Critica Sociale - anno XXXVI - n. 5 - 1-15 marzo 1926

CRITICA SOCl'ALÈ 69 mente tutti gli ordini privilegiati, le corporazioni, le « giurande'», che erano tante espressioni del divorzio del popolo da se stesso. La rivoluzione politica can– cellò in quel modo il carattere politico della società ci– vile; essa la decompose nei suoi elementi costitutivi: da un lato l'individuo, dall'altro gli elementi materiali ed intelletluali, di cui la vita e la condizione privata di questi individui è fatta» (8). · Lo Stato « feudale » è lo Stato in cui la classe feudale è lo Stato; cioè quello Stato in cui gli at– tributi della sovranità spettano non allo Stato ma alfa classe. Ciò che è « politico » (sovrano) non è lp Slato, ma la classe, perchè essa ha immediata– mènte la giurisdizione. Lo Stato « religioso » è lCl Stàto in cui l'imperio, il comando è della religione, non dello Stato. Nello Stat9 culturale, nello Stato « cristiano », ad es., lo Stat.6 è strumento della re- 1 igione è questa rche gl'ingiunge ciò che deve fare. Ld Stato non ha bocca in queste cose. La religione gli: dice: questa opinione è eretica, e lo Stato deve vietarla; quest'.·uomo è miscredente, e lo Stato de– ve punirlo; questa fede è'giusta, e lo Stato deve proteggerla. Insomn;ia, nello Stato di classe, di par– tito, o di culto, esso non è autonomo, non ha la propria libertà. l:ibertà ed autonomia sono sol– tanto nella classe, nel partito, nel culto che do– mina. Lo Stato deve obbedire a ciò che prescrive il partito, la classe o il culto. Ma lo Stato conquista la propria autonomia) di– Yiene uno Stato « politico », un · « vero » Stato, quando la classe, il partito, il culto si separano da esso, e vivono una vita propria; quando lo Stato non è più la cosa di una classe ·o di un Cl!_lto, ma separa da sè la classe e il culto, e vive una vita propria. Il « vero » Stato comincia ad esistere quando la religione, la pr:oprietà, il costume si se– parano dallo Stato, e si danno un'esistenza in– dipendente come culto, mestiere, professione, co– stume non più provvisti di sovranità. Cessando la sovra~ità della cl13-sse (come è nello Stato feudale, .in cui il feudatario dà il diritto e lo amministra), del mestierie (come nella corporazione medioevale, che è anche organo dell'amministrazione muni– cipale), del culto (come nello Stato cristia_no, in ~ui non è permesso essere ebrei, musul_maru o atei) ; detta sovranità rimane nello Stato, che solo allora diviene un « vero » Stato, padrone di sè, capace di atti indipendenti di fronte a tutte le classi, a tutti i culti a tutti i mestieri e a tutti i cittadini. Questo St~to veramente sovrano è lo Stato li– berale borghese, le duè idee combaciando; ciò che dimostra che solo nello Stato liberale la bor- ghesia è classe sovrana. . . Finalmente Marx conosce una <( associazione politica » che non è p"iù lo S_La~o; ~ è precisa– mente l'oraanizzazione ammm1strativa (o « po– lita >> nel s~nso tradizionale della parola) che si dàrà la Società Comunistica. Nel Manifesto dei Comunisti era detto: « Alla vecehia società borghese, con le sue classi e coi suoi antagonismi di classe, subentra un'~ssociaz~~– ne nella quale il libero sviluppo di ciascuno e la condi~ zi~ne del libe1,o sviluppo di tutti ». Questa «associazione» non avrà punto i ~:at– teri coattivi ed autoritarì, nel senso della hm1ta– zione delle facoltà individuali,. dello Stato. Si tr_al– terà di un'organizzazione puramente anarcluca, inteso per « anarchia » la cessassione dello Stato. Nella circolare del marzo 1873, sulle pretese scis– sure dell'Internazionale, Marx scriverà: « Tutti i socialisti intendono per anarchia questo: raggiunto che sia lo scopo del movimento proletario, cioè l'abolizione delle classi, il potere dello Stato, che ;,erve a mantenere la grande maggioranza produttrice sotto il giogo di una minoranza sfruttatrice poco nume– rosa, si estingue, e le funzioni governative si trasfor– mano in semplici funzioni amministrati.ve• (9). La società comuhistièa non è ehe un'organizza– zione economico-amministrativa, in Yista della produzione dei beni ,economici. Tutti gli altri fini · d'una società: cu1turali, etici, igienici, etc., sono affidati alla iniziativa delle associazioni partico– lari. Gli stessi fini di polizia e di buon ordine so– ci~l-e possono essere cons<:\guiti nella stessa ma– niera; poichè I a v-era « repressione » criminale, non essendo condizionala che dalla esistenza del– le classi, e qttindi dalla neoessità di « imporre , il rispetto di determinate forme, in una società comunistica perìetta non ha più ragion d'esse– re ( 10). Il problema della libertà· si deve considerare in relazione a ciascuno di questi ambienti, che cir– colano inlorno alla sfera della produzione vera e propria. Noi vedreII10 che ,per Marx l'idea di (< li– berazione » non è concepibHe se non in riguardo alla Società senza classi. ( Continua) ARTURO LABRIOLA. Pèr"la terra chi lafarendere"· nella Gran Bretagna Il '' Proletari ,, agri col i e salari. In Inghilterra più che altrove, col sistema dei Ire compartecipanti: landlord, proprietario della terra; farmer, fittavolo; labourer, coltivatore salaria_to -:– quest'ultimo ha minor probabilità che altrove di usci– re dalla sua condizione per salire di un grado a quella di piccolo proprietario coltivatore o di fittavolo. Negli altri Paesi dell'Europa nord-occidentale e ~elle comunità rurali di tutto il mondo - nota la Relazione - i fatti pren:iinenti sono che la maggioranza dei con~ tadini hanno l'uso di un po' di terra per sè; che e~s1 e la loro fatnialia non son pagati con salario in denaro; che la massa dei contadini non è spiccatamente inferiore a quella dei cittadini; e che l'occupazione di salaria~i è considerata come uno stadio temporaneo attraverso 11 quale il contadino progredisce naturalmente verso la occupazione della terra. . . . Se mbra infatti che il solo salario, anche se 1D m1- ' ' ·1 sura aiudicata sufficiente non basti a trattenere 1 con- tadin~ sulla terra se ali ~rnnchi la speranza di conqui– starla. Un'indagine s~lle vicende della popolazione di • (9) Ciò che ha fatto gridare _ad alc~ni .scr_illori eh~ nel marxismo erano anche elementi dottn.nah d1 anarchismo. Certo, al Iimite, ogni soc!a!is~o pr?l~ta1:io è ~na~~hico. ~la la differenza fra gli anarch1c1 e 1 soc1al1sl1 sta m c10: che 11so– cialismo prevede l'abolizione dello St~to corr:ie co~seguenz~ della cessazione delle classi, mentre I anarch1sm~ mv~rte 11 processo e fa dipendere la ce!i;azione delle classi da_llaboh: zione dello Stato, e quin~i pulli~ sullo Sla~o. _La quesh.one d_e1 rapporti fra anarchismo e mar:'1smo è bem~s1mo es~~mala lll Max Adler, Die Slaalsautfassung des ,l/arx,smus, \\ 1en, 1922, pag. 27J. e seguenti. (10) Humboldt dice\'a benissimo:_ Il v_er? scopo dello Stato deve essere quello di condurre_ gli .U?I?11D1, per mez~o. d~lla libertà, alla associazione, la cm att~v1t~··: _possa. so_st1tmrs1 a quella dello Stato •. - Saggio su, l1m_1l1dell a=ione del~o Stato, traci. ital., 1925, pag. 99. - Ogm. persona eh~ ~bbia riflettuto su questi argomenti _non tro_,-era nessui:ia ~1fficollà ad ammettere che la repressione dei reati (pnval!) possa essere il fatto di organizzazioni private. f: la repressione sta– tale dei reati che ha introdotto nel mondo la crudeltà.

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