Critica Sociale - Anno XXI - n. 14 - 16 luglio 1911

22o CRITICA SOCIALE tere la produzione indigena al coperto dalla con- correnza estera; si direbbe, anzi, che non è riuscita neppure a ridurre in più modesti confini gli alti costi di produzione. Difatti, ogniqualvolta si pro- pone una semplice attenuazione del regime protet- tivo, si levano per l'aria grandi lai, e si annuncia imminente la rovina dell'industria solo che si vo- glia variare in minima parte lo stata ciao. Lo ri- cordano il Governo e il Parlamento, che assistettero, Fanno scorso, alla insurrezione degli interessi, che si volevano colpire. Di fronte alle descrizioni sconfortanti delle pre- carie condizioni dell'industria zuccheriera, noi as- sistiamo a fatti, che non possono non impressio- nare. L'industria degli zuccheri è divenuta — fatto enor- memente sintomatico — oggetto delle avide e, a volte, criminose speculazioni di Borsa. Vi è del- l'altro. Il valore nominale dei titoli delle 16 maggiori Società era, al 31 dicembre 1904, di 80 milioni, 950 mila lire, mentre il valore di Borsa era, alla stessa epoca, di lire 166 milioni, 410 mila. 11 valore nominale dei titoli di 21 Società, alla metà del 1910, sommava a 116 milioni e mezzo, il valore di Borsa a 185 milioni. . Passando a valutare il sacrilicio attuale dell'Era- rio per questa protezione, troviamo che, nell'ulti- mo esercizio finanziario, la produzione ammontan- do, in cifra tonda, a un milione, 406 mila quintali, e la protezione media, tenuto conto del margine di- verso di protezione a seconda delle diverse qualità di prodotto, a L. 25, il bilancio ha perduto non meno di 35 milioni di lire . Se si calcola che il costo di produzione dello zucchero è valutato dagli zuccherieri, per l'Austria, in L. 29,29 al quintale, per l'Italia, in L. 49,57, si può dedurre che noi spendiamo ogni anno una somma, equivalente al costo della materia protetta, nei paesi in cui si produce più a buon mercato, e alla metà di quel costo, nel nostro paese. 11 nostro sistema protettivo é così paradossale, che noi potremmo, in tre o quattro anni, indenniz- zare il capitale d'impianto dell'industria zuccheri, passare successivamente una lauta pensione agli zuccherieri, e impiegare la maggior somma, ricavata dal dazio doganale sullo zucchero, ad aiutare altri- menti il risorgimento agricolo italiano. Chi studierà, un giorno, la politica economica dell'Italia troverà strana e inesplicabile la conf u- gione, che si è fatta e si fa, tra l'aiuto, che si deve ai grandi interessi agricoli ed industriali della na- zione, e l'aiuto, che si dà a un minuscolo gruppo di capitalisti ' che, mercé il protezionismo, si crea- no rapide e larghe fortune. E, allora, qualche topo di biblioteca, dinanzi al- l'osceno mistero, andrà a ritirare Carlo Marx dalla soffitta, in cui fu troppo, e non certo da noi, fret- tolosamente riposto, e dimostrerà che l'avvenimento non ha nulla di strano e di inesplicabile, perchè una certa dottrina marxista spiega come la vita politica e la psicologia umana si plasmano sovra interessi economici e come una borghesia, padrona del potere politico, senza grandi resistenze, non possa che utilizzano a proprio presidio, lasciando in disparte l'erba trastulla degli interessi generali. In simile condizione di cose, è logico pensare a una abolizione del regime protettivo, o ad una sua attenuazione, come a mezzo idoneo per una ardita riforma sociale. Difatti, cancellando o ridu- cendo la protezione doganale sugli zuccheri e fa- cendo fidanza anche solo sovra una bassa quota di incremento nel consumo, la riforma verrebbe attuata, senza aggravio di sorta per l'Erario. Ma bisognerebbe essere ingenui per supporre che una così risolutiva proposta possa venire ac- colta. Innanzi tutto, sussistono ancora potenti, vasti, audaci interessi, coi quali congiurano vecchi pre- giudizi economici, dovuti ad un semplicismo e ad un empirismo veramente impressionanti. In secon- do luogo, gli zuccherieri hanno oramai suscitato attorno a sè, per quanto artificiosamente, molte- plici interessi agricoli e anche proletari, che non potrebbero venire di un tratto turbati. E, allora, la soluzione del problema che ci preoc- cupa non può altrimenti trovarsi, che seguendo una di queste direttive: o utilizzando unicamente l'incremento del con- sumo; o chiamando l'industria degli zuccheri a con- tribuire alla riforma che ad essa gioverebbe, am- pliando progressivamente il mercato di consumo. 1)) UNA SOLUZIONE CON SACRIFICIO DEL BILANCIO. L'ipotesi più modesta, clic si possa fare, è que- sta: che-, diminuendo il prezzo di vendita dello zucchero dalla cifra attuale a quella più modesta di L. 1,10 il chilogrammo, si abbia, nel primo an- no, un aumento di richiesta del 20 ^10, cioè di solo il 13 °I. superiore all'aumento attuale; e che, negli amii successivi, l'aumento si limiti al 10 "Io. L'ipotesi é inferiore a quella posta a base del progetto Giolitti, presentato il 18 novembre 1909, poichè questo prevedeva un incremento del 25 ‘10. Quali risultati avremmo? Vediamolo, servendoci, per comodità, di cifre tonde. Il punto di partenza é l'introito attuale, di poco inferiore ai cento milioni. Entrate del BIlanelb milioni lire In meno 1.° Esercizio 1911-12 (fallo e tassa alla metà) + 200/o aumento 60,- 2° 1912-13 aumento 10 go 66,-- 30 1913-14 72,60 40 1914-15 79,80 50 1915-16 87,78 6° 1916-17 96,55 7° „ 1917-18 11 106,20 In meno di sette esercizi finanziari, il Bilancio riavrebbe la súa dotazione attuale. Nel frattempo, però, il sacrificio dell'Erario, sarebbe di circa 23 milioni annui per attuare la riforma stessa. Il sacrificio è cospicuo, ma non sarebbe da re- spingere, tenendo conto dei vantaggi molteplici, che si potrebbero trarre dalla riforma, nell'alimenta- zione popolare, nelle industrie agricole secondarie. Ma, se non si voglia scendere su questo terreno, se non si voglia arrecare al bilancio danno di sorta, bensì conservargli la dotazione di annui cento mi- lioni, la riforma sarebbe pur sempre attuabile. Si tratterebbe semplicemente di trar profitto, per com- pierla, dell'incremento del consumo, che sarà con- seguenza logica e certa della riduzione del prezzo, come è noto e come fu da me, per abbondanza, documentato con non dubbie cifre. C) UNA SOLUZIONE SENZA DANNO NEL BILANCIO. La dimostrazione non mi par difficile. Si prenda, come punto di partenza, ancora' l'at- tuale entrata: cento milioni, in cifra tonda. Si ridu- ca la tassa di fabbricazione della metà, e il dazio doganale in proporzione, tenuto conto del margine di protezione, che deve — questa è l'ipotesi — ri- manere immutato. Si supponga che, per effetto del- la riforma, nel primo anno, si abbia un incremento di consumo del 20 0/,, e che, negli anni successivi, l'incremento si limiti al 10 11 l I — 40,- - 34,- - 27,40 — 20,20 — 12,22 — 3,45 —137,27

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