Critica Sociale - Anno XXI - n. 4 - 16 febbraio 1911

80 CllI'i'ICA SOCìAttt " La teoria materialistica - questi scrive nella terza Glossa sul Feuerbach - che gli uomini sono prodotti dall'ambiente e dall'educazione, e quindi uomini modifi– cati sono prodotti di altro ambiente e di una modificata educazione, dimentica che l'ambiente appunto è modifl• cato dagli uomini e che l'educatore stesso dev'essere eclu– cato ... La coincidenza del variare dell'ambiente e dell'at– tività umana può solo essere concepita e razionalmente intesa come pratica rivoluzionaria,, (1). Questa concezione risolve in una fusione armonica l'antitesi tra ambiente ed attività umana, facendo di quello un momento di questa, di questa un principio perennemente operante sulle circostanze cta se stesso poste. In tal senso l'uomo fa la sua propria storia e può dirsi come l'arbitro del proprio destino. Marx lo intuì e lo proclamò. Ma non può dirsi ch'egli sia stato ésattamente inteso. Era più accessibile alle menti H giochetto delle leggi eùooomiche che " fa– talmente ,, conduce al socialismo. Così questo si ri– teneva come certo, e gli uomini si dispensavano dal conquistarselo. Alteratosi quel meccanismo, s'è logi– csmente gridato al fallimento: dal momento che non viene da sè, il socialismo non Sarà più. Senonchè quelli che parlavano e parlano in tal modo non si sooo mai accorti di una semplice ve– rità: ch'essi hanno conosciuto e seguìto un altro Marx e un altro materialismo storico, ben diversi ed avversi dei reali; i quali, invero, lungi dall'aver fatto della storia una fisica astronomica, l'hanno spiegata con l'uomo e con l'opera sua; e hanno bene affermato che il socialismo non viene per moto meccanico d'eventi, ma diviene nelle lotte, negli ar– dimenti, nelle quotidiane attività disciplinatrici e costruttrici della classe operaia. Perchè il socialismo, oggi, non è che un prohlenia di capa:;ità. 'l.'ULLIO COLUCC!. ( 1) Scritti di Ma,·x, ecc. Roma. Dispensa G2. ~er una ~item internalionale rn trnlale~~ra Pochi mesi sono, ho assistito a una scena penosissima. Il piroscafo su cui ero imbarcato aveva gettato l'ancora a Rio Janeiro, caricando poca merce e pochi passeggiori. Un'ora prima di salpare si presentavano a bordo due fra– telli italiani, con biglietto di prima classe, che rapidamente si ritiravano in cabina. li loro volto tilttavia non era sfug– gito all'ufficiale di servizio, cui non abbisognò di essere tecnico per notare il volto bernoccoluto, la pelle lucida, l'assenza di sopracciglia. Il medico di bordo riconobbe la lebbra; e il comandante (la legge tace in proposito) 1i ricusò. In due giorni era il loro secondo tentativo inane di rim• patrio. Scendendo nella scialuppa, mi chiedevano se pro– prio dovessero gettarsi a mare, <lacchè laggiù più nes– suno li voleva; i piccoli lebbrosari riboccavano di rico– verati e di postulanti; lavorare, impossibile; e neppure era permesso morire in patria, l\ii ingegnai di dar loro un buon consiglio: prendes– sero il primo piroscafo inglese o francese, offrendo com– petente mancia al comandante, che, innanzi a una de– cina di sterline, modifica assai spesso - a quanto si dice per alcune Compagnie di nazionalità non italiana - le sue prevenzioni profilattiche; oppure rimpatriassero per ferrovia. Ma non dimenticherò mai nella vita l'ambascia dipinta su quei poveri volti sfigurati. E quel ricordo altri me ne richiama, sempre con la lebbra per sfondo. Biblioteca Gino Bianco Il più triste è il lebbrosario di Guapira, che accoglie una ottantina di lebbrosi dello Stato di S. Paolo (Bra– sile), Gli accolti sono tra i più gravi, che le le~ioni al volto rendono intollerabili alla collettività. Giammai come in quel lebbrosario sentivo che noi non temiamo tanto le malattie in se stesse, quanto l'offesa ai carat• teri rlistintivi della nostra personalità. Con un po' di buon volere riusciamo ad assistere un tubercoloso nel periodo pii\ intenso di distruzione polmonare, o un individuo distrutto da ulcerazioni interne: ma, quando il volto è colpito e sono lese quelle che le antiche scuole dice– vano le stigmati della nostra provenienza divina, il per– manere accanto ai colpiti eccede le nostre forze. Tutto ciò non è detto per esagerare il pericolo della lebbra, malattia, in realtà, assai meno grave della tu– bercolosi, ma per richiamare l'attenzione su un peri– colo, sia pure relativo, che minaccia l'Europa e più l'I– talia. In tutta l'America centrale e nel Sud-America (oltre, s'intende, molte zone dell'Asia e dell'Africa, colle quali abbiamo scarlli rapporti), la lebbra pre-senta fo– colai numerosi. Sebbene manchino statistiche esatte,.nel solo Stato di S. Paolo, con quasi 4 milioni di abitanti, si hanno (cito l'opinione del D. Erasmo Do Amerol, di– rettore del lebbrosario di Ouapira) almeno 3 mila leb– brosi, e, ciò che è peggio, la lebbra pare in lieve au– mento. Una cifra, come si vede, ragguardevole come valore assoluto, e più come valore relativo. Se stesse il rapporto, in Italia avremmo circa 25 mila lebbrosi.. .. ; imaginarsi che clamore! Ben inteso, non sempre la lebbra si presenta con quei caratteri di deturpamento del volto, che la fanno par– ticolarmente temibile al pubblico; ma nel Sud e nel Centro-America il numero delle sue vittime merita un grido di allarme. L 1 Italia, ho detto, è particolarmente interessata al fe– nomeno, come il paese che invia colà gran numero di nazionali. Vero è che gli italiani meno dei tedeschi e dei polacchi soggiaciono all'infezione; tuttnvia i colpiti elle rimpatriano non sono pochi. Gli Stati americani non si commuovono molto per la lelJbra: hanno visto - e domato - ben altre piaghe! Lo Stato di S. Paolo, benemerito della profilassi, che ha vinto mirabilmente la peste e la febbre gialla, e ha ri– dotto le sue quote di mortalità al livello delle italiane, non partecipò - bencbè forse il più interessato - alla Conferenza per la difesa dalla lebbra. E i medici non mancano laggiù di rilevare l'imponenza delle cifre dei colpiti.. .. Ma il fatto concreto è che manca ancora una legislazione sulla lebbra non solo, ma, data l'attuale assistenza sanitaria, non si potrebbe spedalizzare nep– pure la decima parte dei colpiti di lebbra che si tro– vano nello Staio. . • * Accade intanto che ogni anno dei lebbrosi tornano a vivere od a morire in patria, e, se ogg{ si facesse una rigorosa indagine, credo si troverebbero fra noi molte centinaia di lebbrosi. Basta interrogare i medici di bordo o gli specialisti di malattie cutanee dell'America meri– dionale, per convincersi come ogni anno buon numero di lebbrosi torni in Europa. Se possa derivarne una. ripresa della lebbra, io non saprei. Sgraziatamente noi manchiamo di cognizioni esatte circa il modo della trasmissione del bacillo leb• broso, e dobbiamo rassegnarci a un malsicuro eclettismo circa i meccanismi dell'insorgenza della lebbra. Ma, al•

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