Critica Sociale - Anno XIV - n. 7 - 1 aprile 1904

98 CRITICA SOCIALE l'aria, tr.1 mczzanoUc e la una, sem-:a un prea,•,,iso, una difllda, un guardalet:i! Ì•: la" disciplina n iu azione. Stu– penda cosa. Jmpern.tivo categorico dell'ideale! Una ca– mera d'affitto non la si disdice senza un preavviso di quin<lici giorni. Ma una città lo si pianta ..... così.. ... Cosl perchè ò pas•,i\to un Di\'O che ha sroggiato i do di petto della rivoluzior.e copernicana. La<.iciatcmi sognare un Congresso ideale di Bologna, che raffermi l'os'lequio alla maggioranza fl.no alla pro– f<tcrnazione, l'unità fino alla uniformità 1 la disciplina fl.no al ca1>ornlismo - ma che dica anche essere queste patiwine catth·e azioni, pcrchè ci deve pur essere un certo ri;;petto per le responsabilità. volontariamente as– ~unte1 un riguardo per gli impegni liberamente contratti con altrui. Perdio! uli affini, ftnchè almeno non è inter– venuto l'i11rlidio belli, 11011 sono ltostes contro i quali ,•al).!a l'aetfr11r, aucto1'itas.l Siamo noi barbari? ~la che barhari ! Siamo il popolo eletto, gli apostoli del progres-,o, della ,eiustizia, della libertìL e di tutte lo cmancipnzio11i, la delizia del genere umano, nature quasi divine. Il Congres~o di Bologna potrebbe bene concederci di mantenere la fede ai patti che abbiamo con,·cnuto fluo a che la mantengono i nostri contraenti. Ma no! ciò è troppo umano, profano e terrestro per socialisti coscienti e semidei. Ciò sarebbe quasi come appoggiare un i11clirizzo. Basta essere galantuomini caso pei· caso. E ancora! CJ,.\UDIO 'J'HF.\"•:s. RIFORì\IISMO SOCIALISTA e i-ifo1·mismo rivoluziona,.·io ~oi mettiamo pegno che al Congresso di Bologna tutte lo frar.ioni e le 4, tendenze rn che, rinno\'ando il mirncolo dei p,u1i e pesci, sono rampollate sul tronco originario delle ormai storiche "due tendenze ,, di rmohl, si proclameranno fa,·oreYoli alle riforme. Perfino Arturo Labriola, mettendo molta acqua noi suo vino ri,·oluzionario, confesserà che le riforme possono rwvantaggiare il proletariato e che - come si esprime\"a in un suo ordine del giorno morto prima di nascere(') - non si deve negar loro una "ob– hiettini approvazione,,. Questa unanimità che ha del mirn,coloso è, del resto, fipiegn.Lilissìma. Le masse operaie sono per istinto e per hlsogno le pii1 inclini ad una politica di riforme. ~on avvezze, per la scarzczza della loro colrura 1 alle astrazioni intellettuali, esse conserrnno, sotto lo sti– molo delle necessità quotidiane, il senso rcalir;tico delle cose, e richiedono che il loro movimento sia contrassegnato eia una serie cli risultati brngibili. Ora, un partito od u1m sua frazione, che volesse prescin– dere eia questa psicologia delle masse e pretendesse legarle a sò con la purn predicazione di un futuro ltmtano, rischierebbe di perdere ogni s~guito cd ogni f'ffetth'a influeuzil. B questa non è affatto l'intenzione dei nostri rivoluzionarì. ~\la se, per un opportunismo forse inconsapevole, i rivoluzionari si tro\'era.nno acranto ai riformisti 11ell'affermarc l'utilib\ delle rirorme, non per questo il dissidio sarà composto o ricostituita l'unit:'i spiri– tuale del Partito. Riconoscere la. utilitì1 delle riforme ,·aie quanto riconoscere l'importanza del calore so- (•) Alludiamo all'ordino del giorno 1,al>rlola 11111.lllllcnto dRll'At·<mll ! e rltlr11.to In rretta e In rurla <10110 la sua 1111bllllcazlone. lare: questo riconoscimento non ci dice ancora nulla della natura del calore, delle s11c legA"i, delle !:lue tr:1sformar.ioni, del modo di utilizzarlo, ossiH non è ancora ht scienza fisica. L'affermar.ione di "volere le riforme., è, dunqnC', formola ambigua, perchè non risolYe il dishidio, ma è soltanto il punto di partenr.a donde muo,•ono con– cozio11i, metodi ccl azioni diYerse. . * % ri dissidio pili profondo manifestatosi in questi ultimi anni yertc sul valore della riforma, sulla sua capacità a trasformare i rapporti delht società. capi– talistica. Per noi la riforma sta alle finalitfl estreme del nostro movimento come mC'zzo a fine. Alcune volte, essa opera al di cknlro dell'oq..ranismo hOrA"heseper sostituire la propl'ieti'1 collct.th· a (nella attuale forma cli proprietì1 comunale o statale) alla proprietà pri– vata .. \ I cune altre, affida allo Stato o al Comune, ognora pili penetrati dalle forze proletarie, la difesa elci lavoratore eia speriali forme -di sfruttamento, onde aumenti 1 con la sua forza fi!l.iCH 1 anche In sua capacitìt intellettuale. Altre volre infine, l'azione ri– formistica non si g-iorn degli enti pubhlici, ma opera col solo e diretto sussidio delle forze proletarie 1 e allora, o conclucc 1 con Jc Leghe di l'<'t>istcnza, le classi operaie ad un più alto livello cli vita, o rreil, con le associilr.ioni eooperath·e, i f}rimi nuclei delle orr~anizzazioni produttrici dell'av\'enire. )la sempre la O riforma è concepita come capac-e di modifirnre la. struttura (l(>IIRsocietlt capitalit>tica e di turbar<-', accrescendo le eneqde dclht classe lavoratrice, l'equi– lil)rio di forze su cui quella ri11osa. Perciò Ili riforma è per noi una parte della rivo– luzione, o, per essere più esatti, ogni riforma prnducc una sua rivoluzione. Dalla somma di tutte quelle riforme, che <tuostro an·iso conducono alla neg-azionc della sociefa c~1pibdistica (donde la necessità di una mèta determinata come l)ussola orientatrire); dalla serie successi\'a di piccole e grandi riformo le ri\·o– luzioni geologiche si giovano degli effetti del vulca– nismo come delle lente formazioni sedimontilri), noi po~siamo l,!iungcre ad una nuo,·a organizzazione so• ciale basatn sul lavoro. Così la società socialista non deve cominciare all'indomani di un g-rand(' Htto di \'iOlenza, ma cliviene tutti i giorni per virtù del mo– \'imento operaio. L rivoluzionari invece hanno della riforma tutt'!\ltro concetto. Per Arturo Labriola essa può servire a modificare l'ambiente sociale, ma non l'organismo ca– pitalista che Yi respira e \'i vive. 1 1 ) Cosicchè secondo la stranissima teoria <le-ILnbriola che nel campo so– ciale è la negazione di tutte le \'el"ità della scienza hiologira, accrescere con una serie di riforme la forza della classe operaia non sarebbe modificare la strut– tura d<'lbt società borghr~H?. Quei:ita società non solo dovrebbe resistere alle modificazioni dell'ambiente, ma potrohhe sottrarsi - pO\'Cro marxismo! - ancho alln ,linamica della lotta di clas<::.f'. J,;nrico l•'erri - per quanto sia difficile cog-liere, nttra.vcrso le frequenti oscillazioni, il suo pensiero - aderisce sostnnzialnwnte alla concezione dC'I Labriola. Anch'egli reputa "inutile continuare nelle cure em– piriche e sintomatirlH.' ., 1 perchè occorre invece "eli– minare le cause della miseria, rioè il monopolio eco– nomico della proprietà pri\'ata ,lei mezzi di produ– r.ione e cli scambio,,.(!) Ciò vuol dire che le riformo non ag-isC,)11O a restringere o ad indebolire quf'sto monopolio: leniscono il male, nm non lo curano. Lfl diffe1·enz;L fra il pensiero del !◄'erri e (lt1ello del Labriola non è qui) è piuttosto in ciò che essi (I) ,\l!Tlfl!() LAlll!IOl,A, 1aro,·111ee l"Ìt'Qll1Zj()11e sociale, j)fl{r. 2:.G. 1i) n:1rn1, li metodo ,·i1101u.::io,1ai•fo ISociaHsmo, 2~ mRf{glO 1902).

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