Critica Sociale - XVIII - n.22-23 - 16 nov.-1 dic 1908

CRITICASOCtALE 363 di mettere la metà delle ,'lemenli 1 eh'! occo,.,.e1·a1mo su.lla Colonia 1 cli pagai·e la m.elà di lulli i letami, pali, l'd– moni e cnnne per le Viti ehe potessei·o occol'ì·e1·e oltre a quelle della co 1 onia. 10, - Non potrà il lavol'alore fai·e i cosi detti bacclù vimonto rassegnato, preparano le forme della vita nuova. Essi destano nelle anime rozze del contarlioi la coscienza sopita dPi loro dolori. Questa ~otr-,renza è redentrice perchè è nece'tsaria. H.icorrlate Nietz'tche? u li dolore soltanto è la causa di quanto l'umanità. ha prodotto di da seta senza licenza det Padi·one, e cont1·avvenendo grande e di bello. , 1 hteo1·,·e1·à 1iella multa di scudi 10 in favore del F'.t- d1·one. I I. - Non poll·à il colono lflf/liai·(! nei ::occhi delle selve e cai,eòali; e senza licnl::a del Pad1·nne 1 o suo in– ca1·icato non pQlrà. mai aspo,·tai·e dal fondo alcuna bt.mchè minima quantità. di fascine d1qualunque specie: e 1•il1•0,;a11dosi il detto colono o qualcuno di sua fami– glia fuo1•1 d~l fondo, o pe,· is(1•ada, od in pia;z-a con un fasc:io di legna, fascine, s iampelle od all1·0 senzae– eh•! abt;,a 1·ipo1·tala la p1·eve11lioa (ir:enza del, Padrone, sa,·rì il colono stesso decaduto eta ngni cli,·itlo di colonia. e poti·ù ,t P.,cli·one scaccial'lo anche furwi cli temp1. 10. - .Non potl·à il lrn·o1·ato1·c lcnei·esul fondo ana 1 re, o ·he, gallinacci, ed altri animali p,·egùufo.:evoli ai se– minati, ,'!en:a espressa Jicen:a del Padi·one; e cont1·av– venendo pa[Ihe1·it al P.Jd1·one scurii 2 pei· ogni capo. 2:1. - .toulo riuua1"Clo allo ,,;;IJila'lcio, in cui t1·ovansi in uene,•a/{' I11tte le famivlie co'onidw, <·he può 1·ite- 11e,.sicausato dal lu,·so (!!). il la1•0,·atore e sua famiglia <fogni sf's.w non potrà fai· uso cl'alli·i panni pe1· ,,e. st11·sise ·non di quelli cosi. ddlli casalini, e volendo p1·ov– vedersi cli quelli di bottega non J)Ot1·à fal'lo senza esprc'lsO pennessn o licenza del l'ad,·one, e cont1·a,;ve– nendo sm·à in facoltà del Pad1·01w di accomiatarlo an• che fuori di tempo. :tO. - Sarà prnibilo al lavrn-alfwe di formw·e debiti coi terzi sen-;a l'intelligenza del Parti·one. 3 I. - Il lavorato1•e 1 oltre la metà di tulle le tasse 1n•efliali <li qualunque denomina::ione etse siano, co1·1·i• spondenl al Pad1·one le ,·egal'i.eseg11enti: .l Natale Cap– voni Jìaia .V. 1'1•e - A Canwtmle lialline paia X. 1.'1·e - rova at mese .V. Dieci - ..i Pasqua uov<L ,Y. Cento - in L\goslo Pollastri paia N T1·e; e (tnatmenle se,·vire ilPetrli'one ove i;enisse 1·idiieHo in qualunque suo bi– sogno anche (uoi·i di Paese. ('l'utti questi ,1rticoli sono stampati: nel patto ehe ho duanti vi sono i seguenti ng~iunti a mano): - Jt colono sa,·à obbligato di p l{la1·ean.1wfllm':!11le al Padi·one scu ti li'~ irt cor,·isp'.•ttit·n della cessione ria eiSO falla,qli dd l'ùrcile. - il cotono sa,·à obf.,liqalo di fm·e ,t nugato per la />c.l(l1·ona q1tando ad e;sa occo1·1•a, 1·icevendo dalla me– rlesi,11a il sapone e la cenere che poli'à al)bisog11a1·e,e ciò senza 1n·,.Hende1·e alcun comp,mso. Sorprendiamoci, dopo ciò, che i borghesi siano tanto teneri \'Or.:-10 l'istituto della mezzadria e che gli econo– misti lo proclamino l'ideale dei contratti colonici! Non hanno essi a suo tempo sostenuto con pari cinismo ne– cessarie la schiavitù e la servitù della gleba? Oli an– tichi sono degni dei moderni: testò il Co,.,.iere della Sera affermava essere i salari della società capitalista supe– riori a quelli che offrirebbe il collettivismo; ieri Luigi Luzzattl JHlrlava dell'ausilio che verrebbe all'economia nazlonnle dni famigerati " rivolottl d'oro ,,,delle Con– gregazioni reli.giose. Rivoletli, che escono, in cambio di fiumm1e che entrano. Oh I huon fra Oaldino, ohe miglior economista tu eri! La morale degli economisti dice buono quel che ò buono alla borghesia. È bene se io mangio te, è male se tu mangi me, sentenziava quell'antropofttgo. I socia– listi, aiutando lo sfasciarsi delle antiche forme di asser- IL PROBLK\1.1 DELLE ASSIGUR IZIUNI OPERAIE in Italia e ... fuori li recente Congre~~o internazionale delle Assicura– zioni sociali tenutosi a Roma negli ultimi giorni dello scorso settembre ha rimesso a nuovo la discussione sulla necessità di introdurre uella. legi~lazione italiana i necessari provvedimenti per l'as;;icurazione operaia. Di~cus~ioue che viene affacciata <li quando in quando da qua.lche !lo\itario studioso, e che i partiti più forte– mente intere~sati lasciano sistematicamente cadere uel vuoto. Eppure si tratta qui sopratutto <lell'elemeulo operaio, anzi esclu-iivamente di es◄o, poichè tutte le altre clas!:li sociali sono sufàcieulemente cautelate contro le acci– rlent.alità. della vita da uu pili sviluppato spirito di previdenza e da una maggiore potenzialità economica. Solo l'operRio è abbanrloualo allo sbaraglio delle ma– lattie e delle disgrazie; solo es◄o deve guardare con terrore ai pericoli e ai travagli che arrecano le ma– lattie, conlro cui non ha altro riparo che la ca.riti\ privata, o la solidarietà dei compa~ni, o la assistenza pubblica estrinsecata con le Opere Pie e gli Owedali. Quanto intluisca la preoccupazione di sentirsi abban– donati ai capricci del ca.io , negli atteggiamenti dell'o• pernio in genere, del padre di famiglia in ispecie, 6 cosa facile ad intuirsi. Che altro è questa lotta per ottenere posti presso ìe grandi aziende statali o muui · cipali che continuano a pagare il salario mensile auche quando l'operaio è degente per causa di malattia, se non il prodotto di questo incubo che oguuoo i,;ente, che fa pensare con costernazione ad una disgrazia che interrompa il lavoro, che chiuda Funica sorgente dei modesti guadagni e precipiti la famiglia - dapprima equilibrata in un regime di mode~te ma sicure risorse - nelle torture disperate della miseria e dell'abbau– dono? Quanti operai, dapprima ribelli spregiudicati, intre• pidi combattenti contro ingiustizie di partiti avversi, non si sentono paralizzati nei loro movimenti, co~tretti a. freuare i loro slanci, quando hanno sulle spalle le re:;:ponsabilità della famiglia 1 coi doveri che da essa promanano? E quanti altri, che han provato le ango– scia mute e i dolori ignorati delle gran li sventure do– mestiche, quando possono trovare un piccolo nido, un luogo di riparo contro le tempeste della vita, si ran– nicchiano nel silenzio, e talvolta diventano codardi e servili, terrorizzati all'idea di vedersi oggi o domani sbalzati via da quel rirugio e cacciati, ancora iodifesi e poveri, nel turbine della vita? lo ho vivo nella memoria il ricordo delle lotte sorde che vedevo svolgersi, tra salariati avventizi e contadini obbligati, nelle campagne del Jterrarese; perchè tutti volevano avere il posto sicuro, il tetto sicuro, il pane (ahimè! talvolta era la polenta!) sicuro. E gli avven• tizi accusavano gli obbligati di egoismo 1 e que.'jli ri– spondevano tacciando quelli di invidiosi. Egli è che tutti sentono il bisogno imperioso, legittimo, umano,

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