Critica Sociale - XXIII - n. 14 - 16-31 luglio 1913

222 CRITICASOCIALE opere è in ràpporto diretto col grado di perspicuità della nostra intuizione e di nitidezza dei nostri con– cetti : con la nostra nozione della verità. Ma, se al prevalere di un modo di conoscenza si sostituisce l'equivalenza di varie forme del cono– scere, la verità va in rovina. Con essa son cento altl'e a disputarsi il terreno, ad aspirare al predo- . minio; e, per tale livellamento, è come. una improv– visa caduta cli valori. Il criterio della « bontà intel– lettuale», ch'è il criterio della verità, va intera– mente perduto; e, nella inenarrabile mischia, i pig– mei e i gnomi adeguano a sè i giganti, riuscendo bene spesso, nella varia vicenda delle fortune, ad aver corso per un'ora: come, nei fenomeni mone– tarì, è la moneta cattiva a scacciare la buona. Le « verità » diventano un indumento, che si può indossare o smettere a piacere: qualcosa cli este– riore, di obbiettivo, di meccanico, suscettibile di patteggiamento, di transazione, di compensazione, rit.agliabile e ricomponibile a volontà, secondo il momento, l'occasione, il bisogno. Sopra tutto, il bi– sogno. Quando ha cessalo di servire, la verità è co– me un limone spremuto. Si passa ad altra, per farle subire la stes,sa operazione e la medesima sorte. La verità è tale in quanto serve, ed è errore in quanto non serve; criterio unico di giudizio: l'utilità nel– l'azione. All'intolleranza dell'unica verità succede la toile– ranza per tulle le verità: ch'è indifferenza, utilita– rismo. Ogni verità può essere utile a qualche cosa: e meglio è farla prosperare e accrescere in pieno comunismo. La critica vanisce nell'autocritica. Pri– ma dell'avversario, sono io a debellare la « inia » verità: nella quale, olt.re l'azione, non credò, c'ome non credo in nessu na di t ulle le altre. Non ho una verità. Non c'è una verità. Non è possibile una ve– rità. L'universo è un mistero; e l'uomo un enigma nel– l'enigma. Senza punto di partenza, senza punto di arrivo, senza punto di consistenza. - « È? i - Sa– rebbe arduo il negarlo; impossibile il provarlo. Il «cogito>> cartesiano precipita ruzzoloni. Il gerogli:. fico resta l'unica realtà... Ma no: spazziamo via anche f{Uel!o, poichè non siamo in grado di affer– marne l'esistenza. Che cosa mai resta? g lo scetticismo. Chiunque, volgendosi attorno, può oggi ritrovarlo vivo e presente, in ogni forma di pensiero ..e di at– tività, in varii aspetti, sotto varie spoglie, uno e identico. Ma nessun dubbio che la sua espressione più schiella e ardita sia nel ca.mpo filosofico: come in quello, appunto, nel quale il pensiero ha da trat– tare e da accordarsi con sè medesimo, e dove la ri– cerca della « verità >>costituisce l'unico e il sommo fine. Altre età sono state paragonate alla nostra: quella 'dei sofisti, specialmente, con le ultime. sue propag– gini che arrivarono sin oltre il primo secolo, e con– tro le quali avvent ò i suo i strali la bruciante ironia di Luciano. Anche allo.ra, la lussureggiante varietà delle dottrine, la l oro rap ida ed esteriore propaga– zione, il loro accrescimento meccanico; anche al– lora, questo mostruoso fenomeno della «cultura>>, va11it:'1 senza sostam.a, giornèa fastosa ,senza inte– riore impulso di pensiero, grande bazar delle ve– rità per ogni esigenza e per ogni capriccio; anche al– lora, il tentennare dello spirito ed il brancolare del– l'azione, il buio nelle coscienze e lo squilibrio nelle opere. Si· è anche chiamato a confronto l'enciclo– pedismo francese della fine ciel secolo decimottavo: per più aspetti simile all'attuale, ma a questo cer– tamente superiore, per la fondamentale concordia d'i11tcnti e per la trasparente funzione sovvertitrice. Eppure qualsiasi comparazione qui è vana. Ogni fatto si presenta con suoi caratteri particolari, ha motivi e movenze tutte proprie; non può essere spiegato e illuminato che da se stesso. Lo scetticismo contemporaneo è il punto d'incon– tro e di eli!lione delle più varie e discordanti dot– trine, figlie quasi tutte dell'ultimo secolo e quasi tutte irrigidite nei contorcimenti del paradosso, di questa fragile seducente mostruosità, che il primo urto manda in frantumi e riduce nel nulla. L'ultimo secolo è stato, come nessun altro, fecondo di « ve– rità», e, unico fra tutti gli altri, ne ha operata la diffusione rapida, tumultuaria, violenta. Il mercato dei ·prodotti intellettuali ha superato in ardenza di febbre la circolazione delle merci, in prontezza e spasimo di movimentì la velocità delle correnti mo– netarie e la nervosa instabilità del valore dei titoli. È diventato pletorico, e ormai vive della sua con– gestione e, ogni giorno più, tesse della sua .stessç1. crisi la trama della sua fisiologia. Questo cosmopolitismo della coltura ha bensì fa– vorito mescolanze ed ibridismi, confutazioni e re– pulsioni per urto meccanico, ma ha assolutamente impedita quella feconda dialettica della verità, che si svolge per spontaneo interiore pro.cesso .di ne-. gazioni. Sicchè l'età nostra è diventata l'epoca delle verità adottive, e ha decretato il trionfo agli espor– tatori di verità; ai commessi-viaggiatori della filo– sofia, ai cambia-valute del pensiero. Ma, sollo altro cielo, fra altre genti, .in altre mani, un,1 dottrina, dopo un momento di falso rigoglio, avvizzisce ra– pidamente e, se non muore, s'abbandona inerte al– l'abuso o al mal uso, si deforma e si trasfigura. Anche la verità, sopra tutto la verità, ha il suo de– terminismo. Ma ciò doveva essere per necessità ignorato; e prima- ad ignorarlo fu precisamente la filosofia del determinismo: il positivismo. Il quale, nella inconsapevolezza del suo. idealismo, nella sua fantasticata obbiettività, ebbe l'illusione di scoprire la verità per tutte le latitudini e di distri– buirla con munificenza in tutte le direzioni. Si può così parlare di una mentalità positivistica, assai dif– fusa per quanto superficiale; di un dominio incon– trastato dei valori « scientifici », che impose' una psi– cologia e diede ùn colore all'epoca passata. Figlio e seguace del fermento naturalistico e dei sovverti– tori ardimenti della meccanica applicata, che fecero bella di prodigiosa vitalità la più gran parte del se– colo scorso, il positivismo suscitò ovunque i ·suoi assertori, i suoi apostoli, i suoi proseliti, e circolò nel mondo come-' la « buona novella >>della nuova umanità. Così, scaturendo. nell'Inghilterra dal vec– chio ceppo dell'empirismo, si raccolse in un nome - Spencer -, che fu riecheggiato da tutti i ·paesi; dove la tradizione materialistica assente o interrotta fu sostituita con i diretti richiami al sensismo del– l'Enciclopedia francese, e proseguita con alacrità di propositi. E la Germania vide, di fra le esauste ramificazioni dell'hegelismo, e attraverso la faticosa transizione del Lotze, rinverdire di nuove fronde il tronco della filosofia, .e, sia pure con espressioni varie (immç1nentismo, correlativismo, dbbiettivismo), corrervi la stessa linfa, animata dal medesimo im– pulso .. E n0n dissimile mpto di pensiero agitò la Francia e l'Italia, dove la scarsa o astrusa produ- 1.ione indigena ccclè il posto a quella importata, e insieme gli amori e gli onori. · Fu v.era gloria? - Affatto. Fu solo vera fede. Fu certezza: tanto più solida, quanto meglio riuscì il nuovo pensiero a soppiantare l'antico, a distrug– gerne o disperdeme le varie correnti. E, del resto, il valore intrinseco della dottrina qui è qualcosa di secondario, e tutt'al più può esser desunta, a con– trario, dalla sua abbondante virtù di appagamento,

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