Critica Sociale - Anno XIX - n. 18 - 16 settembre 1909

CRITICA SOCIALE 283 è ben diverso. Essi vogliono essere considerati come i Sindacati degli addetti alla libera lodustria, essere con– témplati nella medesima legge, che sancisce per gli ul• timi il diritto di sciopero. Ora, siamo schietti: lo sciopero del funzionari vuol dire rivoluzione - ebbene, nessun Governo sancirà mai in uni\ leggo il diritto alla rivo– luzione I Questi movimenti convulsi si ranno, non si sanciscono lcgalmento: si ranno quando la forza insurrettiva di un popolo oppresso, malcontento, lancia ti suo grido torri· bile di protesta. e di vendetta I Possiamo ammettere di più: che organizzazioni di funzionari, non solo per la natura del contratto che Il lega, ma anche per la natura degli individui, che por la loro coltura sono già qunsi sempre (si vedano i paul più civili) orientati singolarmente verso le più diverse scuole politiche, che organizzazioni di funzionari - dico - non dovrebbero e non potrebbero, in tempi nor– mali, fa.re della politica nel senso di seguire una de– terminata tendenza di partiti: loro cbmpito potrebbe essere piuttosto esperimentare critert di mutualità e previdenze, studiare problemi tecnici e sociali, problemi essenzialmente ài cose. Vero questo: ma l'Italia non attraversa tempi 11ormali di vita politica. 11 Una libertà politica, che si compiace dell'ozio, fra un popolo di analfabeti e privo del sussidio delle più necessarie istituzioni, non differisce dalla servitù che uella parola I,, Sono parole dl un conservatore - Luigi Luzzatti - ohe parla dell'Ltalia attuale parlamentare! Noi dobbiamo dunque, anche con mezzi eccezionali, redimere l'Italia nostra dalla servitù dl ratto, dall'anal– rabetismo Ignobile! ' Gloria a quelle classi forti, che danno l'esempio del– l'ardire e della schiettezza politica, pur contenuti dal lieni:iodel dovere ! Non plaudirono I conservatori di Europa al movimento rlrormatore di Turchia, pur guidato dagli ufficiali del– l'esercito, dal più tipici cioè dei pubblici funzionari, la cui rorza organizzata può essere torrlbilmonte pericolosa? Noi vogliamo guardare in raccla tutte le dirftcoltà; argutamente il francese Benolst commentava la teorica tedesca che il runzionarlo fuori dell'urtlcio ridiventi il libero cittadino, capace di ogni libera. manifestazione: l'uomo non ò mai tanto perretto da poter dividere net– tamente In due la propria coscienza e la propria azione I Certo, il nostro scopo nobilissimo: dare ali' Italia un effettivo runzionamento della Vita costituzionale, è còm– pito delicato e pericoloso per lo nostre organizzazioni. Come I giovani turchi, noi, figli dell'immortale II Gio– vane Jtalla 11 , dobbiamo rare! guidare con spirito eroico dall'Idea del dovere, che Giuseppe Mazzini con tanto fervore di apostolo predicava I Noi non dobbiamo stra– niarci dal momento attuale della vita - anzi affrontia– molo, contribuendo possentemente a creare per la patria nostra un'Ora di redenzione economica e politica. li momento anormale vuole mezzi eccezionali: i fun– zionari creeranno i partiti, che sono strumento neces– sario di civiltà, e inciteranno lo altre classi medie della borghesia o.I lavoro nobile. 1\fa. noi non dobbiamo essere I pretoriani devoti ad un interesse di casta e di per– sona: dobbiamo essere i soldati della riforma e del progresso. Continuiamo l'aspro e difficile lavoro, o amici, con fede intensa; e ci guidi una raggiante idealità. LUIGI PERONA, LOZARATHUSTRA DEL PROLETARIAT 11 fenomeno Sorel. Se tornasse al mondo quel genialissimo forcaiolo cli Vittorio [mbriani, potrebbe aggiungere un altro capitolo alle sue "}i'ame usurpate ,, e intitolarlo a Giorgio Sorel, che sta orn. riempiendo del suo cla– ·more le riviste e i giornali quotidiani. Abbiamo gilt accennato, in un precedente arti– colo, a qualcuna delle ragioni per cui la teoria so• reliana riscuote tanta sim1>atia nelle classi colte e - orrore! - intellettuali, notando come si tratti, in fondo, di affinità tra questa dottrina e la sestessenza cli tutte le filosofie borghesi e di tutte le letteraturn d'eccezione. Le citnzioni in materia (qualcuna ne abbhuno già fatta) potrebbero essere così abbondanti da di"eutare noiose. 11:cco,per esempio, G. A. Bo1·– gose che, occupandosi di O. Sorci nella Slam.po, lo definisce molto bene: un profeta del proletariato che vien levato sugli scudi dagli aristocratici. Il suo sin• clacalismo vuole che gli operai facciano da sè, pri– vandosi dell'aiuto dei deputati, degli avvocati e dei j)ensatori di professione; vuole che essi abbiano l'eroismo di rinunziare ai piccoli vantaggi quotidiani per sacrificarsi alle generazioni avvenire, come sep– pero aacrifìcarsi i primi cristiani, offrendosi al mar– tirio piuttosto che rinunziare alla rigidezza della loro opposizione. Tutto ciò è bello, è eroico, è estetico. Si capisce quindi come possa piacere agli intellettuali, ma sa– rebbe strano Jav"ero che destasse entusiasmo fra i metallurgici e i minatori. ... Ammirare Sorel è oggi di moda, come cinque o sei anni fa era di moda ammirare e citare J'inevitabile Nietzsche. D'altronde, fra i due pensatori v'è maggiore affinità di quel che non sembri a prima ,•ista. Noi sosteniamo, anzi, che v'è tra loro una identità. sostanziale di pensiero. Giorgio Sorel è fratello germano di Federico Nietz– sche. L'apparenza è diversa, ma la sostanza è iden– tica: il primo sta al secondo come il carbonio al diamante. Vogliamo provarlo? Entrambi hanno di comuno questi tratti caratto• ristici: apologia della violenza, pessimismo negatore d'ogni legge di progresso storico, avversione per le teorie democratiche basate sul criterio della maggio– ranza, concezione aristocratica della storia. L'uno o l'altro sono antiferninisti, antipacifisti, anticristiani; deridono le ubbie umanitarie e lanciano strali contro la II mandra belante dei moralisti ,,, contro lo " persone sagge ,, e la " gente dabbene 'I)' Per Sorel, come per Nietzsche, la forza è la sola grande realtà del mondo sociale: le idealità non ne sono cho le soprastrutture, i frastagli, i ricami flo– reali. Ì~ notfl l'avversione di Nietzsche per il socialismo, che egli. confondeva in un unico odio contro il cri– stianesimo. Le due dottrine hanno di comune il sentimento della fratellanza umana, l'avversione per la violenza cd il sangue, l'affermazione della uguaglianza di tutti gli uomini, la fede nel trionfo finale della giu• stizia e della bontà. rnvece Nietzsche e Sorel irridono alla pietà, alla filantropia, alle idee umanitarie, che Co:òJtituiscono, secondo loro, una deboJezza sociale e un ostacolo al progl'CSSO. Contro queste idee e questi sentimenti, che for• mano la " morale degli schia"i ,,, insorgono i due pensatol'i e bandiscono il verbo della crudeltà neces– saria, la cui predicazione e la cui attuazione costi– tuiscono la fortuna di una minoranza aristocratica che si eleva sul " gregge " e lo domina. La. " morale dei dominatori ,, del Nietzsche, otte- (

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