Critica Sociale - Anno XIX - n. 5-6 - 1-16 marzo 1909

80 CRITICA SOCIALE Treno: Formaro un corpo autonomo togliendone il ca• rico ai Reggimenti di Artiglieria, i quali, come quelll del Oonio, conservorel>bero quel tanto~ che occorre al loro speciale servizio. ... La Commissione, trattando del Genio, ha rilevato lo sciupìo di denaro e di personale che si ra negli Uffici, specialmente per il servizio dei fabbricati: ha scoperto un Corpo d'armata nel quale " si spendono per as':legni e Indennità al personale addetto alle costruzioni L. 146.000 annue, mentre la somma da amministrare annualmente per le costruzioni effettive non 11.mmonta che a 210.000 lire, o discende a circa 150 o 160 mila quando ·se 110 detragga la parte amministrata direttamente dai corpi di truppa (') ,. u Ad un simile stato di cose - dico la Relazione - ò urgente porre rimedio. " Siamo tutti del lo stesso parere ; non altrettanto però nella conclusione, quanJo, dopo aver separato il seni– zio dello fortificazioni da quello del mantenimento del fabbricati, si vuole assegnare a questo solo un tal nu– mero di ufficiali ed Impiegati che in Austria, dove le coso vanno meglio cbo da noi, basta anche per il ser– vizio delle fortificazioni, come confessa la Relazione stessa a pag. 57. 'Fra le proposte Importanti c'è quella di assegnare un certo numero di posti d'ufficiale subalterno, In tutte le armi, a marescialli da promuovere sottotenenti senza esami: proposta che lo trovo molto lodevole perchè utile o democratica, solo notando che, in fondo 1 è la medesima che enunciò il ministro Malnonl e che destò tanta opposizione. Si capisce: allora ora meglio studiata e più completa ... Nelle ultime parti della Relazione 1 fra argomenti di nessun interesse organico, sono trattati i temi dell'Jstn,. zio11e delle truJJpe, degli Istituti militari, dell'Avanza• mento o del Servizio di stato maggio,·e. Argomenti che mi riservo di discutere prossimamente. P. Noccmo. LALOTTA CONTRO IL" LAVORO INCASA ,, Quanclo Paulo Fambri, con una tenacia mirabile e un coraggio di sognatore, ha iniziato la sua opera, doppiamente lodevole, per far risorgere l'in– dustria del merletto veneziano, e gettava il seme fecou<lo che, cresciuto a Pallestriua e a Burano, doveva riversare su qualche astuto i milioni, e sulla turba delle lavoratrici miserrime della ln– guua qualche po' di rame, aveva innanzi agli occhi, oltre le visioni artistiche, quella di creare uuiiudustria che avesse il sommo pregio di svilup• parsi a domicilio. Ed egli, che, sulla bellezza sociale del " lavoro in casa ,,, si intratteneva ,·olontieri, non sarebbe poco mortificato di leggere ora quanto si va scri– vendo (da un luo:;troall'incirca) contro il lavoro a <lomicilio 1 considerato come una delle peggiori piaghe igieniche dell'industrialismo nascosto. Il lavoro a domicilio ha le sue ragioni teoriche di essere padicolarmente per la donna. Basta. tener presente la infelice condizione in cui si trova la donna a cagione della maternità., della custor:lia dei figli, della preparazione della men~a domestica, per capire senz'altro che un lavoro fattibile a casa, interrompibile a volontà., può essere un benefico lavoro, che non cost.ringe alla virtuale rottura <lella funzione materna, rendendo possibile la utilizza– zione economica cli una parte del tempo che resta libero anche alla madre. Ma la medaglia ha il suo rovescio, erl è l'esame cli questo rovescio, poco confortante invero, che ha condotto, in quasi tutti i. paesi civili d'Europa, ad una vigorosa campagna contro il lavoro a do– micilio. Al Congresso di Igiene in Berlino, nel)'au– tunno 1907, si è quasi invocato, contro il pericolo e i danni del lavoro a domicilio, l'intervento le– gale: e le constatazioni al riguardo, fatte a Parigi, a Vienna e a Berlino, sono tali da destare real– mente una inquietu<liue in quanti si interessano allo sciupio inutile della macchina-uomo; ed è dopo aver letto i rapporti di Boulisset, ispettore al Ministero francese <lel lavoro, di Trautbau, i:spettore <lei lavoro a Bielefeld 1 e di Juugfer, che mi pare di qualche utilità far parola dell'argo– mento, che in Italia ha dato luogo a qualche iso– lata indagine, ma che meriterebbe davvero l'onore <li una indagine statistica profonda. Lo sviluppo della granrle industria ha, poco per volta, ucciso il lavoro <lelpiccolo artefice: la legge è generale e non ha sofferto se Don poche trascu– rabili eccezioni. Appena appena in talune lavora– zioni secondarie il lavoro famigìiare e l'officina domestica dei vecchi stili hanno potuto sopravvi– vere: e non passa anno che la grantle industria non r\ia dei colpi a queste sopravvivenze di lavori e cli aziende famigliari. Ciò che capitava vent'anni sono per l'industria dei cappelli, si è verificato negli ultimi anni per l'industria delle calzature e si verificherà forse domani per quella dell1abito. La fabbrica collettiva a poco a poco uccideva ovunque il lavoro indipendente. Il vantaggio era. sensibile per l'economia, se non per la bellezza e lo spirito personale del lavoro, e la legge della riunione delle lavorazioni e nello stesso tempo della distribuzione del lavoro doveva avere, come ebbe, la più larga esplicazione. M:a non è da credere che tutte le inrlustrie, anche quelle che paiono legate per necessità tec– nica alla macchina e quiu<li allo stabilimento in– dustriale, o tutti i commerci che si esplicano come gran<li industrie e grandi commerci, siano in ef– fetto delle industrie o dei commerci con carattere di lavoro collettivo. L'industriale ha compreso ben presto vari fatti. Il primo è che il lavoro famigliare è un lavoro, dirò così, più " pudico ,,. E' un In.vero nascosto o seminascosto e che può essere accettato anche da coloro cui un vieto pregiudizio e una ignoranza permanente impediscono o rendono penosa la fre– 'luenza alla fabbrica ed al laboratorio. A questo proposito, le inchieste a Parigi hanno rivelato fatti che non si crerterebbero se non fo~- sero controllabili. · La grande maggioranza delle case di biancheria ha opificì sproporzionati all'entità dei commerci e fa eseguire i due terzi del lavoro a domicilio. Ma le operaie non sono soltanto di quelle che comu– nemente potrebbero classificarsi come operaie le quali, o per ragioni di famiglia o di lontanan za, non possano o non trovino utile frequenta.re la fabbrica, ma sono invece ragazze e donne, che nel vecchio stile si definivano " <li buona fa.mfglia n· Il loro lavoro è perfettamente ouesto e logico: ma esse pagano in diminuzione di mercede il pu• dore do\ lavoro ua$costo. A Berlino - è uno dei rapporti indicati che lo constata - si giunge a paga.re una ricamatrice a domicilio in ragione di 7 p/ènn ige all'ora, qualcosa. come centesimi 7/J..... in una città, ove il medico più asino si prende

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