a 1 suoi bambi– ni e mandare qualche lire al babbo e an– da ,·a per ques to da otto giorni, in campa– gna a laYorare. dicendole prima di uscire: - Laurina , mi raccomando a te! - ½ bimb a ap rì l'uscio adagio. . adagi o ed entr o. Che cos'er a accad ut o ? Percfl è ? Il fno co era acceso nel camino e si span– de, ·a per la stanza l' odore della buona mi– nestra della sera. che la mamma prepara– va mentre lei e LL.-i.aspiavano dalla porta se il bab bo torna,·a. Sulla tavola era di– st esa 13' to,·aglia bianca e luccicava.no le StOYiglie; i Yetri della credenza, riflettendo la fiamma , si arrossa,;ano come di un pic– colo incendio. . La bimba si ferm ò meravig liata: il brac – cio le doleva per il peso della )'entola. ma non c'era più la mezza luce della scala e quella sunz.a illuminata dal fuoco , quella t~,·ola bfanca lucente di sto,·i glie. pareva.no d1:Ie molte cose buone. ::;on se.1tiva più la tristezza sul cuore . Gn grande avYenimento si era certo compiuto. Il babb o era cer to tornato : senza di lui non era possi bile quel– l'alle gria di fuoco . di luce . il buon odore della mi,nestra. non er a po ssibile sen :.irsi tan- - _ ta gioia dentro. Si an· icinò all'us cio de lla stanza: do,·e Ginetto dormiva , sicura che là dent ro do– ve va essere anc he il babb o. In fatti si sen– ti1,a !o sciagu attar e dell'acqua nella cati– nella. proprio co me qua ndo. la ser a . prima di meae rsi a ta,·ola il babbo si ripuli \·a dal grasso dal nero dell'offi cina e veni,·a fuo ri coi ca;>eHl ancor a umidi, respi rando forte di soòis fazione . La urina chia mò : « Babbo ! " . E la cara buo na YOCe le rispose: « Lau– r::ia ! ,,. La bimba pensò. per un momento, che Gi– net:o si sarebbe s,·egliato -e avrebbe pianto sicuramente perchè non c'era la mamma e lei av rebbe doi,·uto du rar molta fatica. come sempre. a quieta rlo: ma fu il pensiero di un attimo. c'era il babbo che sape va far ces– sare il pianto del bimbo con mille giuochi e f.arlo ridere di quel riso lungo. felice, do po il qua le invar iabilmente , co ma ndava: u a,n. cora ! ,,. Cn altro pens iero le attr aversò la mente: il babbo, forse. trovav a stran o che la mam– ma non fosse in casa e se ne inquietava. Volle spiegare : « Babbo, Lina corre sempre: ha giit le scarpe rotte ed io anche. La mamma piange APPENDICE 41 Pagine di vita Dvpo qualche iem po ero cbiamaia a }Ii/a– no pH le pratiche. Trovai mfo rnarit.r1nell'Gffi– cio del Presidente del Trtbunale. Con \'O(;I~ ter– m:.i narrai f){:rchb vùlevo dividermi legulmente da lui, perchè volevo i bimbi affidati ali,~ mii: cure. Il Presidente trovc, giustissime Jr-:mie ra.girJni e si rivol~ a mio marito. Egli crJnVr-:rJ– ne che qua.ntù avevo e~posto era vero; i db~ lieto di :.1f'fldarmi i bambini, rhi:rbarido"i per,J iJ diritto d.i \e<lerJi e ., 1.-rli ternrJrJraneamr:nle d urante il periodo delle va.ca.nze; si obbligo vo– loniariarnente a pa<,;;armi 40 lire men . .,iH i: f1iù. se le :-,uecondizioni ave,,~ero rnigliorat.r.J. Chie~P. però di consegnare i 1Jarobini :;oltanto nel lu– glio p. \'. perche \·oJeva r1ro,·vOOerJi d.. tutto il neces~a rio e prepa rarsi a que-st,J distar:er,. Acct::tia1, sorpresa deJla di lui tondi ,.,.,irJ~n– za dopo tutte Je sue minaccie. !\"elruscire, ei chiese di accompagnarmi " fiJ de ferenti~.-.;imo; si 1rattenne con me a. pranm per pa rlarmi dei bambini. Tagliai corto ~Ila sua galanteria e partii. P as!=-=arono i mesi: i vecchietti mi -.cri..,.,no eh 'egli non si faceva ,·eder più e non pa~ava da parecch io tempo . Accorsi a ~Jilano O\'e ri– trovai i bunbi sani ed allegri. Scrissi a mi,J 1..A DI.FESA DEw.E LAVOB.ATmJCI peréi1è itu non hai soldi e dor mi sulla terra e ti feriscono . E an da ta a lavorare in cam– pagna : tor na che è qua si sera , rossa rossa, stanca e vuole che scr i\'a anch 'io du e pa role nella lettera per te . T,i vuol ma ndare dei sol– di. se man gi poco e per gli sigarj. Io vado a prende re la minest ra tutt i i giorni, ma non è buona come la nostra )). Il babb o, sempre nella stanz.a chi usa. le disse par ole che non distinse be.ne , ma che dove vano esse re molto buon e, per chè ella ne era tu tta lieta . Fo rse le diceva: (< Adesso sollo 1tornato: La mamma non and.er à più iin can1pag na e non verrà più rossa rossa e stanca : cuci rà un vestitino nuovo per i tuoi fratell iJ1i e per te . perch è i ,·ecchi sono lo– gorat i. Prepare rà da desina re, e la sera, an– de remo fuori tutt i insieme , sot to gli alberi, che sono grandi , v.erdi e a.desso co minciano a fiori re . Dai cancelli dei giard ini vedremo i bimbi correre e tan te ta nte rose. ::-J.e ain– der ò a prend ere un mazzo grande anche per te , che sei buona e brava! >). La urina si era seduta e a,spetta va c'i1e il babbo aprisse per saltargli al collo e baciar– lo tanto tanto tanto, come quando era tor– nato dall ' Esposizione dopo molti giorni di ass,e-nza. For se aveva anche stavolta con– fetti e balocchi per lei e per i frarellini. For– se a,·~eva per lei una bambola con le scar– pine bianche e le fibbie di argento ed ella si faceva insegnar ,e dalla mamma a 1 farle un vestitino tutto a pieghe. . col colletto di trine e .il nastro di velluto. 1'Ia no, forse non av.e• va la bambola e neppure i confetti. -:\'iente di male. Meglio andar la sera a pas segg io con la mamma e il babbo a veder le rose , che g iocare con le bambola fredda , muta che non si muove nemmeno a chiamarla mille volte e che è solo per le bimbe piccine. Kon fini\·•a ma.i di lavarsi? Lattnina aspet – tava con un desiderio sempre più vivo .in cu i era anche una punta leggera leggera di do– lore. Il ricordo dei baci del babbo sl confon– deva per lei nelle •ima gini di •una sera .felice: i babbi e e le mamme sedute sull'erb'a, coi piccoli clte si a~do rmentavano già sulle gi– nocchia; tre gioNan1 cantano storne lli e la lc:ro voce arr iva certo lontano; lei ,e le altre bimbe si rincorrono, cadono , si levano senza piangere e pare che le erbe , rotte dalla cor,;a e dalle caid.ute, sprizzino profumi; in cielo vi è un disco lucent e di luna e mo lte ste lle. ne ssuno. dice che, per i bimbi , è ora di an– dare a letto. Laurina senti"a che col bado del babbo sarebbe torna ta anche la feljcità di qudla sera così diversa.. dalle altr e \'e11ute poi si. lenz.iose, scure: con le do nne che si affac. cian o sulle port e a inter roga re e a raccon– tare , ,piangendo ; sar ebbe tornata co m'e rano tornali il fuoco che incendia va sempr,e i votri della credenz ar la tavola ap parecchiata. l' odor e buono della minestra 1 ed ella lo a– vrebbe tenu to str ett o str,etto e gli avrebbe eletto: <( Non parti re p,iù; senza di te io .non r~osso giuocare 1 no n posso ridere , non can– tiamo più la sera. E qu esta casa è scura da far pa•ura e mi fa male· il braccio per que– sta pento la che pesa pesa .... >1 L 'uscio si moss e, cigo land o forte, Lau – rina ebbe un g rido di g ioia : « Babbo ! )> E ap rì gli occhi. Il sole entra va nella tanza. accendendo fiiamme in un o specch io, ne lla cor nice di un quadro , arricchend o di oo 'irid e la nudit à della pare te . La mamma andava e veniva nella stanza accanto e dall'u scio aperto si udiva il so ffrigige.re del lardo e de lla cipolla sul fuoco e se ne sentiva l'odore. Laurina a\·ev·a sul braccio la tes tina di Ginetta ad– do rmenbato . Si guar dò Mtorno 1 capì e la tri– stezz.a che ne l sogno buono, era scomparsa tornò a pesarle sul piccolo cuore. ·· « La mamma - diss e - prepara il sot– fritto prima di andare in campa g na. per far– ci la mines tra sbasera. Il babb o è forse an– cora alla guerra! >) E si chin ò a baciare la testina de l fratello addo rmentato. appass iona tamente, come per effondere su lui la tenerezza che era stata vera nel sogno ed era vera nel risve glio. 1 MARIA GorA. I======= == == I 1LCASTIGO DEL BUON DIO Ada . - Aveva propri.o ragione Don An– tonio, il parroco, quando ci dice va: Il mon – do è dive.ntato troppo cattivo e il buo n Dio un momento o l'altro ci manderà un ca– stigo trem-endo. Ed è venuto: la gue rra , la terribile guerra dre ucaide a milio·ni e mi– lioni i figli d'ogni pa;ese, porta la fame, le epi<lernie !. Rita. - Grazie ta.nte della bontà dd tuo padre Eterno! Ada. - Cara -mia, Iddio è buono ma è gi usto •e il parroco dice: La malvagità uma– na è giunta al ,co lmo , è esaunita la cle– me.nza divina! Rita. - Senti io proprio credo che se il L' INTERN1\Zl0N1\LE marito ch·ero li per ritirare i bimbi, secondo qu<J.nt.o s·era convenuto; s'egli voleva soddis fa– re n.1 suoi obblighi con quei po\·eri vecchi. Quel– la sna m'ero fermata fino a ta rda ora coJJ es,. cii. Hitornai al matt ino colla speranza di poter decisamente sta bilire la pai-tenza. Qua l non fu lr:1mia Mrpresa, qua ndo i vecchielli dole11timl disc;errJch'egli era giun to du rante la nottP li avr•v;.i. fo.tti vestire e portati via, lasciando· :t.d essi una c:unbiale! Egli aveva l:t.. ">Ciato un bi– glietto per me, cosi concepito: 11 Ride bene, chi dde ru!timo ! ,, II mio sdegnrJ flùn ebbe limiti. Hicomi1Jcia1le rirerrhe. Fui al tribunale e in questura. Fui :L )1onzr1, a SerP~rr10,a D"sio, a P:u:letno, dovun,. r1ue egli prestava c;ervizio; tutti erano sdPgnati con lui: tutti avevano a lagnarsi del suo con ~gnrJ inq1Jalificabile - dicevano. DC!hiti li– tigi, soperchiPrie. Ma nessuno sapeva ove roS.~ Hicf!rr:;1..i tdlora di que-;la signo,-a Maria. Venai a crJnO~•were il suù toKnorne, trovai la su:i. ca.~a. Ell 'n:.J. in villegg-iatura, in campagna, nou si '-:1f}P\'fJ. d(JVE:. La qu,:slur:1 mi fece ri.vvertita cti·Pgli si tro– \'rt\'t..t r,r,,s-.o Somma Lornba.rdo coi bimbi, con una c.;i)2'nora che -~i diceva sua sorella. Resi esr!– <·uliva la ~nt,~uza di separazione, per la ,·on– sr•,:ma dei bimbi: quante noie! quanta huro– crazi:1 ! A una mia lettera, Beppe :n·ea rbpr1sto c·he c1 nulla av~va da dirmi))_ :\oliofratello C(Jn un amico si pre~entarono a chiedere i bimbi a Coa rezza, vicino a Somma. Jnta nt.o mio marit o da Milano mi scriveva presso mio frate llo, cbe m'atte ndeva al Gam. iJrinus. Mia cognata gli aveva risposto che io (e nulla avevo da dir gli n. Io giun gevo alla sta• zi•one di Somma. Mio frat.cllo mi venne incon– trn. - I bimbi sono con noi disse; la signora si disperava temendo la vendetta di Beppe, ma poi si persuase . Essi sono q ui all' albel'go. Li trovai un JJO' spau riti; li confortai coi miei !1oiçi. Partimmo da Somma e il mattino se• g1:tenle da )1ilano per andare presso i miei genitori. Colla mamma fommo toro in !reti qualc he camicina. Avevano il puro vestito cbe indossavano. E men venni a Gonzaga. Ero sta– la riconfermat a :.vi una nimità. T primordii fu. ron dur i. Dovevo accompagnar meli in biciclet– ta a scuola, sul parafango, un po' per uno, eol freddo, la pioggia, la neve. Po i li misi aJ. !'a.silo. P iantai su casa. comp rando una cosel– t;i.alla volta. 1 primi momenti non avevo di che cnmbiarli. Piu ta rdi ebbi qua lche aiuto da ca– " ;J, da lle_cogn:tte. 2\1io marito non sapeva SP fossi rimasta a Gonzaga. Ad ogni modo mi s<:ri~:;eiosolentPndo, minacciando. Dopo alcu– rd me-si rni giu11<;eun Lelrgra mrna. Mio fra.Lello 111'avvert1va d1'egli era r111J1to in quella noLte e che varti~i subito. Hirnnsi di sasso. :-:on credere, mammetta, mi disse Arturo e lui che telegr afa; fa apposta perch~ t11 ,·a<la presso a lui e ti tratterrà ... e ci lascierai -,oli. tuo buon Dio senti sse queste belle cose che il suo miniSitro, il tuo don Antonio. va di– cendo di lui pr otester ebb e ' seniamen te e lo richiamer ebbe imm edia tam ente da questo mond o per chieder g li con to di que ste c.a.– lumlie. A da. - Ì\ on scherzare in questo momen– to, non bestemmiare; ma già, voi aUri so– ·cialist i non crede te a flUente, non aVete fe– de. negate tu tt o! Rita. - :( o. non scherzo e neppure be– ste mmi o, anzi è il tuo parroco eh.e bestem– mia il suo Dio e te lo spie go subito: prima di tllltto noi socialist i non neghiamo niente: solamen te 21 ch i preten de descriverci. perfi– no nei miinHi particolari , che so.no poi i dog mi della chiesa, come è il principio ciìea– to re della \·ita, e il mlistero così complesso della nost ra stess a esigqtenza neJle sue mani– fes-taziolli del corpo e dello spiri to, noi ri– spondiam o : « X o, voi non sapete la verità ultima.. perch è la scienzai,non l'ha potuto an– cora sco p-rire; voi rirnve ntat e e perciò men– tite )). A chi poi chiede a noi la spie gaz ione. di questi .grandi misteri riispondiamo since – ram:enre. onestamente. <( Non sappia mo ! e oi chiniamo rispettosi, pensosi dina nzi atl– !'ig:noto )>. I 1nostri preti, invece 1 fogg ,iano a loro modo e somiiglia.nza1 un Dio , lo c'hiamano padre e bontà infinita e po i.. poi gli af– fibbiano tutti .gli error i, tutte le makag.ità umane ! Un ingordo mangi.a a crepapelle e per una potente indigestione muor,e? Eb– bene è il buon Dio che l''ha chiamato a sè ... ma no, dico io, è il suo stomaco che ha, pro– itestato e si è ribellato definitivamente. Cos ì adesso: le minoranze capitaliste dei dlv,ersi .paesi si contenidono i mercati del mondo; l'arma della concorrenza commerciale non è più sufficienrt:,ealla lotta , ci vuole or ma i la forza del numero deglii uomini e de lle armi; ed esse, complid nec essar i e artefici primi due paz.zoi<li coronati, lancia.no una contro l'altra, ~n una car111e.ficina orribi le. le foll,e che prima sfruttaivano, frustavano, J,entam ente negJi opifici , neri fondachi, trascina11do seco popoli deboli e g-o.verni pacifici . E tutto que sto è Dio che lo vuole! Ah, lo fate molto giusto il vostro buon Dio! ,punisce Con la carneficina, la carestia gli operai, i co ntad,;ni se s'ubbriae' a.no con un catt ivo vinaccio nelle loro bettole, s,e, corrotti fin dal l'infanzia della triste promi– scu~tà aHa quale sono obbliga.ti nei loro an– gusti tuguri, peccano e ... e non colpisce ù ricco che s'ubbriaca di vini spumanti nei suo i lussuo si ritro vi 1 c~ne col suo oro cor – rompe la bella fig\iu.ola del popolo che la– vora nei suoi opific i, nelile sue campagne, nè co lpisce coloro che co.n malvagia pr:emedi– taz ione hanno rotta la solidarietà e la pace socia le. Non, non insultate così atrocemente il vos-tro Dio che volete imporre anche a noi, ·presentan dolo così incoerente da v,endicéllre il minimo er rore in ch i visse nell'igno ranza ;mpost a dagli altri e.. tollerare indulgenite l'infamia in chi ebbe il mezzo di istruirsi d'an·ic inaire la sua mente alla ,·eri tà ! G. lvioRo LANDONI. A un capora le francese, la cui moglie fu in– ara vi data da un (( barbaro i,, fu chiest o che co– sa inten deva di fare. Se ella insisterà di abor– tire, l'aborto, legge o non legge, sarà fatto. Se ella vorrli portare a termine la gra vida11:.a, ciò sarli di buon grado anche da lui accettata. E quando il bambino sarà nato, se ella vorr ei al– levarlo con gli altri suoi ftali, ciò le sarà con.– cesso. Se invece mostrerà d'odia r e questo bam. bino, egli lo prenderà e lo (t vort erà in dietro u i11 Gennania e in qualche mo do ve lo lascierà af{ìnchè i di lui compatri otti ne prendan cura : l o cred o che questo caporale fr ancese sia per– fettamen te 11el giusto. r.a 1nadre, dovo tutto, deve esser la sola a dover dfre che cosa del suo ba~bino se ne debba far e. Questo è il modo pi ù rag 10nevole per ris olver e il dolorissim.o pro– !.il"PHt. 11·. l. Dott. R0BINSON. - :\"o, teso ri. mai più soli, sempr e colla mamm a. Ma ero turbata. ~ Milano fui accolla da quella donna per chiedere le ultime notizie di lui. Era morto improv visamente, d'un assalto cardiac o. Avea ricordato me, i suoi figli ; ci aveva invocali. In – sieme lo accompag nammo all'ultima dimora e com1>rammo dei fiori. Dodici anni prima io avevo fatt o il viagg io di nozze, piena d'amore e di speranza ! Stesi la mano a quella donna, a quella zia :viaria che aveva pur nel \'ollo segni non dub– bi di sofferenza e che i miei bimbi ricordava – no. E tornai al mio lavoro con un senso vivo di malinconia, ma an che di liberazi one. A Gon– zaga tornai alle lotte quotidiane. Seppi l'amò– re che non è un \'incolo, ma un dono: conoh• bi anco r più, di qua nta tort ura possa esser fonte un'unione indisso lubile fra due esseri che non si ami no; alla stregua dei fatt i appr e– si ad odia re anco r più le mass ime istituzi oni borghesi: la proprietà privata, il nodo indis– ~olubile, i pregiudizi socia li, le forme anti – quate d'u n regime che si rnostra ogni di più di,.;ndalto :dio !=;pirto dei tempi e ai bisogni i11dividuali e collelivi e chiudo queste mie pa– gine di vita a uspicando temp i migliori e am– monendo le donne a sape r valer e e voler e e unirsi tutte ai loro compagni per cooper are alla 1·igenerazione umana. R ITA M AIEROTTI. F INE.

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