Critica Sociale - XVIII - n.22-23 - 16 nov.-1 dic 1908

ùkITICA SOCfALK . .. ono io, <lunque, un militarista, un guerrafon– daio, una tigre ircana assetata. di sangue? Non crederei. Ma, per quanto la guerra sia un fatto orribile e odioso a causa d ei milioni di ric– chezza che essa distrugge e delle migliu.ia di vite umane che maciulla in pochi gio rni, io no n posso non riconoscere che ,·i sono paci più orribili e più o,liose della guerra: sono le paci, che consumano a fuoco lento i popoli; le paci) di cui una nazione approfitta, mentre la nazione vicina vede soffocata in esse tutte le proprie energie economiche e mo– rali; le paci, in cui i lavoratori muoiono, non tutti in un ~iorno sul campo di battaglia, ma estenuati giorno per giorno dalla fame, massacrati nei tu– multi civili, abbrutiti dalla miseria e dall 1 1gno– rauza; le paci, <la cui i paesi non so11O devastati in un giorno solo, salvo a rifarsi in un paio d'auni 1 ma sono impoveriti ed esauriti ora per ora, minuto per minuto, e resi incapaci per secoli a rialzarsi. A queste paci la guerra. è preferibile rnille volte per una nazione, quanrlo vi sia u,ia :su(ficienle sicu1·e::zache la guer1·a 1·tesca vilt'o1'i osa. E vi sono pure casi, in cui una nazione <leve fa.re la guerra, anche cou la sicurezza della sconti tta, s olo per salvare il suo onore e per lanciare un grido cli vendetta e di riscossa verso ravvt\nire. Gari– balrli non è stato mai così grande, come al Con– gresso della pace del 1867 1 dove andò a parlare di guerra e ne uscì per correre a Monterotondo e a Mentaua. Come nelle lotte sociali è pazzo .chi sbraita ad ogni passo di barricate e di rivoluzione, ma è ingannatore o vile chi abdica incondiziona– tamente al diritto della violenza; così, nei rapporti internazionali, il desiderio energico, ardente, sin– cero della pace deve essere subordinato sem,p1·e al desiderio più energico, più ardente, più sincero del bene del proprio paese: cioè - per noi socia– listi - dei lavoratori del nostro paese, i cui inte– ressi dobbiamo cercare sempre di coordinare con quelli dei lavoratori vicini, ma non dobbiamo subordinarli mai, mai, mai. La pace, <li cui ha goduto PEuropa cla.l 1882 ad og~i, è stata bene utile ai lavoratori tedeschi 1 che, per mezzo della Tri piice Alleanza., hanno visto scaricata sui lavoratori italiani una buon1:1. dose di quelle spese militari che avrebbno dovuto pag'are essi per difendersi contro la Francia. Noi abbiamo fatto per venti anni gli scherani della Germania contro la } 1 raocia; e abbiamo fatto gli scherani a nostre spese. E, mentre la ricchezza della Get'mauia cresceva in grazia ùel nostro aiuto e dei nostri sacrifizì, e i lavoratori terteschi si dividevano con la borghesia tedesca i profitti della loro meravi– gliosa prosperità nazionale, lo sviluppo economico dell 1 Italia rimaneva dalle troppe spese militari in– ceppato e paralizzato. Quanti l avorato ri sono stati uccisi in Italia nei tumulti di fa.me dal 1882 acl oggi? Quanti lavora– tori italiani , cost retti <la.Ila miMria ad emigrare, hanno seminato delle loro ossa le cinque parti del mondo? Quanti lavoratori italiani sono morti in patria di malattie incubate dalla inrligenza.? Quante terre sono rimaste incolte, che avrebbero potuto essere rese fruttifere, se le sµese militari utili alla Germania non avessero distnttta ta.uta parte <lel nostro capitale? Quante fabbriche hanno mancato di nascere? E, se nel 1882 1 una guerra fosse stata possibile, che ci avesse risparmiato tanti danni e tante vergogne, questa gl1e1-ra 1 o pacifisti <lal cuo– ricino tenero, non sarebbe stata preferibile alla vostra cara pace ? Questa guerra nel 1882 non era possibile. L'Italia - dicono -- doveva entrare nella Triplice alleanza, e a quelle condizioni, per evitare mali maggiori . E la pace, clie abbiam sofferta. per tanti anni, era sempre il meno peggio che ci poteva toccare, data la miseria iut;ellettuale di Umberto I di Savoia e della abbietta oligarch1a affaristica. cbe, stretta in– torno a lui, sfruttava e disonora.va l'Italia; data la vigliaccheria innata della nostra diplomazia 1 la quale non ha avuto mai fede nella forza del no– st.ro sentimento nazionale e, trascinata a Roma a peda te dai 1>artiti rivoluzionari, ha sempre temuto e teme tuttora per Roma, e riduce tutta la sua opera a difendere Roma contro la diplomazia pon– tificia, come se Roma non fosse difesa dall'Italia; data la funesta e vana illusione di lanciare l'Italia, sussidiata dalla ':L1riplice,nelle avventure coloniali; tluta la disorganizzazione tli tutte le amministra– zioni civili e militari dello Stato. E così sia. .·. Ma dal 1882 al 1908 qualcosa si ò mutato nel moll(lo, non per merito nostro, ma a nost.ro van– taggio. - L'Iughilr.erra, che dal 1870 al U)()() si era astenuta dall'intervenire attivam.eute nel perenne conilitto franco-germanico, e nell'insieme el'a stata piuttosto avversa alla .!!'rancia e propizia alla Ger• 1111:Lnic1., è uscita dal suo tracliziouale isolame.nto magnifico e sterile; ed ha preso posizione contro la Germania. Non si tratta di capricci o di vuote gelosie nazionali: si tratta di un contrasto d'inte– ressi assolutamente inconciliabile. Mentre l'Inghil– terra mantiene iu tntti i suoi territori il regime riel libero scambio e consente ai procluttori tedeschi di venire nei confini inglesi a fare la.concorrenza ai produttori ing'lesi, la Germania chimle con bar– riere protezioniste e anche. proibitive tutti i suoi domiuì alle merci inglesi. E una lotta ad armi ineguali, iu cui l'Inghilterra soffre tutti i danni del libero scambio proprio e del protezionismo germanico, e la Germania sfrutta tutti i vantaggi del protezionismo prnprio e del libero scambio inglese. Il ptirtito conserva.tare inglese 1 capitanato dal Chamberlain, credè di poter salvare l'industria iug-Iese opponendo al protezionismo tedesco un pro• tezionismo inglese. Ma le moltitudini lavoratrici 1lelPinghilterra capirono che di questo protezioni– smo esse avrebbero pagate le spese con un più caro prezzo ili tutta la vita, e respinsero a enorme maggioranza il programma conservatore. E<l ora non resta all'lughilterra che assalire la diffic0ltà da un altro lato. J1' necessw·to al v,·om·esso eco- 1iomico e aem,ocratico deltI>ighilten·lt che sia 1·0Uo il ce1·chio del vrote:;ionisnw 11errnaaico, af• finchè l'Jng-hilterra possu. lottare iul anni eguali con la Germania nella. concorrenzu, internaziouale. E la Germania, che ha assiso tutto il suo sistema ecouomico 1 !:IOcialee politico uel protezionismo, e per cui il libero scambio produrrebbe una immensa crisi rovinosa, la Germania resiste e resisterà. alla pressione inglese finchè le rimarrà un filo di fiato. Questi due avversari si trovano 1 però, in una situazione strana: l'uno ò fortissimo per mare e quasi nullo per terra; l'altro è fortissimo µer terra e relativamente debole per mare: gl'Jnglesi non possono arrivare a Berlino, e i 'l'edeschi uou pos– sono andare a dettare la pace a Londra: possono darsi noia e paralizzarsi ovunque regli organi non vitali; l'uno non riescirà. mai con le sue sole forze a sopra [fare Pal tra. E1l ecco Plng-hilte1Ta cercare le forze di terra che le ma.ncano. E si unisce alla. }'rancia e alla Russia. E la,vora affannosamente a stringere a sè la 'J'ur– chia costituzionale, la Serbia, il Montenegro, e pos• sibilmente anche la Bulgaria; e og-ni suo successo nei Balcani è uno scacco della politica germanica. Alleata o amica, insieme alla Francia, ilella Spagna

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