Critica Sociale - XXIII - n. 14 - 16-31 luglio 1913

CRITICA SOCIALE 221 quella fitta rete di organizzazioni economiche e di opere di resiRtenza, di cooperazione e di coltura operaia, che costituisco_uo il terreno nel quale l'albero socialista può veramente approfùndire le sue rarlici. Ma, nell'istituire confronti con l'estero, le cautele non sono mai troppe, tanta è la differenza delle, condizioni di ambiente, che li rendono spesso fallaci. Invero, Inghil- · terra e Germania sono pae~i essenzialmente di grande industria, non di artigianato com'è il Reggiano. Ciò significa che ivi il sociillismo sch-ietto trova un'infinità di coefficienti favorevoli, che nel Reggiano l:!ca1·seggiano, e la degenerazione piccolo-borghese vi è quindi as~ai meno temibile. Per .la· stessa ragione, ivi meno è da temersi che lo sforno cooperativo sottragga troppe forze vi ve alla lotta socialista politica e di resistenza, fino a diventare in qualche moJo, piuttosto che l'aiutatore, il parassi_ta di questa. Tutto è sano ai sani, e, dove ab– bonda l'energia, il distribuirla è più facile, l'equilibrio e la proporzione fra le varie attività d'un partito e di un movirneuto corrono assai minori per:coli. L'equilibrio e la proporzione: ecco il punto sul quale ~- a pro-podito della cooperazione nel socialismo reg– giano - qualche dubbio può rimanere. Un fatt_o ci ;ie_mJ,ira. irr 0 eèusabile, sebbene da chi vi,ve dentro quell'ambiente non possa f'SSere foi·se sentito e valutato quanto da noi: - anche il socialismo rell'.giano, , che ebbe così splendidi inizii, soffre di stasi. Cote~to arresto di sviluppo è esso dovuto unicamente ali' am– biente economico. arretrato, o non anche al fatto che le forze e le capacità, spese altrove. per la _lotta di classe vera e propria, siano state troppo esclusivamente as– sorLite dallo sforzo tecnico-pedagogico, dalla preoccu– pazione particolaristica, della organizzazione locale coo- perativa? · Ancora: oggi è facile separare idealmente le Coope– rative dal Consorzio, e imputare, c.ol senno di poi, alla audacia soverchia che informò il Consorzio - al "passo più lungo della gamba,, - le delusioni confessate. (Non parliamo della forma. g;uridica della Società in nome collettivo, alla quale il Prampolini sembra adde– bitare una parte di responsabilità; sia perphè, data la mancanza di capitale. consorziale, tale forma doveva pres(lntarsi, commercialmente, come la sola possibile; sia perchè, supposta pure la forma azionaria, un even– tuale fallime11to del Consorzio non avrebbe reagito meno sinistramente - forsP, anzi, più - sul signifi– cato politico e morale di quel movimento cooperativo). Ma chiediamo: <'o testa costituzione dtl Consorzio, co– testo " passo più lungo della gamua,, non fu esso suggerito, e reso in qualche mtJdo inevitabile, dalla avvet·tita necessità· di cercare nella '.' Cooperazione in– tegrale " un antidoto socialista al particolarism·o e al– l'egoismo antisocialista, generati ·dal p1·evalere ecces– sivo dello spirito e dl\l · bisogno cooperativistico nel- l'assieme del movimento? . Inlìne: nessun dubbio che la Libia e la guerra, e la crisi generale e la contrazione del credito che ne seguì,' come danneggiarono tanta parte delle industrie capita– listiche anche le più prospere, tl!-nto più dovessero rfa– scire disastrose a .povere Cooperative di lavoratori. Fu codest.a, per altro, la cagione sufficiente e decisiva, o non piuttosto, c,orne a noi parrebbe, una semplice con– causa, coefficiente acceleratore di un ins11,ccesso, ad ogni modo inevitabile? Semplici dubbi, ripetiamo; e saremmo lieti se l'amico che ci scrisse, o lo stesso Camillo PramJi!ol-ini, riesciRsero a confutàrli con dati ai fatto. L'indagine, completata così, con la competenza e la spassionata probità di cui coòe.sti nostri compagni ci dànno pieno affidamento - 110n a ba•e di teoremi aprioristici, ma sopra tanto pre– ~loso materiale di fatti concreti - getterebbe, cre– diamo, q•ualche fascio di luce uon ind,ifferente sopra un problema <li metodo, la cui soluzione sicura inte– ressa così profondamente l'indirizzo e le fortune del movimento proletario italiano. la c.. s. ILLATO PSICOLOGICO. DEL S CIALISMO di CARLO PETROCCHI (presso la CRITICA SOCIALE) Pt·ezzo: LIREUNA. SCE'J."'TlCISMO Se la filosofia della storia si è ormai rivelala vana ed assurda, n~lla sua pretesa di spezzare in epoche la èorrente della realtà, assegnando a ci;iscuna di esse un'etichell~.1e al loro i_nsiemeuna legge di coor– dinazione è tli successione, per la quale apparisse lecita, anzi doverosa, la illazione profetica; l'espres– sione, che, in ·sintesi, racchiuda in sè il peculiare caraller-e di un momento storico, resta qual forma genuina, se non proprio elemenl.are, d'interpreta– zione : in quanto, anzicchè irrigidire la storia negli schemi preformati dell'astratta dottrina, è quasi un raccoglierne la sommessa voce, la trepida confos-. sione, assorg:ente dall'émpito delle cose in rovinosa fuga verso 11 proprio annientamento. Il « momento storico», del resto, è tale, appunto, in quanto se ne possa ritrarre un carattere, delermi- . nare un colorito, stabilire un no"me; in quanto possa assumere, .in chi sia a guard::ire, una qualsiasi c,on- · figurazione ideale, ed esser chiamato in un certo modo, che lo distingua dal precedente e cl.al conse– guente; che lo colga come generico atteggiamento, senza pretendere cli risolverne il groviglio indistri– cabile di pensieri, di clesiderii, di volontà, conver– genti, divergenti, opposti, o in lotta; che lo esprima come «psicologia», occhieggiante 'nelle forme più varie; e attraverso le più ascose vie, senza voler ignorare o sopprimere !'eternamente mobile e di- . verso. E così faUezze, altitudini, idee, opere, rice– vono tutte il crisma del «momento», come insieme immerse in una sola atmosfera di luce. Il colorito può apparire leggermente vario, a seconda de.i punti di vista: ma questi, integrandosi a vicenda, lasciano, il più delle volte, intallo il risullalo. Sicchè, in real– tà, il giudizio riesce quasi sempre unanime; e vive, sebbene talora no_n formulato, nell'animo di tutti, uniti, forse _loro malgrado, dalla necessità dell'unica constatazione. Ieri era la « vc~·itù» che splendeva nel nostro spi– rito: oggi è il « dubbio » che lo tormenta cd allri– sta. Il momento attuale si chiama «scetticismo». * ** Noi ne siamo impregnati, e vani sono gli sforzi per liberarcene. Lo scetticismo non è una dottrina: ma è la caduta di tutte le doLtrine. l~ lo smisur.ato prolificare, il riprodursi della verità in cento altre; e il successivo reciproco conful.arsi di queste, la loro conversione istantanea in altrettanti errori. La verit~1deve vivere sola : più che aver bisogno di un interiore atto cli fiducia, è fede essa stessa. La ve– rità «obbiettiva>> non è che verità « subbiettiva », adesione e, meglio, « ere-azione » psicologica. La verità implica negazione del suo contrario, l'errore; vuole perciò, di sua natura, avversari; li pretende per la sua stessa esistenza, vinti o da vincere, con– quistati o da conquistare, e dunque tutti, nel fatto o in potenza, domi. Assisa, paç\rona conclamata, tra cadaveri di vcritù superate ·e ancor.a innocui germi di nuovi veri, tra turbe di rimpianti e fermenti di vite, la ver.iLù è la sintesi istantanea d'un processo scnzu fine, l'attualitù della conoscenza in cui si rac– chiude l'universo. È la vittoria, e il trionfo. Trionfare può significare, in questo caso, preva– lere: ma sul scrio, cioè nella considerazione della più grande somma d'uomini, cui apporl.a sicurezza, lranquillitù, pace. La verità è il balsamo dello spi– rito. Anche per ciò va assimilai.a alla fede. Pone principi i certi:. così giova pure all'azione, che ne guada 0 na in rapidità e in sicurezza. La ripercus– sione di una conoscenza chiara e precisa nel campo della pratica è a tùlt.i noia. La riuscita delle nostre

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