Critica Sociale - Anno XXI - n. 14 - 16 luglio 1911

216 CRITICA SOCIALE quei bei resultati di indole morale, che abbiamo pri- ma accennato. Prendiamo la provincia di Alessandria: qui i voti sono stati così distribuiti: ministeriali 43,720; so- cialisti 27,750; Opposizione costituzionale 8577; ra- dicali 1051. E chiaro che, in questa provincia, l'Opposizione costituzionale potrebbe deporre il pensiero di riu- scire, con i suoi 9000 voti, ad ottenere mai un rap- presentante; e i socialisti, pur essendo più della metà dei ministeriali, dovrebbero contentarsi del quinto dei Seggi assegnati dalla legge. Prendiamo la circoscrizione di Milano-Città, con i suoi sei rappresentanti. Abbiamo avuto: Costituzionali voti 11,709; socialisti 12,198; radi- cali 5530; clericali 2374; repubblicani 568. Si vede a colpo d'occhio che, se i partiti avessero lottato separati, i socialisti, pur non essendo se non poco più di un terzo dei votanti (32,731) e meno di un quinto degli iscritti (58,756), avrebbero ottenuto cinque Seggi su sei, mentre i costituzionali — ai socialisti di appena 489 voti — avrebbero avuto soltanto un Seggio. Ma è facile comprendere come, in pratica, sarebbe probabile il frequente in- vertirsi di tali risultati, data la insignificante diffe- renza di voti tra i due partiti più forti. Intanto, né i radicali, nè i clericali — pur costituendo notevoli minoranze — sarebbero riusciti ad avere alcuna ' rappresentanza. Se, poi, una coalizione fosse avvenuta, i popolari, con circa 18,000 voti, si sarebbero assicurati 5 Seg- gi, senza lasciare la possibilità ai 14,000 voti conser- vatori di ottenerne più di uno. Estendiamo, invece, la circoscrizione elettorale a tutta la provincia di Milano: in tal caso, i deputati da eleggere sarebbero 20. I resultati del 7 marzo 1909 ci dànno: Costituzionali, voti 39,932; socialisti 17,677; cleri- cali 17,631; radicali 14,117; repubblicani 3,992. In lotta a partiti separati, i costituzionali — es- sendo appena il 40,91 dei votanti (97,476) e il 28,1 q„ degli iscritti (141,861) — avrebbero 16 Seggi su 20; i quattro Seggi riserbati alla minoranza toc- cherebbero ai socialisti, che però superano di soli 46 voti i clericali, salvo che i repubblicani non aves- sero riunite le loro forze con quelle dei radicali, perché, in tal caso, la minoranza sarebbe toccata ai 18,000 voti della lista radico-repubblicana; mentre, tanto la lista socialista, quanto la clericale, ne sa- rebbero rimaste escluse, ciascuna, appena per 300 voti. E non entriamo nel ginepraio delle coalizioni, per i non complicare troppo nostri calcoli. Basti dire che, in ogni caso, oltre un terzo dei vo- tanti della provincia di Milano — qualche cosa co- me 40,000 elettori — sarebbero rimasti senza rap- presentanza. Consideriamo la provincia di Ancona, che elegge cinque deputati. Abbiamo avuto: repubblicani voti 7223; ministeriali 6917; ossia una differenza di soli 300 voti; i repubblicani avrebbero 4 rappresentanti, ed uno solo i ministeriali: questi ultimi, però, nelle recenti elezioni, non presentarono candidato nel Col- legio di Osimo; i voti raccolti in questa parte della provincia sarebbero forse sufficienti a rivolgere la situazione a tutto favore dei ministeriali. Il che po- trebbe accadere, con conseguenze anche più inique, se prevalesse il concetto di raggruppare in una sola circoscrizione le provincie limitrofe, fino alla con- correnza di un certo numero di Seggi. Così, se le provincie di Ancona e di Pesaro for- massero una unica circoscrizione con 9 deputati, una tenuissima differenza basterebbe ad attribuire i sette Seggi della maggioranza ai ministeriali od ai repubblicani, dato che i voti dei due partiti, nei nove Collegi, sono stati, rispettivamente, 10,974 e 11,181. E cosi via; gli esempi concreti potrebbero essere facilmente moltiplicati, prendendo a considerare pos - sibili future circoscrizioni dell'Emilia, della Tocca ne, del Veneto, del Lazio. Dovunque, insomma, la lotta dei partiti è ormai viva e la lotta di idee va sempre più subentrando alla clientela personale, il funzionamento dello scru- tinio di lista apparirebbe assurdo, iniquo e peggio- rerebbe di molto le condizioni della nostra vita po- litica. GINO BANDINI. (La fine al prossimo numero). SOCIALISMO E PICCOLA PROPRIETÀ L'azione del Partito Socialista. Avevo scritto e l'azione socialista i, ma mi sono cor- retto. Perchè, su questo terreno, di un'azione propria- mente specifica nostra, vi sarà tempo a discorrere fra qualche anno. Vediamo ora ciò che urge, e che è possibile oggi. Gli stessi Guesde e Vaillant — cam- pioni dell'ala estrema del socialismo francese — af- fermavano, a un loro Congresso nazionale, con una mozione, che il partito socialista dee dimostrare ai piccoli proprietari rurali, ai piccoli affittavoli, ai mez- zadri, ecc., come essi, nella presente società, inermi, schiacciati dalla concorrenza e dallo sfruttamento ca- pitalistico, siano esposti a vedersi spogliati del frutto del loro lavoro; deve, quindi, senza dubbio, prestar loro man forte nella tragica loro resistenza difensiva. Anche i nostri intransigentissimi, se li accusiamo di volere, in questa materia, una politica puramente ne- gativa, tutta programma massimo, protestano con bella indignazione. In ciò, dunque, siamo tutti. d'ac- cordo. Lo saremo anche, certamente, nell'ammettere che il primo nostro cnipito è questo: creare, fra cotesti sfruttati, la coscienza chiara dei loro interessi di classe. In Italia — già lo rilevavo nel Lavoro — una vera difesa degli interessi agricoli non fu mai fortemente organizzata, neppure dai grossi feudatari ed affittuari; figurarsi da questa minutaglia proletaria e quasi sub- proletaria! Nulla di simile, fra noi, agli Junker ger- manici, la gran forza reazionaria e privilegiata del- l'Impero; non, da noi, come in Francia, un'agitazione di vignaiuoli potrebbe tanto occupare, accanto ai grossi problemi della proporzionale e della guarentita continuità dei pubblici servizi, la tribuna parlamen- tare. Pure, non è minore che fra capitale e lavoro nel campo industriale, l'antagonismo di interessi fra quei nostri lavoratori e i grossi proprietari; perciò questi ultimi sono militaristi e protezionisti, mentre quelli seguono istintivamente i programmi antifiscali e antimilitaristi della democrazia. Quando Giolitti ne- gò i soldati alla mungitura delle mucche e alle messi dei padroni, il Senatore Arrivabene telegrafava sde- gnosamente: Sto ad arare io stesso il mio campo a; un gesto di amarezza e di sarcasmo; un appello, in sostanza, a nuove reazioni poliziesche; questa fu tutta la difesa! Nella passionata battaglia delle Convenzio- ni marittime, commercianti e industriali si lanciano a corpo perduto; due progetti e due Governi sono travolti: l'agricoltura è assente; non è affar suo. Solo la nostra propaganda ha svegliato nei piccoli

RkJQdWJsaXNoZXIy