Critica Sociale - Anno VIII - n. 20 - 1 dicembre 1899

CRITICA SOCIALE 319 conti, marchesi ed altra simile geaia ( 1 ). I nomi sono i soliti, che si son sempre visti dall'assassinio del Priaa ai giorni nostri: Giussani, Dal Ve1·me, Castigliani, Borgazzi, Rocca-Saporiti, Balbiano di Belgioioso, Giulini, De r,.•foja11a, Porro, Ferra rio, Tri– vulzio, Greppi, Borromeo, D'Adda, Negri, De Capi– tani di Arzago, Lattuada, Taverna, Litta Modignani, Vigoni, Pl'inetli, Brambilla, Crivelli, ecc., ecc. ('). Il Bonfadini ha lo stomaco di a/fermare che quello fu « piuttosto un atto di coraggio che di viltà ». Cel'to a essere vigliacchi a tal segno ci doveva vo– lere una buoea dose di.... coraggio! Dopo il 6 febbraio riel '53 « il pal'tito repubbli– cano - sono parole di Felice Orsini (3)- fino allora potentemente organizzato, a gui;ia di nobile va– scello che urta in 11110 scoglio, anrlò iu rrantumi •· In seguito la spedizione di Crimea, che fo il primo buon successo della politica cavouriana, spinse i repubblicani ad enti•are ancora in maggior numero nell'orbita sabauda. Invano Mazzini lamentava« l'in– diefreggiare delle classi medie sulle vie òell'azione e del sac1·ifìzio da quando il popolo cominciò ad accen– nare di vivere di vita prop1•ia » (4). In vario egli escla– mava sdegnoso: « ~l'!entt·e fra i popola11i ho tro– vato uomini pronti ad assalire col pugnale un esercito, io non ho potuto trovare tra i ricchi uu sol uomo, a cui affetto di patria o ambizione di rama abbia persuaso di farsi banchiere e di porre mezza la sua fortuna pel tl'ionfo della ban– diera » (} I suoi migliori a poco a poco lo ab• bandonavano e andavano a razzolare , nel leta– maio del re », come diceva il Cattaneo. Lo stesso Gaspare Rosales, che era stato uno dei primi maz• ziniani lombardi, nel •r,g aderì alla monarchia ( 6 ); anche Piolti, il discepolo devoto e pronto a qua– lunque sacrifìcio, diventò verso il 1859 monar– chico (7). Mazzini rimase a Londra isolato, e solo dopo il tl'attato di Villafranca il suo partito riprese vigore, perch0 la monarchia apparve ancora una volta incapace a dare l'unit.\; ma, come vedremo iu seguito, ::mchedopo che ritornò a rio1•~ani1.zarsi, il partito mazziuiano non ricouquistò piu la bo1·~ ghesia: esso rimase sempre partito di operai e di studenti. Ma prima che venisse il '59, i moderati, che, come ci assicura il Bonfadini, erano nientemeno inflessi– bili nel domandare l'indipendenza dall'Austria. vol– lero dare - finché ne avevano il tempo - un'ultima prova della loro inflessibilità. Nel 1857 l'Austria, vedendo presentarsi al1'01•iz– zonte l'alleanza franco-sabauda. si mostrò propensa a rare concessioni, e mandò in Lombardia il gran• duca Massimiliano con l'incarico di studiare un piano di riforme e di conciliare al dominio austriaco le simpatie della popolazione. La borghesia e il proletal'iato non fecero neanche le viste di accot·– gersena; ma i moderati, oh! i moderati si senti– rono subito il cuore invaso da una dolce commo• zione. Il primo ad abboccare all'amo fu il conte Archinti, il quale presentò a nome di un gruppo di suoi pari una memoria, nella quale domandava indipendenza amministrativa, forza militare locale, impiegati paesani, fìnauza propria, autonomia poli– tica sotto un arciduca vassallo dell'Imperatore, ecc. (I) Il DONF.1.n1:-.1, Me:;o secolo, p. 3ii1, 11arla di qneslo falto le– nendosi più che può sulle aenernll, Dice che furono « un centi– naio rii llersone•. tra cui alcuni• appartenen~i all'alto patriziato con~ervatore •· Altro che alcuni! i'J Pwigolo, n. lii, 9 dicembre 1859. (S) DE CASTRO, J 1n-octssi (U Mantova, p. 4%. (4) MAZZINI, Opere, IX, m. (4) Idem, VIII, 303. (~ BAnnrn1u, Fiu1tre e /11w·/tie del ucolo che miio,·e, p. 213. 11) l)i; CA~TllO, I f)l'OCCS.Sl dt Ma>1tova, p. 531. B te :i C no B1ar e Dietro all'Archinti, che ru il più coraggioso ad april'e il fuoco, cominciarono a venire art uno ad uno gli alti-i nobili; questi ebbe il titolo di ciam– bellano, quello di gran maggiol'clomo, quell'altro di segretal'io a1•ciducale, quell'altro vide con gioia diventai' la moglie dama di servizio dell'Arcidu– chessa. I cani frustati a sangue vedevano final– mente venire il dolce momento, in cui potevano accoccolarsi ai piedi del padrone. li Cavour fu spaventato di questo avvenimento; tutti i suoi piani andavano per aria; se i nobili continuavano a compromettersi con l'Austria, egli euh•ando in Lombardia avrebbe dovuto combat– terli e appoggiarsi esclusivamente sulla borghesia; la quale era diventata in gra11 maggioranza mow narchica, ma serbava dell'antico programma demo• cratico le aspirazioni a larghe riforme amministra– tive e politiche. Inoltre, se l'Austria riusciva a di– mostrare all'Europa che la popolazione lombarda cominciava a riconciliarsi con lei, ogni agitazione o gue,·ra per l'indipendenza perdeva qualsiasi ragion d'es,;e,·e. Il Cavou1• vide la necessità di distogliere i nobili dall'amicizia austriaca, e fece capire ad essi nel '58 che per l'anno dopo era certa la guer1·a e che quindi non avevano nessun interesse ad abban• donare gli antichi amori. Il duca Melzi, che era il rappresentante più autorevole della corrente con• ciliatrice, quando capì il latino « radunò subito i suoi colleghi e propose loro di dare le dimissioni. per non separardi dal nuovo indirizzo che il paese seguiva con migli01'i vrobabilità di successo >. Questo era l'importante, il successo! Alcuni non accettarono per riguudi personali verso l'Arciduca; egli si dimise dal posto, che aveva a Corte, e si ritirò a Genova, donde ritornò a Milano dopo la guerra del '5V ('). Il Bonfadini, siccome si tratta di moderati suoi amici, trova che, dopo tutto, il Melzi ed i suoi com– pagni dettero prova in questa occasione, niente– meno, « di intelligenza e di virll1 nazionale '»; le loro idee, « a voler esser giusti, rasentavano in quell'ora piuttosto l'audacia che la timidezza'»! Il pa1·tito della resistenza intransigente non aveva mica la vittoria matematicamente assicurata; le armi piemontesi potevano essere sconfitte; i mode– rati non fecero bene i loro calcoli, mancarono di previdenza, ecco tutto. Questo Pagionamonto non fa una grinza; solo, dalla mancanza di previdenza alla virtù nazionale e all'audacia ci corre press'a poco quanto dall'aver flr•mato l'indil'izzo del 2 mar– zo 1853 all'essere stato condannato a morte per il moto del 6 febbraio precedente. rerum scriplo1·. (I) BONFADINJ, Me:;o secolo cli patriotUsmo, Jl. 387 e 1egg. FRA LIBRI E RIVISTE GA1- ;TA.NO SALVE)IINI: Magnati e popola1ii Ì1i Ffren:e dal 1280 al 1293; lavoro premialo ùslla. H. Acca– demia.dei Lincei nel Concorso ministeriale del 1899{'). Un grosso volume di 432 pagine di grande formato, di cm 236 dedicate all'esposizione critica della. storia del Comune di Firenze dalla paco del cnrdinal Latino a la cacciata di Giano Della Bella e la sconfitta del po– polo minuto, e cioò la storia della lotta tra Magnati e Popolo da.I1280 al 1295. La lotta tra Glubellini e Guelfi è finita. Al riguardo l'Autore demolisce l'opinione tradizionale, per cui il ghi– bellinismo è il partito della nobiltil.,ed il guelftsmo quello t'J f'ul!blica;ionl dd R Istituto di studi &uperiori pratici e di 1>r1·fe:1onamerito C•l Fll•t:11:e. Se-,i-to11e dl /1losoj1a e f1/ologia, - t-~il'etu:e,1811:J, li1>.G. Carnesecchi e ligi!, pt:wza d'Arno (L. IOJ.

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