Critica Sociale - Anno XV - n. 5 - 1 marzo 1905

66 CRITICASOCIALE zionari del Centro, presentantisi, co11a loro formula dello " Stato forte "' come salvatori necessari della società sopraffatta e disorganizzata. Nell'assenza cli ogni immediata indicazione parlamentare, ma sotto 1a suggestione persistente delle ultime elezioni ge– nerali politiche, aggravata dalla fuga apparente del Ministero, dalle recenti intimazioni del Senato, dalla diffusa ostilità che l'ostruzionismo ferroviario aveva incontrata nel paese, il passaggio del Governo agli elementi più consen°atori appariva come una solu– zione estremamente verosimile. E, di questo muta– mento di rotta, conseguenza presumibile la proroga delle Convenzioni, il trionfo delle lunghe cupidigie dei banchieri delle ferrovie, l'abbandono del prin– cipio dell'esercizio di Stato, involgente - oltre quelli del personale - i più urgenti e pl'ofondi interessi economici de1l'intera nazione. In questo senso la diserzione improvvisa del Go– verno si presentava come un tradimento a sè stesso, al Parlamento, alla stessa democrazia. Fortunatamente queste deduzioni della logica pura sembrano smentite dagli eventi. La nazione del carae• vale, sempfe coerente alla propria inQoerenza, trae dalle poste premesse le conseguenze meno autorizzate. La chiamata di Alessandro Fortis a ricompone i monconi del Gabinetto disperso - evidentemente preconcertata in alto dallo stesso Giolitti a sventare indicazioni pa.rlamentari contrarie, che la sua infer– mità rendeva ogni giorno più temibili - fa supporre che la commedia si risolverà in lieto fine. Machia– velli trionfa. e ride e) una volta tanto, il suo riso fa buon sangue anche a noi. Dal Gabinetto Fortis - che, se l'imprevisto non rompe l'intrigo, sarà il vecchio Gabinetto rabberciato e impiastricciato a nuovo - nessuna politica di ri– forme sarà da sperare, nessuna politica di recisa com• pressione sarà da temere. Jnertia sapitntia sarà il suo motto. Esso non sarebbe che un accomodamento tran– sitorio, per girare gli scogli, differire le tempeste, de– ludere ancora una volta le lunghe seti dei sonniniani aspettanti. Ma la questione capitale del momento - la ferroviaria - avrà la soluzione già concepita. Non a torto e forse non inge,rnamente - contro ogni consuetudine parlamentare - la Commissione deli– berava, malgrado la crisi, di proseguire i lavori. Superato questo problema, la provvisorietà della soluzione politica riapparirà eloquente agli occhi di tutti. Spetterà allora al Gruppo socialista far sentire che, dopo il martedì grasso degli intrighi ingegnosi, persiste e reclama provvedimenti più sinceri la lunga e squallida quaresima delle plebi italiane. LA CRI1'1CA SOCIALE, LA SOLUZIONE Il problema dello sciopero nelle ferrovie è di quelli che non ammettono soluzioni monosillabiche, dedotte da qualche luogo comune della retorica mitingaia. Al contrario, è uno dei più complessi e profondi prohlemi di politica sociale, e va esaminato fredda• mente e senza preconcetti impressionistici. Esso consta essenzialmente di duo termini: di un diritto della collettività a premunirsi da una inter• ruzione generale delle comunicazioni ferroviarie, oramai indispensabili alla sua vita economica e·so– ciale; e di un diritto del personale ferroviario alla rescissione del suo contratto cli lavoro. Nella conci• liazione, con sacrificio recipr6co 1 cli questi due diritti sta la soluzione del problema, TI diritto della collettività è un diritto di nuovis• sima formazione sorto paralellamcnte allo sviluppo Gei caratteri specifici dei g-randi servi?.i pubblici. Per questo esso era sconosciuto alla scuola lilJerale, e gli argomenti, che si esumano ora per combat• tel'lo, souo anacronismi senza valore. La collettività ha due interessi da tutelare: an– zitutto, la continuità cle1la propria vita economica e sociale che verrebbe irreparabilmente interrotta dalla sospensione del servizio ferroviario; inoltre, la di– fesa propria dalle eventuali eccessive pretese degli addetti ai grandi servizi pubblici, qualora essi, gio– vandosi della loro posizione quasi sottratta alla legge economica della concorrenza, intendessero strappare un salario cli monopolio. Questi due interessi sociali, destinati a u11ulteriore sviluppo e a prevalere su tutti gli altri in una società socialista (nella quale, ap– punto per la solidarietà che terrà uniti tutti i liberi produttori, il lavoro diventerà un do,,cre sòciale e ]a sua retribuzione, non pii'l abbandonata al cal– miere automatico della concorrenza, sarà regolata dalla volontà concorde di tutte le varie categorie di lavoratori), questi due interessi, diciamo, costitui• scono il fondamento di quella preoccupazione legisla– tiva per cui in tutti i paesi si applicano o si stu– diano provvedimenti per scongiurare la jattura di uno sciopero nei grandi servizi pubblici di utilità generale ed imprescindibile. Ma di contro a questo diritto della collettivifa si erige il diritto dei lavoratori alla piena disponibilità della loro merce-lavoro. Libera la. collettività - o chi alla collettività si incarica di fornire il servizio - di comprare la prestazione d'opera, come libera la mano d'opera di rifiutare o cli rescindere il con– tratto con cui impegna sè stessa. E allora? Allora ne sembra cosa certa che ogni soluzione, la quale voglia creare il delitto di scio– pero e colpire con pene corporali la rescissione del contratto fra assuntore e addetti al pubblico serYi– zio, offende il diritto comune, così come ogni pretesa di conservare i□tegra la libertà di interrompere ser– vizi indispensabili come il f0rroyiario, offende il di ritto nuovo, non di questa o quella classe, ma della collettività .tutta quanta. Onde la conciliazione fra i due diritti è possibile solo quando le parti conscn• tano a rinunciare, l'una al divieto, l'altra alla libertà dello sciopero, per pattuire concordemente il non uso dello sciopero. In fondo, le due parti non rinunciano se non a delle parvenze senza sostanza. Il divieto di sciopero garantito da pene corporali lo può rendere più dif– ficile e quindi meno frequente, ma non può impe– dirlo assolutamente, per la molto ovvia ragione che le rivoluzioni si fanno anche ad onta delle leggi repressive. D'altra parte, la libertà di sciopero nei grandi servizl pubblici diYcnta ogni giorno un mero diritto formale. Uno sciopero ferroviario, che avrebbe tosto contro di sè la coalizione formidabile di tutti gli interessi e di tutte le forze sociali, si risolve– rebbe in nn disastro, come lo furono gli scioperi ferroviari d'Olanda e d'Ungheria ( 1 ). Certo, la, pattuizione del non uso di sciopero do– vrebbe essere accompagnata da penalità ch·ili per i trasgressori del contratto. Queste sanz.ioni civili, che non sono dei sostitutivi alle sanzioni penali, in quanto non sono un atto d'imperio dello Stato, ma la guarentigia di un patto bilaterale concluso 1 ven– gono oggi proposte dtt.i radicali e dai repubblicani, e crediamo non troveranno neppure opposizione nei socialisti. -~· ;;-* Ma il problema non è per noi ancora interamente risolto. (1) Perfino l'À1·m1n! pare 1•1conosca t1uosrn.verità. rnrat1t no! nu• mero di BllblUO 2$ re\Jbl'tl,\o sorh•lWI\: ~ I ferrovieri, per lo noturo do\ loro umo1O, 1>erla oontlnultù del loro sistema di Javo1·O,por lo consapute (l\mooltÈI.JlOIH\chc con 10 qunl! avrebbero da faro I OO11t1 I ioro sclope1•1,sono, per ragioni <Il economia org1mk1.1,nella cond1z1one di non potere usare che assa,I dlfficottosamonte dcll'arm11 dello sclo1>ero. ~

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