Critica Sociale - XIX - n. 14-15 - 16 lug.-1 ago. 1909

CRl'rICA SOCIALE Q27 ALCUNI ALTRI PROBLEMI ERIDIONALI Malaria, viabilità, disordine en0Io11ico, emi111·a3/onee or11ani33a3ione Lu. malaria e il JJroblcnrn mcridionnh•. 1° - Scrivendo elci fattori fisici del latifondo si– ciliano, vedemmo come la malaria sia ad un tempo causa ed effetto di esso j ma orn, in riguardo a.I pii't complesso problema meridionale, in cui la ma– laria entra come principale fattore d'inferiorith, bi– sogna ritornare s11\l'argomento. Scrivemmo che la malaria, rendendo inabitabili le campagne, impedisce il formarsi della piccola. proprietà coltivatrice, aggiunge il tornaconto all'as– senteismo latifondista, uccide i lavoratori, impedisce le bonifiche ag-ricole con le quali si dovrebbero ri– muovere o attenuare le cause pennanenti della ma– lal'i:t stessa, e mantiene la scarsa produttività delle terre; e trovammo nella profih1ssì antimalarica, in seguito alla scoperta dell'anofele, il mezzo per as– sicurare la vita dell'uomo durante i lavori di bo– nifica e quindi del rinnovamento del suolo non più atto alla vita della zanzara malarifera. 1'fa sui rapporti tra malaria e agricoltura c'è controversiaj e bisogna slargare il campo delle con– siderazioni, quancl'anco taluna di quelle da noi fatte avesse da subire rettifica. Per alcuni il problema del latifondoi dal Lazio alla Sicilia) è problema di malaria; per altri 110. I primi sostengono, e hanno ragione, che i paesi più tristamente malarici sono quelli del latifondo pasto• rizio e seminativo, e che l'abitabilità delle campagnei condizione prima di ogni progresso agl'icolo, è resa impossibile dalla malaria, che mantiene perciò lo squallore e la scarsa produttività in più di mezza Italia. I secondi, ed hanno pur essi ragione, sosten gono che la malaria va combattuta con ogni possa per ragioni altamente umane, ma che vi sono terre malariche a coltura intensiva in piccole proprietà, e tel're salubri utilizzate solamente per pascolo e per semina in assai estese superfici. Sono due verifa di fatto, tenute divise da.Ila con– ce;,,ione solamente geometrica che si ha del latifondo. Questo è fattore e prodotto di un particolare sistema agricolo, che sfrutta la terra a vantaggio di pochi ed immiserisce le popolazioni i può essere malarico o no i ma, quando è reso pestilenziale dalla malaria, e per lo più lo è, trova in essa una più potente causa d'inferiorità agricola e sociale. Inoltre il latifondo meridionale - l'abbiamo di– mostrato - si avvantaggia se a qualche distanz,t vi è della. piccola proprietà, magari malarica, in• tensivarnente coltivata, perchè la piccola pròprietà coltivatrice ha bisogno del latifondo pastorizio e aem i nativo. Infine, la malaria influisce, è vero, sulla forma della cultura, ma in concorrenza di altri fattori, che pos– sono, in determinati casi, avere la preponderanza de– cisiva. Può adunque una contrada malarica trovarsi frazionata e coltivata intensivamente, ma non a molta distanzi~ dai centri abitati dove i lavoratori vadano a ritirarsi, e se la malaria di quella contrada non è assai intensa. TI problema del latifondo è problema di malarit1 1 ma in altro senso di come è stato inteso. Le terre malariche a coltura intensiva<:? quelle non malariche a coltura estensiva sono ugualmente disabitate. Se Jlabitabilità di esse ùebba intendersi nel senso fatuo dello spezzamento con la sacra siepe, la famigliola <1ttorno al focolare campestre, la pastorella che mena la mucca nei prati e Titiro che suona la coramella sub tegmine fltgi - tutti sogni fatti sYanire dal\lipo- teca e dall'esattore - se l'abitabilità. delle campagne, diciamo, debba intendersi in questo senso, il pro– blema della malaria in rapporto a quello del lati– fondo avrà. difficilissima Roluzione. Non diciamo poi se la malaria voglia \'incerai, spezzando e dissemi– nando di case i feudi, con la ubbriacatura di met– tere ovunque vigna per far vino che non si beve. Come non occona l'abitahilità in questo senso per industrializzare le colture e rendere igieniche le campagne, abbiamo dimostrato gfa. Ma per raggiun– gere il henessere agricolo, mercè le associazioni che si sostituiranno alla più vera e maggiore mnlaria del diritto feudale, hir,ogna prima mettere in valore la macchina fisica e lo spirito del lavoratore: bisogna agevolargli una più snna e piì1 abbondante alimen– tazione, difenderlo dai morbi, istrnirlo 1 o snebbiargli la mente dei pregiudizi rnligiosi. li contadino che, costretto dal bisogno, lavora in maremma, pur sn– pcndo di fll'nma!arsi di malaria e di morirne, e sot{– giacendo a quella degenerazione che fa JJroptei· 1iifa111 v ,item.li perdere causas, è un misero impotente a sol• \e,•arsi alla dignità di uomo, mentre i signori sal– vansi dai calori anche non malarici, fug_g-cnrlo nelle spiagge del mare o in montagna, coi dena.ri non pagati al lavoratore e fatti pagare al consumatorn. [I chinino di Stato riesce al suddetto fine, e rapo• stolato per esso dell'on. prof. Angelo Colli è supe– riore ad ogni elogio. La socializzazione del chirlino porterà alla socializzazione rlei latifondi. Ess,t pre– sen'a il contadino dalla malaria, mentre gli dà lo forze per emanciparsi ed il tempo di compiere i mi– glioramenti agricoli nell'interesse collettivo: coi quali, se non si· fugherà del tutto la peste-malarica, questa potrà ridursi alle proporzioni di una malattia comune. 2° - La inferiorità meridionale coincide con la superiorità malarica: le due ltalie sono divise da due assai diverse intensità della malaria. La più mi– sera delle regioni italiane, la Sardegna, è la più ma– larica di tutte. Dalla provincia romana in giù, l'rtalia classica presenta lo spettacolo di non pochi illustri città antiche, rovinate ed abbandonate in campagne malariche. I paesi occupati dalle prime popolazioni italiche sono sulle alture salubri; invece quelli, che occuparono poi le colonie greche, si trovano ora i piìl malarici. Pare <la ciò che i posti, quasi tutti sul mare, dove i Greci elevarono nuove città, fossero già primi~ tanto pestilenziali, da costringere gli an tichi indigeni a rifugiarsi sui monti; poi fossero cli• ventati meno inabitabili per accogliere le nuove colonie; e infine fossero ridiventati luoghi assoluta– mente in;i,possibili, se le città -importanti ivi sorte vennero abbandonate. J,e selve erano state tutte tolte, fin quelle che, rese sacre dalla paganità, non furono più rispettate col trionfo del ùl'istianesimo. Collo sboscamento generale, disordinato il cardo delle acque piovane, molti luoghi perdettero la salubrit.à. I Saraceni poterono venire in Sicilia, perchè le città. erano crollate e le campagne si erano spopo– late. b:ssi, non perchè portassero più progredite pra– tiche agricole, r.ome si è asserito - perchè gli indigeni, pur decnùuti, non avevano bisogno cli inse• gnamento su ciò - ma per necessWt di vivere sulle terre conquistate. furono costretti a coltivarle, impian• tando fattorie, di cui ancora si conserva il uome arabico o berbero. Sarebbe importante che i posti colonizzati dai Sani..ceni, tanto pili che questi non si confusero coi vinti, fossero studiati dal punto di vista del rapporto trn i cicli di attenuazione e di recrudescenia del\~ malaria e le alternative di gran– dezza e di decadenza dei popoli. TI difetto lli vinbilit;\. Abbiamo discorso abbastanza del deE!erto impervio siciliano in rapporto al latifondismo. Ora dobbiamo

RkJQdWJsaXNoZXIy