Critica Sociale - anno XXX - n.21 - 1-15 novembre 1920

Ct\1T1CA SOClALE riti educativi della sua propaganda e il buon lavoro _ quotidiano di organizzazione amministrativa, coopera– tiva e sindacale))? Certo in queste parole è scolpita la concezione della tradizione classica del Partito. Ma dove sono le ragioni per ripudiarla, per rinnegarla? Nè i nuovi venuti ardiscono di domandarci tanto, ed anzi si industriano con gran pena a dimostrare che essi sono nel solco della .tradizione luminosa. · Che più? Il Serrati stesso, dopo averci così graziosamente spacciato come mummie uscite dai sarcofaghi egizi, quando si volge con maggior gravità e ponderazione a polemizzare con quelli che' egli chiama « estremis– simi » non sa fare capo che al socialismo della tradi– zione, tanto per non dire immod~stamente _che_ ci ruba gli argomenti in casa. « Costoro - egh scnve e 11ccenna agli estremissimi - non si preoccupano che per fare la rivoluzione occorrono almeno i rivo– luzionari, il primo nucleo almeno ». Come! Come! Mentre noi siamo travolti, affogati nell'onda rivoluzio– naria che ci pesa sul capo come al' naufrago, Serrati cerca « almeno >>un cc primo nucleo » di rivoluzionari? Chi' saranno' costoro? Che enimma è cotesto? Che cosa con questo motto ha il Serrati voluto dire se non che la moltitudine massimalista rivoluzionaria che ci va sommergendò, per diretto di coscienza, di educazione, di organizzazione, di preparazione, non . dà neppure un cc primo nucleo » di rivoluzionari alla rivoluzione? Ciò, a dire il vero, ci pare persino esa– gerato. - Nondimeno tutta la epistola serratiana ne ri– badisce il concetto riuscendo una eloquente predica– zione della necessità di istruire, educare, organizzare il proletariato e di apparecchiare gli istituti della rivoluzione... come se il Serrati venisse da Reggib! EoJi. dice che gli estremissimi sono fuori della realtà e 0 della vita : e< La rivoluzione non si fa senza gli op•• portuni apparecchi e non si mantiene senza gli indi– spensabili istituti che la fiancheggiano e la sorreg– gono. Conservare questi istituti significa permettere alla rivoluzione di consolidarsi e di estendersi )), E an– cora : cc Fare la rivoluzione non vuole tanto dire in– citare l'atto violento risolutivo - il quale, secondo io penso, non è ché una necessaria conseguenza di tutta una situazione e viene quindi quasi fatalmente da sè · - quanto il preparare gli elementi che ci diano la possibilità di approfittare, come Partito, di questo ine– i•itabile atto e di trarne tutte le conseguenze socialiste che sono consentite dai tempi e dall'ambiente». E con non minore chiarezza : « Il compito del Partito Socialista non è dunque, secondo me, tanto quello di condurre le folle in piazza - come pensano i roman– tici della barricata, quanto quello di approntare tutte le forze dell'assestamento socialista, indispensabile per consolidare il nuovo regime e renderne possibile il definitivo trionfo >>.E perchè il passatismo di Serrati dla dei punti al nostro che lo mette tanto di buon umore, l'epistola chiarifica ancora : « In q u-esta opera <li « rincalzo >JdelJ.a rivoluzione i_] Partito Socialista italiano è forse il più preparato. , Noi abbiamo una fitta rete di Sezioni, di Sindacati, di Coo-perative. Noi abbiamo nelle nos.tre mani - ed in questi giorni ne andi:arno. conquistando a centinaia - non •pochi Comuni, mentre i ni:rovi organismi dei Consigli di fabbrica si vanno lentamente elaborando. Possiamo, s-enza tema di esagerazione, aff.erm.are che gr,an p,arte dell'Italia, -che l'Jtalfo. opera,ia e p-roletaria, l'Italia evoluta, è con noi. Chi vuole la rivoluzione davvero non può trascurare questo dato di fatto, non BibliotecaGino ,Bianco può _pretendere ch-0 si dimenlic!Hno le necessità della r1costruzi~ne per avere solamente di mira il fati•) meccanico, e i;1ev'ilabUmente spontaneo, dell',azione violènta e definitiva ». Coerentemente, Serrati diffida il blocco coi sinda– calisti e anarchici, quasi che per 1 'cc attualità>> che egli coltiva contro di noi, inattualissimi, si fosse ri– promesso di avallare la domanda contenuta nella no– stra mozione per « la netta esclusione dalle Sezioni della Internazionale dei gruppi anarchici e sindaca– listi n! Ciò è fata.le , inevitabile in chiunque, quale si sia il suo geloso i furore di frazione, ha respirato nel tempo la quintessenza del socialismo di Marx e si è impregnato del senso del materialismo storico e lo conserva ad onta d<i)llenuove correnti, per quanto nu– merose, prettamente reazionarie, idealistiche,. volonta– ristiche, e, per dir tutto in una sintetica parola mar– xista, utopiste. Eppure ... noi siamo rimasti fermi mentre il mondo camminava!. .. Un momento. Come ha camminato il mondo e come noi avremmo dovuto seguirlo al passo? Il mondo ha camminato in quanto i contrasti inerenti al regime capitalistico sono scoppiati nella conflagra– zi~e degli imperialismi, da noi antiveçluta e tempe– stivamente preannunziata al Congresso Internazional~ di Basilea per la voce. che ancora risuona, del nostro immortale Giovanni Jaurès. L'elogio di un tale cam– mino è terribilmente equivoco nella penna di un rivo– luzionario che ha, com~ noi,_più di noi, se gli piace, oppugnata la guerra... rivoluzionaria! Noi, per conto nostro, continuiamo ad' oppugnare il « rivoluzionarismo della guerra ll, la quale ha sostituito ad un equilibrio instabile di imperialismi· un imperialismo pii:1avido e più assoluto coi suoi monopoli politici ed economici, manifestamente trasmodanti e tirannici. Ciò che rico– nosciamo è la sollevazione appassionata, violenta dei proletariati delusi e massacrati, che insorgono a chie– dere. conto alle borghesie nazionali di ciò che hanno fatto, ben deci~i a cacciarle dal potere. In una situa– zione siffatta si è disintegrato il processo evolutivo del socialismo che supponeva, come processo normale, di conserva la trasformazione del metodo di produ– zione e la coeva ascensione al potere del proletariato. I proletariati sono spinti al potere dalla rovina politica delle borghesie, ma attraverso una montagna di ma– cede economiche, la quale è l'antitesi perfetta di quella prù intensa concentrazione organitzata del re– gime capitalista, che era. la premessa metodica del potere pro\etàrio' in senso socialista. Infatti la distru– zione, la carestia, lo spezzarsi di tutte le economie, la disorganizzazione di tutti i servizi pubblici, ecc., che· sono le caratteristiche emergenti della crisi· bor– ghese, nessuno può dire che debbano sparire per l 'as.– sunzione del potere della classe Iavoratricè, essendo condizioni che permangono e fino ad un certo punto si aggravano, col trapasso violento del potere, come ne fa chiara testimonianza la Russia stessa. Il comu– nismo non ha la bacchetta magica della ricomposizione del distrutto e dell'abbondanza da sostituire alla ca– restia. Se - a cagion di esempio - l'Italia è sul punto di chiudere le sue fabbriche e di avere un eser– cito di disoccupati, presti agli estremi cimenti perchè manca il carbone e l'esosa Inghilterra mette un dazio feroce, proibitivo sull'esportazione del prezioso. mi– nerale, questa circostanza non si rimuoverà per un atto di rivoluzione, fors 'anc.he si rincrudirà; e quello stato di cose che si argomenta comè esclusivo e spe-

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