Critica Sociale - Anno XV - n. 18 - 16 settembre 1905

276 CRITICASOCIALE sempre maggiori sviluppi e a diventare in un lon– tano avvenire, il contro di un nuovo sistema tribu– tario risolutamente democratico. 2° Abolizione del dazio consumo su tutti i ge– neri che non siano carni, vino e pochi altri di cui è possibile e facile la riscossione senza ricorrere allri cinta, la quale così verrebbe abbattuta in tutti i Comuni del Regno. 3° Sicura autonomia finanziaria degli enti locali, ai quali si dovrebbero con successive riforme asse– gnare tutti i proventi delle imposte fondiarie, ma ai quali intanto si darebbe la possibilità di svolgere pii', rapidamente la loro attività economica semm detrimento delle classi più numerose e più povere, messe al riparo dalle rapine fiscali delle classi do· minanti con l'abolizione delle irritanti imposte per– sonali locali e con la profonda riforma del dazio. 4° Alle quali proposte sarebbe da aggiungerne un'ultima, che riguarda pill il tempo e il modo della loro attuazione che non la loro intima sostanza; e cioè il riconoscimento del principio 1 ammesso in tutte le cose umane, eccettuata .. la politica italiana: che a mali urgenti occorrono urgenti rimedi. ~, poichè in gran parte del :Mezzogiorno e delle Jsole, per l'agglomero della popolazione rurale nelle città e nelle borgate, e per la cattiva applicazione delle imposte locali, la riforma tributaria ha un carat– tere di improrogabile necessità, qui occorrerebbe incominciare, se i mezzi non consentono di alfrcn– tare subito e dapertutto il grave problema. Nè crediamo che le altre regioni vorrebbero dolersi di questa priorità già concessa alle regioni più desolato cPitalia, però che, risolto, con maggiore larghezza che non altrove, il problema dei tributi nel )Jezzogiorno, sarebbe poi molto agevole risolverlo dove la ric– chezza maggiore e la maggiore elasticità dei bilanci locali agevolano l'opera riformatrice. Tutto starà nel vedere se il socialismo e la de• mocrazia vorranno fare sul serio, e vonanno ricor– darsi di essere, non soltanto una forza di negazione e di critica, ma altresì di eccitamento e di stimolo. Per conto nostro saremo ben lieti se avremo pro– vocato, intorno a queste poche e schematiche idee, una larga o feconda discussione. [VANOE Boxmn. ILLIBRO D'UN AMERICANO SULL'ITALIA ''' Da qualche tempo gli stranieri cessano dal considerare il nostro paese solo come un grande musco di ricordi dorici e di capola,·ori d'arte; ed incominciano ad inte– ressarsi anche alla nostra vitn, attuale, e non solo a ri– l(n•arne i difetti, ma. ad ammirarne le solido fondamenta e le caratteristiche preziose. Dopo gli elogi di A. E'ouillée nella sua Psychologie des peuples e11ropéens, il libro di 'l'h. Okey e Bolton lCing e quello di 'l'aylor; dopo quello di Fischer, Jtalicn uml die Jtaliener, questo di un Yankee, appartenente a una dello famiglie più colte di Boston, l'Atene americnun 1 e che ha vissuto parecchi auni nel nostro paese, imparando ad amarlo e ad apprezzarlo 1rnr nella sua realtì~ attuale. Che entusiasmo pei martiri del nostro risorgimento! Quale fiducia nel nostro av– venire t Ma non ò di questo che specialmente vogliamo par– lare, a proposito di questo libro. F, ben piuttosto della sua portata politica. Esso ba in comune con le altre opere succitate la critica del meccanismo politico-ammi• nistra.tivo, una critica che è quella quotidianamente fatta (1) f,a te,·za I/alla, lcitero d'Ull T.O.NK! sl:: tudotte da l:''tdci·tco Gm·– Umda. Jlomt1., Mll)llotect\ della Minerva. dagli intelletti migliori della parte democratica. Ed ha in comune con esse la viva percezione del contrasto tra la vita sana, promettente del popolo e quella artiflziosa cd opprimente de' suoi istituti; contrasto che gli fa escla– mare: qualunque altro popolo, sotto il medesimo peso di sciagure e di mal governo, si sarebbe rimbarl.iarito; la miglior prova della vigorìa di questa razza è che essa non solo non si è l'imbarbarita, ma progredisce rapida– mente sotto i nostri occt1i. A che cosa arriverebbe essa se, invece che ostacolata, fosse secondata? Una. deficienza capitale lo scrittore ravvisa in tutta. la nostra vita pratica collettiva e prirnta, deficienza che d'altronde era stata giù. bene messa in luce dal F'errero nella. Europa giovane; la mancanza del senso dell'orga– nizzazione; prova migliore di questa, credo io, non si potrebbe addurre contro la teoria di culoro che parlano di noi come di una razza latina. I latini furono eminen– temente organizzatori; e d'altronde attualmente in Italia, come influenza, predomina l'elemento celtico dell'Jtalia del Nord. Questa deficienza del senso di org:mizzazione si è fatta subito sentire all'indomani della nostra uniftcazioùe, quando gli cntusia~mi dovettero cominciare a cedere il posto alle opere costruttive. Nella organizzazione del sistema amministrati\•o si fece tabula ra/.a di ciò che di migliore c'era nei sistemi austriaco e toscano, e al si– stema delle larghe autonomie regionali si è sostituito, sotto l'influenza dell'alto prestigio della Francia d'allora, il sistema accentratore ed egualitario dei nostri vicini d'oltr'alpe, a dispetto di tutta la nostra eterogeneità. Di qui la creazione d'una burocrazia ingombraute, vero Stato nello Stato, costosa, lenta e che impaccia il sor– gere delle nuove iniziative, rattrappisce le vecchie, im– pedisce la costituzione di un forte spirito locale e rende possibile la corruzione governativa, che nasce ovunque, per tal guii.a, la vita politica o l'amministrativa si con– rondono:" qualche volta gli Italiani aprono gli occhi e fanno le mer~viglie quando leggono nei giornali le pro– dezze delle nostre 1'ammany Halls; ma questa che essi hanno qui è una 'l'ammany Hall governativa!~ La Tam many IIaU americana ruba a man salva, ma non op– prime, non vessa, non inceppa; la 'l'ammany Hall ita– liana ruba, pili di quello che l'autore crede, e per di più opprime ed inceppa. L'autore rileva 1rnre il ratto curiosissimo, che, mentre abbiamo imitato dalla lfrancia ciò che non faceva al caso nostro per ciò che riguarda gli ordinamenti ammi– nistrativi, non abbiamo continuato l'imitazione tlove essa cominciava ad essere adeguata ai nostri bisogni, nel si– stema fiscale, ad es. Le abitudini della popolazioni~ nei rapporti col fisco, l'indole dell'agricoltura e delle indu– strie, perfino il regimo della proprietà. fondiaria erano somigliantissimi tra la ·Francia e una gran parte del– PJtaliaj eppure si è anelati a pescare un po' di qua, un po' di là) introducendo tutte le tasse che si trovarono appli– cate o solo concepite in altri paesi, e prendendo dall'ln• ghilterra. quella i11come fax 1 che presuppone una mora• lità pubblica formata da secoli, e che non poteva esistere in una nazione gio\'ane come la nostra. In Inghilterra, grazie alla vita libera e autonoma 1 che esiste da secoli, il cittadino si vergognerebbe di frodare l'erario pubblico. ln Italia, grazie a secoli d'oppressione e di deyastazione, l'autorità. è guardata con diffidenza e li fargliela non è cagione di vergogna, ma di vanto. Per di pili, l'altezza Jell'imposta è tale ohe, riconosce il nostro autore, il difendersi dagli artigli del fisco può perfino sembrare un dovere.

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