Critica Sociale - Anno VIII - n. 20 - 1 dicembre 1899

318 CRITICA SOCIALE ma, mentre in quasi tutta l'Europa continentale la voce della libertà taceva, i piccoli guaiti che veni• vano d::tl Piemonte semb1·avanouna gran cosa. La repubblica era morta iu Francia, non e1·a che unn lontana speranza in Italia, e dietro a lei i paurosi vedevano il socialismo; nel Piemonte monarchico invece c'era un bulume di costituzione e di tanto in tanto - quando non si col'l'eva troppo pel'i– colo - si parlava dell'Italia. Dopo il colpo di Stato, « quelli fra i cospiratori - ed eran di gran lunga i pili - ai quali la repubblica era parsa non altro che un metodo per raggiungere l'indipendenza•· cominciarono ad aderil·o alla politica sabauda ( 1 ); Mazzini vide allontanarsi da lui molti patrioti dolla classe media e intelligente•('). A distogliere gl'Indipendenti da ogni qualsiasi au– dacia, venne nel '52 la scopel'ta della congiura repub– blicana, che portò alla pPigionia e alla morte di 'l'azzoli, di Montanari, di Spe1·i e di tante altre povere vittime, fra le quali, manco a dirlo, non ci fu neanche l'ombra di un moderato. Gl'lndipen– denti si raccolsero allora nella più scrupolosa pru– denza; e oramai, sulla fine del '52, « se non scar– seggiavano braccia di patrioti pa1·ticolarmenle in mezzo al popolo, la classe pili atta a rlirigere pe1· superiorità di pensiel'O s'era tirata in disparte» ( 3 ). Allora « gli operai rimasero senza autorevole direzione e presero a cospira1·e da sè » ( 4 ), e fu ope,·a IOl'Oesclusiva il tentath•o del 6 febbraio '53. E1·a110organizzati in circa due migliaia e tenevano le loro adunanze gruppo per gruppo nelle o~terio del suburbio; a ciascuna adunanza interveniva un 1·appresentante del Comitato cenfrale e così tutU i congiurati erano amatati fra loro. Di tanti operai nou uno tradì; la polizia non seppe nulla di nulla nuo all'ultimo momento. Erano questi gli «. uomini di dubbia fama e di catti\ 1 i costumi » ! Capo di tutto il movimento era un ce1·to Assi, tintore. Dopo che si furono contati e si sentirono pronti a tutto, si rivolsel'O al Mazzini, chiedendogli che li dirige se ( 5 ). Il Mazzini dapprima l'imase incerto; ma, veduto che la cosa era se1•ia,con la sua eroica fede nelle inesplorate enor·gie del popolo, accettò di capitanare l'azione, e venne a Lugano in attesa degli avvenimenti. Naturalmente egli cercò d'in– formarsi bene delle condizioni del paese. Uno dei suoi amici,« praticissimo delle cose milanesi e con– vintissimo della necessità della cooperazione di tutte le classi cittadine, osteggiò come non suscel· tibile di esito un'insurrezione di soli operai» ( 6 ). Anche il Mazzini non era alieno da questo parere o mandò a Milano due suoi seguaci: l'uno, Brizi, s'iuca1·icò < di fai' proseliti quanti pili poteva nella classe operaia»; l'altro, Piolti, di « continuare a trattare colla classe media cui appartaneva » (7). Il Brizi frovò gli operai pie11i di entusiasmo e pronti a tutto e fu h'ascinato anche lui dall'entu– siasmo dei suoi amici. Il Piolti frorò invece che la classe media andava ritornando alle «. inclina– zioni fusionista>; «. trovò, particolarmente nei gio- radicali legalitari, che Il ptirlodo del Parl:1mento subalpino è l'età dell'oro della. nostr3 vita c01tltuzlo11ale, I) una rldlcola men1to1tnR. (1) SONJ>Al'INI, Jl/e::::o $tCOlOdt patrlom,mo. p. 367. 11) DK CASTH.O, / proces1t di Ma11to11a, (), 68 e !!'~8. t'J Idem, \l, 284. <•) Idem, J>,~~8- (~) \'edl, I\ pro!)o,ito di quel che diremo, MAlZINI, Opt:t't:, VIII, p. !14 e segg, e Il bel lavoro di 011 CASTllO, / processi di ,\lan– tOll.7. Il UONPADINI, Me:::o 6t:COlO di .•.• bugie, )). 373 e 1eig., at– lribul1ca al ?Jin.:r.ini la re~ponsab\lltà del G fobbraio o non si ver• gogna di fare Il censore a quelli che al 1a.cr1llcnrono per le loro Idee. 1•) OK CASTRO. I JJrOC~HI di Jla,uoi:o, P• 36G. (1) Idem, 1>.29J. B1bli0L a VI IU B1élnr.o vani, calda corrispondenza di pensieri pat1•iottici, e nn che rimase sulle generali, nnchè parlò solo della necessità di unirsi in vista di future compii· cazioui, l'adesione non pote,•a mancare; ma quando cou alcuni si arrischiò di esporre le intenzioni prossime, non mancarono le obbiezioni e le ri– se1·ve »( 1 ). A furia di insistere, di mostrare l'entu· siasmo degli operai, strappò a « non pochi borghesi la promessa, che avrebbero dato mano, solo che agli operai riuscisse di avviare la sommossa e di sostenerla prosperamente, non per un'intera prima giornata, ma per una o due ore :, ('). Ma non ba– stava: < Come, due ore! - e3clamò indignato il Majocchi quando seppe la risposta - ; ma nemmeno un'ora, nemmeno uu quarto d'ora, nemmeno un minuto; hauno da veni1·e subito, debbono venire con noi•· E Piolti: « Ileuissimo, se sei capace di pe1·suaderli a ciò, farai ope,·a santa; io mi ci provai, ma invano» (3). Vista hL impossibilità. di trascinare la borghesia, i capi pensa1·ono a rimandar tutto ad altra occa– sione; ma gli operai erano troppo accesi, ad alcuni il contrordine non arrivò a tempo, e il 6 febbraio tentarono, assalendo degli ufllciali e soldati austriaci per le strade, di provocare un'insurrezione. Fu un terribile disastr•o. « Non una marsina si vide tra i combattenti del 6 febbraio a rincuorarli, a rJ.i1·igerli. I portoni, le finestre delle case si chiusero; Milano prese aspetto di città morta. Temevano i pericoli del moto, la possibilità della disfatta e, cr·edo, egualmente le con– seguenze d'una vittoria preparata esclusivamente dal popolo > ('). Il Crepuscolo, organo degli Indipendenti, non lodò il moto, perchè il direttore sarebbe stato con– dannato a morte, e pe1·chè gli Indipendenti non potevano approvarlo. Ma non lo biasimò. Tacque. E l'Austria sospese la Rivista per una prima volta, sentendo che quel silenzio era sempre una mi– naccia. Ma nou tacquero purtl'oppo ì moderati. I giornali monarchici del Piemonte chiamarono gli rnsorti del 6 febbraio « vii feccia, ladri armati di grimaldelli e assassini » (~); e i nobili milanesi, il 2 marzo 1853 - cioè due giol'lli dopo pubblicata la sentenza che condannava a mol'te 23 italiani pei fatti del 6 febbraio, e un giorno prima che Tito Speri, Carlo l\'lontanari e Ba1•tolomeo Grazioli fossero giustiziati a l\-fantova, e fosse pubblicata un'altl'a sentenza di condanna da otto a sedici anni di ferri contro parecchi altri liberali - il 2 marzo 1853, i nobili moderati di Milano, appro– fittando di un attentato andato a male contro l'im– peratore Francesco Giuseppe, firmavano un indi– rizzo di ossequio all'imperatore. Lo spazio non ci consente di rìportal'lo intero; bastel'à ricordara che essi non solo ringraziano la p1·ovvidenza « che veglia sui monarchi e sui popoli » pe1·chè « ha stornato il compimento de11·or1·endo misfatto », ma anche protestano contro « le esecrande scelleraggioi com– messe anche nella nostra atterrita Milano dai per– petui nemici dell'ordine », e offrono all'Impera– tore, «. serbato alle speranze, all'amore, ai voti dei suoi sudditi, le proteste di fedele sudditanza e di uu franco e leale concorso di queste popolazioni nel corrispondere colla propria cooperazione alle prov• vide misure di chi rogge questo paese, tanto bra– moso di quell'ordine e di quella t1·a11quillità, che sole possono ritornal'lo a prospe1·ità e floridezza ». I nrmatari sono cil'ca duecento, quasi tutti nobili, (') DE CA!nto. / procent dt Ma11toro, p. !93·9', (tJ Idem, p. 3i:!. (IJ I iem, p. 3Stl. (') M.u,mu, Oper~, \"Ili, !!'!4. ('l Idem. Vllf, ~i.

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