Critica Sociale - Anno XV - n. 5 - 1 marzo 1905

CRITICASOCIALE 67 Concordato frn le parti - nel caso concreto, fra Stato e ferrovieri - il non uso dello sciopero con sanzioni civili per i trasgressori, rimane ancora dA. regolare il modo con cui si potril. in avvenire modi– ficare e migliorare il contratto di lavoro. :Nessuno vorn\ porre in dubbio che le condizioni di tutte le industrie, e quindi anche di quelle dei ser– vizi pubblici, sono soggette a. mutare rapidamente. Ora, posto che queste condizioni si facciano più pro– spere, che i progetti aumentino e che cli conseguenza si renda possibile un incremento dei sala.rii, non deve esser concesso ngli operai di introdurre nei loro antichi contratti di lavoro patti più favorevoli? Si risponde che a questo bastano gli arbitrati, spccitllmcnte se questi arbitrati saranno investiti del potere di revisione periodica dei contratti stessi. Ma noi ci permettiamo di essere molto pessimisti a questo riguardo. Anzitutto, è molto diffìcilo costituire in queste ma– terie Collegi nrbitrnli, in quanto i rappresenbrnti delle duo parti finiscono in pratica a funzionare da patroni e non da arbitri, lasciando tutta la respon– sabilità del lodo al terzo o ai terzi, i quali, solo in casi eccezionali, possono raccogliere la fiducia dei contendenti. Quindi, se questi arbitrati possono ri– solYere le minori controversie, specialmente di ca– rattere interpretath•o, non Rono molto atti a intro– durre modificazioni sostanziali nel contratto di lavoro. Per noi, In soluzione è da. ricercarsi nel passaggio dei grandi servizii agli enti pubblici (Stato, Provin– cie, Comuni). Le ferrovie gestite dallo Stato non si– gnificano soltanto un assetto economico e politico pii1 propizio al paese e al suo avvenire, ma anche una condizione favorevole ai ferrovieri per ottenere - pur senza far uso dello sciopero - ciò che è compatibile con Fiutercsse dei consumatori, ossia della collettività. Si rifletta infatti alla differenza che corre fra la condizione dei ferrovieri quando sono soggetti alle Compagnie private e quando sono soggetti allo Stato. Nel primo caso, essi sono totalmente esclusi dalla proprietà dell'azienda in cui servono, cosicchò ogni loro vertenza con i capitalisti padroni non può essere sorretta da alcu,ùlitra forza all'infuori dello sciopero, che nei grandi servizi pubblici è di esito molto dubbio. Nel secondo caso, invece, anche i ferrovieri concor– rono, mediante l'elettorato, nlla formazione del Par– lamento e quindi del Governo e dello Stato, e nella nuova azienda democratizzata essi - che come cit– tadini sono anche in parte padroni - possono far valere i loro diritti. La ragione per cui le varie categorie degli impie– gati dello Stato non ricorrono allo sciopero per mi– gliorare le loro condizioni economiche, o, se pensano di ricorrervi, il fatto è così anormale che non va piì1 in fa di un inizio di esecuzione, non è da ricercarsi soltanto nella loro condizione giuridica, ben diversa da quella di un salnriato pagato a settimana od a mese senza uno stabile contratto di lavoro e ahituato all1alea del licenziamento 1 ma ò anche da attribuirsi alla facilità con la qnnle essi possono, per le vie normali dell'azione pnrlamentare, premere sul potere pubblico da cui dipendono. Professori secondari, im– piegnti del catasto, cancellieri, postali-telegrafici hanno già appreso da tempo che lo sciopero non è la lot·o armo, porchè no hanno un'altra di ben più facile uso, e, nel caso dei postali-telegrafici, recen– temente vittoriosn. Se non che, a questa sostituzione dell'azione parlamentare all'azione diretta di classe - sostituzione che, per la leg-ge-del minimo mezzo, è destinata a trionfare non appena un'industritt passi dal privato "all'ente pubblico - si muove ora una obbiezione cbe a primo aspetto pare abbia un gran peso. Molti ferrovieri negano la. g-rande importanza dell'esercizio di Stato delle ferrovie anche nei rap- porti delle loro rivendicazioni economiche, affermando che i vantaggi, che si potevano conseguire con la nazionalizznziono delle ferrovie, non sono raggiungi– bili con la statizzttzione. Ora qui vi ò un equivoco che occorre chiarire. Che è infatti la contesa fra nazionalizzatori e sta– tizzatori, così come si è svolta in Italia? [11 sostanza è la vecchia contesa fra regime pal'iamentare e re– gime rappresentativo ( 1). La statizzazione, "OSÌ come fu proposta, affida an– cora al Parlamento e al Governo lu direzione suprema dell'azienda ferroviaria. li che vuol dire che i vari interessi clonanno valersi dei partiti per agire sul• l'azienda stessa. La nazionalizzazione invece, quale l'ha disegnata il Nofri, consegnerebhe le ferrovie a una. rappresentanza dirotta cli industriali, cli agricol– tori e di operai, perchè, nssicme al Uoverno, ne as• suma la gestione, fuori d'ogni illecita ingerenza di partiti politici. Ora, noi riconosciamo di buon grado la maggiore efficacia, dal punto di vista dell'abilità tecnica e della difesa degli intercs$,!_.del paese, del regime rappresen– tath·o od organico, rispetto al regime pA.rlamentarc così spesso insuf1iciente ad esprimere gli interessi delle varie categorie economiche che costituiscono la nazione. Ma, se limitiamo il nostro esame all'azione dei lavoratori per mi~liorare il loro contratto cli la– voro, non vediamo dove la nazionalizzazione può of– frire, oggi e in Italia, più vantaggi della statizzazione. Nella rappresentanza diretta degli interessi, gli operai (e non soltanto i ferrovieri, ma tutti gli operai organizzati) entrerebbero solo per una parte, che sa• rebbe sempre in grande minoranza di fronte alle rr~ppresentnnzo degli altri ceti (2). Nel regime par– lamentare inYece, i ferrovieri possono esercitare, in certe circostanze politiche, un'influenza molto supe– riore alle loro forze eflèttive, come, ad esempio, du– rante il primo Ministero t:'.;anarclelli, i□ cui il vario e mobilissimo giuoco dei partiti a,·eva fatto del mo• vimento dei la,·orntori il fulcro cli tutta la politica governativa. Per queste nostre idee noi non sappiamo scindere la questione dello sciopero dei ferrovieri chtll'esercizio di Stato delle ferrovie. La pattuizione del non uso dello sciopero, che abbiamo indicata come transa– zione fra il diritto dei ferrovieri e quello della col– lettiYità e che vorremmo garantita da sanzioni civili per i trasgressori, deve essere integrata con J1eser• cizio di Stato delle ferrovie, perchè i ferrovieri ab– biano modo di sostituire all'arme dello sciopero, a cui rinunciano, la pressione politica. sul potere pub– bliM dal quale dipendono e che essi stessi concor– rono a formare. Lode quindi al nostro Gruppo parlamentare, il quale - sotto la furin delle calunnie con cui il rivoluzionarismo tenta screditarlo fra le masse, per instaurare sulla rovina dell'autorità sua quell'azione diretta che, quando si palesa apertamente, non è che anarchismo corporativista - ha saputo tener sempre presente che non bisogna. scompagnare la battaglia. per la difesa delle organizzazioni operaie dalla suprema batta.glia. per aflìda1·e alla collettività, mediante i suoi organi oggi non perfetti ma certo perfettibili, l'esercizio delle ferrovie. !VANOE BONOMI. Sebbene le ideo svolte in questo articolo, colla solit a sobrietà. e 11itidezzn, da 1vunoo Bonomi si muoya.no in (I) nm l)OJlOlurl1,1.nzlono di Qll('8tl due Sl8krnl l'hll fflttn I! Dc Grccr nel \l.)llllllCtlo CIIO J)Ortn fll)llllUtO questo 111010. {l'andron, l'a• Jermo, 1896). ('I sceon(IO Il 1lrOKC'ttOs-orrl, Il Conslgllo Oe -nern.lo d'Ammtnlstra– zlono sarelllle cornJ)OSto di s:, momhrl, di cui 17 nomlnntl dal Go,·crno, 9 eletti dnlll' Cn.mor<' (11 commercio o <1111Comizi agr11rt e- 9 eletti <111.llcC'11111Cr('Il 111,·1.m) ('(I MlllUIIZZIIIIOnl 01>era1e di me~tiere. In 111odoc11c 111mcno unll. meli1 di 11ue11t1ulllml 1111111uteng11no al 11crso– llfllc ferro,·111.rlo.

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