Critica Sociale - Anno XV - n. 5 - 1 marzo 1905

70 CRITICA SOCIALE Fin che si è trattato di criticare, i poeti (l i metafi– sici andavano benone; adesso bisogna fare e essi non servono più; ci vogliono uomini nuoYi. Nei Co– muni, nelle Opere l)ie, al Governo, nelle Organizza– zioni, sono moltissimi i problemi tecnici che de,•ono essere discussi, molta l'opera tecnica da compiere. L'approssimativo, l'" ù peu-près "' che è la c~ratte– ristica del pensiero democratico, non serve a nulla. Bisogna avere idee rhiare e precise e, per aver idee chiare e precise, bisogna sapere. Il sacro orrore per la carta stampata conviene che scompaia. li genio non è sufficiente: anche il genio è sopratutto fatica. Don 0hisciotte ha fatto il suo tempo! E perohè questa trasformazione profonda si com– pia è necessario che la democrazia,. disponga di im– piegati abili e fedeli. Bisogna cominciare a stimare Pimpiegato, a non considerarlo come uno sfruttatore, una spesa improduttiva, un male inevitabile, ma come un collaboratore utile e necessario. Bisogna abbandonare la balorda jdea che il primo atto di saggia democrazia stia nello sfruttarlo il più possi– bile, e sostituirvi, invece, il concetto del massimo prodotto col minimo mezzo. L'udtno viVe anche di pane! Tutta la questione sta qui : spendere per l'im– piegato ciò che ne assicuri il massimo rendimento per lo scopo per il quale lo si paga. Convien togliersi dalla testa che le cose vadano avanti con delle Com– missioni, dei Consigli, dei Comitati direttivi, che, per essere collegiali, sono già nell'impotenza di fare e che, per essere elettivi e numerosi, contengono molta zavorra non solo inutile - che sarebbe il meno male - ma dannosa. L'idea non basta, l'idea non è che Ja meta, e è per sè niente.-,~ l'esecuzione che conta, è l'azione effettiva. E l'ar.ione effettiva non può esser fatta che da uomini che vi si dedi– chino con amore e con costanza. Ciò che conta è so• pratutto l'uomo. 1'he right man in the 1·ight J)lace. 'l'utto è opera dell'uomo: non dell'uomo in genere, dell'uomo astratto, ma di un uomo concreto, di quel dato uomo. E bisogna, sopratutto, rispettarn la dignità del– l'uomo, riconoscerne l'opera, lasciarlo agire, perchè trovi Ja sua gioia e il suo piacere nel lavoro; la– sciargli la sua responsabilità e il ~uo merito. L'uomo non vive di solo pane! E bisogna ancora segnargli il suo posto, perchè egli vi si dedichi più specialmente e conosca bene e a fondo ciò che si deve fare e ciò che è vossibile fare. E qui considerarlo come collaboratore e non come esecutore, riconoscere la sua competenza, coadiuvare le sue iniziative, e abituarsi al rispetto per le competenze. Vopera della democrazia nel problema .così im– portante degli impiegati deve esser quella di stu– diare i sistemi più acconci perchè l'impiegato si trasformi da fravet in uomo. Questo è ciò che di pii1 essenziale può e deve fare la democrazia. Discus– sione sugli organici : se si debba, come io credo, o no abolirli e, nel primo caso, quali nuove forme si debbano trovare per la difesa dell'impiegato contro gli eventuali abusi di potere, visto che, nelle pub– bliche cose, manca, in chi governa, la molla dell'in– teresse diretto, che solo può far apprezzare nel suo giusto valore l'opera dell'impiegato; stipendi, sfera d'azione, autonomia, ecc., ecc., sono tutte questioni della massima impol'tanza. La democrazia ha bisogno di una nuova burocra– zia, voglio dire cli una nuova schiera cli impiegati che ne capisca i bisogni e le aspirazioni e li tra– duca in atto. Ed ò soltanto quando la democrazia avrà saputo dar vita a questi organi indispensabili, che il pensiero democratico scenderà dall'Olimpo sulla terra a trasformarla e ad elevarla. li', PAGT,IARI. UN'ORAD:ECISIV A per il partito socialista manfouano È nota la crisi che sta attraversando il partito socialista mantovano. Conquistato il Consiglio Provinciale con lo sforzo concorde dei rivoluzionarì e dei così eletti riformisti, costituita da un anno l'1.11nministrazione provinciale presieduta da!Pamico Carlo Yezzani e composta di socialisti delle due tendenze, ai trattava di arren• dersi alla prova dei fatti e di proclamare concorde– mente che il metodo complesso 1 fatto cli audacie in– novatrici e di prudenze calcolate, di graduali conquiste e di slanci generosi, metodo senza jattanze come senza paure, non era e non è nè rivoluzionario nè riformista (nel senso erroneo che si vuol dare a questo aggettivo) ma puramente e semplicemente socialista. Se □on che a questo riconoscimento, che avrebbe prodotta la vera e propria unità cordiale del partito socialista manto– vano, non vollero piegarsi i rivoluzionari, cui piace proclamare che H Manto\•ano è rivoluzionario e che le sue recenti vittorie e la sua penetrazione in tutti i pubblici poteri sono da attribuirsi a merito esclu– sivo della loro predicazione. .Per questo, Carlo Vezzani, anche a nome dei suoi colleghi, ebbe a presentare nel gen□aio scorso le sue dimissioni dalla carica delicatissima e importantis– sima che oecupa, ect ora si appella ad una nuova riunione plenaria del proletariato socialista manto– vano per sapere se egli deve - per doverosa coe• renza -- insistere nel suo ritiro. Ed è per illuminare la_ futura discussione e pe,· precisare i patti, ai quali gh elementi non rivoluzionarì potranno in avvenire collaborare all'opera riformatrice già iniziata. nelle pubbliche amministrar.ioni 1 che Carlo Vezzani licenzia un opuscolo, che porta appunto il titolo che abbiamo conservato qui sopra, e dal quale stralciamo alcuni brani di grande interesse. Uno sguardo al passato. Nel 1884 vi fu nel )fantovano un primo tentativo di organiz;mzione. Vennero poi gli arresti e il processo di Venezia; ma del lavoro fatto ben poco rimase. Secondo tentativo: quello della cooperazione. - Si di– ceva: la resistenza non va; ci ,,ogliono le Cooperative. ·- E le Cooperative 1 clie dovevano dare una base eco– nomica e duratura all'agitazione, sorsero in tutta la Provincia. Como sia fluito questo movimento, voi già sapete i fu uno sfacelo quasi generale. Perchè questo sfacelo? La reazione politica J>UÒ avervi contrilrnitoi ma, più che la reazione politica, la mancanza di preparazione. Il difetto di attitudini morali e materiali alla gestione sociale aveva minato le basi delle nuove istituzioni. E ci troviamo sulla soglia di quella che chiamerò la terza tappa del nostro proletariato, contraddistinta da un grnnde lavoro di propaganda verbale e dal ritorno al vecchio concetto della resistenza: il movimflnto delle Leghe. J,a propaganda verbale ebbe indubbiamente una grande importanza: essa sviluppò in mezzo ai lavoratori lo spi– rito di solidarietà e di resistouza; fece loro comprendere il conflitto inconciliabile d'interessi fra borghesia e pro– letariato e diede a questo una chiara. visione della lotta di classe. ll proletariato fece cosl un passo gigantesco, ma, per un fenomeno naturalissimo 1 concepì troppe speranze in– torno agli effetti immediati dell'organizzazione; e, quando ai primi successi, favoriti dalle condizioni speciali del-

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