Critica Sociale - Anno XIX - n. 3 - 1 febbraio 1909

3'1 CRITICA SOCIALE farli sparire con un semplice atto di volontà. Qui la concezione socialista dello Stato nuo·vo ha certo larghis~imo campo òi applicazione, mi~ ess3: stessa deYe maturarsi e specificarsi 1 e si palesa JU ten– denza più che iu postulati precisi. E. se è volgar– mente demagogico il tentativo di coloro che vor– rebbero rig·et.1;1re sull'azione socialista una parte di responsabilità del marasmo burocratico, contro il quale al contrario essa sola fin rini ha, se non nitro, cominciato a tentar <li reagire con me~zi razionali efficaci; non sarebbe meuo demagog1co pretenclere di appiopparla al Giolitti, o alla Camera presente o, sia pure, a un partito avversario. Sn questa gravissima questione un solo punto ci pone nettamente, compatti. contro il Governo attuale: ed è quello che attiene al diritto e alla. libertà di controllo da parte degli agenti dello Stato o <lei loro socializì, che la legge sullo stato giuridico e lo spirito generale della politica g-io– littiana tende a iiubavagliare ed a intimiciire. Qui il partito si è pronunciato nei casi Campanozzi e Bianchi, e si dovrà. pronunciare anche più larga– mente nella camp.:igna elettorale prossima: e sarà questa uua trave maestra della piatta.forma. Ma. ueµpnre ci persuarl.e il pensiero, che abbiamo approssimativamente riferito, <lel primo oratore; il quale ci conduce a una specie <linichilismo, a una confessione di ·impotenza, sia pure transitoria, mal dissimulata e tentata riparare dal ripiego di un ritorno ai periodi iniziali del movimento. A favore ci i si ffa,tta tesi non stanno, a senso nostro, che <lelle vaghe e ingannatrici apparenze. E' verissimo: il partito socialista italiano, in questo momento del la storia, non ha nessuna que• stione da inalberare, di quelle che appassionano facilmente e automaticamente le masse. Nè Crispi, nè Pelloux minacciano più le libertà fonrl.amen– tali, nessuna politica coloniale o internazionale temeraria pone O!.tc{i a reµenta~lio le ra(iici della ricchezza e il san!.!ue nazionale, efl è tramontato l'iliillio (non cerchiamo per colpa <li chi) òella fa• ciii riforme, che potè lusingarci per un istante. Ma notiamo subito una coi::a: quelle lotte, che poterono elettoralmente procurarci trionfi inspe~ rati e destare qualche facile illusione nell'animo di molti di noi, quelle lotte uon ebbero se non un carattere episo<lico: esse ci furono offerte dal– l'errore, dalla stoltez:;:a <lei nostri avversari, assai più che dalle nostre virtù o dal corso normale degli eventi; ed ebbe,·o, in gene,rale, ca,·atte,·e denio– cratico e non socialista. I problemi di semplice democrazia - fondati sui grancl.i principi che ri– salgono alla Rivoluzioue francese dell189 - tro– vano assai più aperta a<l accoglierli la mentalità delle masse, che uon i Problemi, ben altrimenti aggrovi.!. dia.ti e difficili, <lella politica sociale. 'l'ulti rii mezzo q_uei motivi (li lotta - inevita– bile, seducente magari, e ricca <li colpi <li scena, rn1:1., in realtà, ritardatrice (lel moviment,o vera– mente e specificamente social.istA. - rimane .... tutto il nostro programma, rimane tatto il socialismo - non soltanto nelle sne estreme finalità (tema d.ella propagan<la cosirl.etta evangelica), ma 1iegli scalini intermedi, che souo il solo vero punto di mira degli sforzi <li un partito forte ed. acl.ulto. Rimane - liberato ria ogni elemento perturbatore, da ogni fortuita au,baine - il programma minimo, imme– diato, con~acrato dal recente Congresso; il qnale 1 se ci ha liberato <lalle lotte iotestine e ha cacciato Jungi da noi i nemici interni e costretto a rinsa– vire gli eclettici e i confusionarì - non fu già per assicurarci la vita tranquilla., ma anzi per consentirci di agire e per sforza1·ci a<l agire. Se noi nou intendiamo tornare al concetto del miracolo, che abbiamo ripudiato (e per questo siamo riformisti), è pure per quei puti.tl intermedi che ilovremo passare. Quale occasione migliore delle elezioni generali per riaffermarli arditamente, sinteticamente, e per rimetterci iu cammino? Su tutte le questioni essenziali, che formano la trama della politica contemporanea, noi aLbiamo i nostri punti di vista e, se essi, in talune questioni, sono troppo vaghi, noi dovremo, non· già rinun– ciare a svolgerli, ma anzi precisarli e <leterminarli. Nè si <lica che. spe~so non è affare che di misura e <li modo. E affare, noi diciamo, s...mpre, di di– rettiva. Comunl)ue, il modo e la misura fanno le cose della politica, come fanno - per i non me• tafisici - tutte le cose òella vita! Le strettezze del bilancio, le difficoltà della po– litica estera e le conseguenze economiche del ter– remoto ritarderanno la possibile effettuazione di qualche riforma? Diamolo pure per concesso; sep– pure, sotto alcuni aspetti, forse non sia vero, o non debba es~er vero, il contrario. Ma ra!{ione di più - soggiung-iamo - per rimanere sulla breccia; per resistere alla tendenza con~ervatrice, che da un abbancl.ono momentaneo vorrà certo derivare un abbanciouo perpetuo. Forse che la nostra azione si esaurisce nella cerchia di qualche mese? Nè, del resto, tutte le riforme appartengono al novero delle " riforme che costano 71 - malgrado la fortuna meritata <li questa frase. Basterebbe ricordare tutto il campo vastissimo dei conflitti <li lavoro, dei contratti collbttivi, degli arbitrati, del probivirato a~ricolo, del lavoro in– dustriale a domicilio, delle migrazioni interne, della stessa emigrazione all'estero, delle conven– zioni <li lavoro internaziouali, che porgono copiosa materia <li provve<limenti di altissimo rilievo, con insignificante sacdficio <lell'erario pubblico. Forse la Cassa òi maternità, che giace, per l'accidia dei partiti, negli ozi sterili <lell'orrline del giorno par– lamentare, richiedeva un quattrino al Tesoro? Quanto costarono il riposo settimanale, il riposo notturno delle donne, <lei fanciulli, dei panettieri? O sono esse - µerchè le abbiamo conquistate - riformette spregevoli? E quante altre <lello stesso genere si potrebbero tentare? E in che cosa- il ter• remoto può nuocere alla rivendicazione, per es., del suffragio universale, solennemente proposta al partito dall'ultimo Congresso? Noi temiamo che un altro terremoto sia quello che ci nuoce: uu terre– moto fatto di incostanza e di in1iisciplina, che è nelle nostre anime latine, che ci spiuge a cercare ogni giorno nuovi atteggiamenti per abbandonarli il domani, e pel qna!a di ra<lo giunge a novembre quel che abbiam filato d'ottobre. Una larga <lisponibilità tina11ziaria è necessaria certamente alle riforme maggiori: tale l'assicura• zione <lel!a vecchiaia e della malattia. Ma non sono riforme che si possano improvvisare; e la propa– gan,ia e la preparazione deve farsi negli anni magri, percltè negli anni grassi, che potranno succedere, rechi i suoi frutti. Esi::a sola, d 1 altroncte, impedirà che, quanrlo g-lì anni grassi sorgeranno, ogni nuova risorsa sia già stata impegnata e<l ipotecata. Nè il <lenaro è tutto, nè, sovente, basta da solo; si pensi ai molti milioni che si accantonarono per il credito e per l'istrnzione. nel Mezzogiorno, e che questo non seppe utilment.e assorbire, per man– canza <li iniziative e di istituti locali, che pote– vano essere fonclati od incoraggiati. Noi pensiamo rlunque che tutta la piattaforma <lei Congresso di Firenze - non esclusa la riforma militare, scolastica, tributaria, doganale - òebba essere svoUa ed illustrata nei prossimi Comizt. Le considerazioni che il recente clisastro tellurico ci deve suggerire, la <lifesa del diritto <li controllo degli impiegati (dne temi che, sostanzialmente ne

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