Critica Sociale - Anno XXI - n. 22 - 16 novembre 1911
344 CRITICA SOCIALE sviluppo del traffico, e.vi si provò, insieme, a Venezia e in Anversa; ma urtò contro difficoltà locali. Dopo a- vere inviati a Venezia abili ingegneri, completati i fortilizt, rifatto il naviglio, avviati i cantieri, si av- vide che il progresso della tecnica bellica e nautica. aveva svalutato il porto di Venezia, Così come le nuove vie mondiali ne avevano sviato il, commercio. Il porto, ottimo per le vecchie galee, mancava di profondità pei moderni navigli di linea; le fregate non vi entravano senza scaricare l'artiglieria, quando il vento di sud e la marea non aiutavano. Ora, la possibilità di entrar sempre con tutta la flotta per l'attacco o per la difesa, è condizione vitale pei moderni porti di guerra. Bonaparte si avvide di un altro errore. Coi trattati di Campoformio e di Luneville, aveva scisso Venezia dalle coste orientali, ottime fornitrici di ciurme. Nel 1913, da Trieste a Cattaro aveva contato 43.500 ma- rinai; ora devono essere ben più numerosi. Dagli sbocchi, invece, dell'Isonzo fino a Ravenna, egli cercò invano una gente marinarci; i gondolieri e i pescatori delle lagune erano. genterella incita al gran mare. Vide allora (i Veneziani l'avevan visto fin dal X secolo) che il dominio dell'Adriatico è di chi occupa la costa orientale. Campoformio e Luneville avevano regalato all'Austria una razza di lupi marini, e lasciato a lui, Napoleone, il nome d'un porto decaduto, magni nomi- umbram. Per rimediare, riprese l'Istria e la Dal- mazia. Già Strabone notava che, mentre nella costa adria- tica italiana mancano seni e porti, la costa illirica ne è straricca. Durante le guerre civili di Roma, fu age- vole a Pompeo mantenere cospicue flotte sulle coste di Epiro e di 111iria, mentre Cesare, sulla sponda opposta, a mala pena riesciva a raggruppare un bran- co di battelli per traghettare le milizie. Le profonde insenature, le selvagge isole rocciose, i banchi di sabbia, che ovunque si protendono, le magnifiche cale d'Illiria e di Dalmazia generano uomini gagliardi ed intrepidi, e le raffiche quotidiane — sopratutto fra l'Istria e le Bocche di Cattaro — li temprano. Il dal- mata vi é avvezzo da fanciullo, e schernisce i venticel- li di altri mari. Ciò che gli manca è la disciplina. La pirateria riempie il folk-lare dei dalmati, come la ra- pina, l'antica poesia teutonica. Il dalmata ricorda gli eroismi selvaggi degli Uskoki, che, or è un secolo e mezzo, tennero in iscacco le milizie regolari venete e turche, e le cui gesta interruppe soltanto il trattato austro-turco del 1617. Gli Uskoki fan riscontro ai Co- sacchi, gli uni cacciati di Turchia, gli altri di Po- lonia, quelli terrificanti l'Adriatico, questi il Mar Ne- ro: quelli, prima incoraggiati e poi distrutti dall'Au- stria, questi dalla Russia. Trovati gli uomini, Napoleone cercò i porti e la flotta. Nel 1806 Beautemps-Beaupré, con parecchi in- gegneri, si decise per Pola. I Veneziani, alieni da far staziónare le loro navi fuori di Venezia, avevano tra- scurato Polli e sparso la voce che un banco di sabbia la rendesse inaccessibile alle navi da guerra. Beaupré accertò che il banco non esisteva e che Pola sarebbe un ottimo porto di guerra. Già due volte aveva ser- vito magnificamente all'uopo: durante le spedizioni in Dfiria e Pannonia, e, a lungo, coll'Impero romano. Il porto é vasto e profondo, e coperto, all'ingresso, da isole, munito da rupi alle spalle. Solo svantaggio, le febbri vicine. Gli austriaci si avvezzarono tardi a considerarsi ' potenza marittima. Per essi la marina era una appen, dice dell'esercito; uguali i gradi militari, uguale — 8 anni — la durata del servizio. La separazione della marina dall'esercito, come ogni progresso austriaco moderno, nacque dalla rivoluzione del 1848. Malgrado le esperienze di Napoleone, fino al 1848 Venezia ri- mase Puhico porto austriaco, e l'Austria se ne appa- gava, dacchè non possedeva vera flotta; ma solo 6 fregate, 5 corvette, 7 Briggs, 6 scialuppe, 16 piroscafi e 36 battelli armati; in totale 850 cannoni. Per punire la rivoluzione italiana, l'Austria trasferì la Scuola di marina, l'Osservatorio, l'Istituto idrografico, il navi- glio e il parco d'artiglieria, da Venezia a Trieste: la marina, così spezzata, ne sofferse. Si accorse infine che, quanto più Trieste si rivelava splendido porto commerciale, tanto meno si prestava a scopi di guerra: e, ricordando Napoleone, ripiegò, per questi, su Pola. Subito, mOre austriaco, anzichè di cantieri, la seminò di caserme; vi organizzò le difese col sistema del fuoco incrociato, che dalle isole può dirigersi al porto, e colte cosidette torri di Massimiliano, che dovrebbero impedire ai navigli di gettar bombe nél porto. Oltre i vantaggi strategici, Pola possiede il materiale per armare una flotta. Ha, tante querce quante Napoli. La Carniola, la Carinzia, la Stiria sono folte di pinete, che danno la maggiore esportazione trie.stina; la Stiria ha grandi giacimenti di ferro; per Ancona, Pola é il mercato più comodo; il carbone è ancora fornito dall'Inghilterra, ma le cave di Sebenico pro- mettono. I prodotti dell'Istria, germinanti da terreno calcareo, sopportano lunghi trasporti. V'è olio Abbon- dante; son vicine le vigne ungheresi; le valli danu- biane riboccano di maiali. Contro tutte queste condizioni favorevolissime al ri- sorgere di una potenza adriatica, non si erge che un ostacolo: l'Austria stessa. Se l'Austria, colla orga- nizzazione e col Governo attuali, diverrà grande po- tenza marittima e commerciale, smentirà tutte le tri dizioni storiche, che attribuiscono ogni prosperità marittima alla libertà. Previde giusto Carlo Morse? Così l'inno di Marx e Engels a Trieste e a Pola si risolve in una severa condanna dell'Austria, che non seppe far suo Pro di tanto felice congiura di circo- stanze. Molti anni passarono, e in gran parte i rosei presagi fallirono.. Colpa soltanto delle antiche e ben custodite tradizioni austriache? , N. Rjasanoff soggiunge: L'apertura del Canale di Suez non diede a Trieste la successione di Venezia: Trieste non vinse Marsiglia. La supremazia industria- le decise. Nei primi 'cinque anni dall'apertura del Ca- nale di Suez, vi passarono 4317 navigli inglesi, staz- zando 8.612.156 tonnellate, e soli 345 navigli austriaci, con, 335.307 di tonnellaggio. Poi vennero Fiume, il Gottardo, il Brennero a far concorrenza. Trieste oc- cupa ora l'ottavo posto fra i porti europei. Il com- mercio del legname è sempre il nerbo dell'esporta- zione triestina, Ma subì notevoli danni dalla concor- renza della Bosnia e dai diboscamenti della Carinzia e della Carniola. Quanto al misoneismo austriaco, la guerra franco- italiana lo scosse, ma non troppo. Sempre, in Austria, le mori Saisit le vit. Ancora oggi la fedeltà alle vecchie tradizioni forma il maggiore ostacolo, allo sviluppo so- ciale dell'Austria. Soltanto se saprà spezzarle, l'Au- stria potrà ancora salvarsi. • i. e.
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