Critica Sociale - Anno VIII - n. 13 - 16 agosto 1899

204 CRITICA SOCIALE all'estero. A troppo foschi colori si è dipinta l'emi– grazione italiana, perchè non si sentisse il bisogno di aprire gli animi alla speranza e segnalare i germi di una vita novella, fecondati dalle fatiche e dal lavoro assiduo di quella massa cenciosa di emigranti, che risponde al disprezzo e ai dolo1·i soCferLiin patria, lavorando a prepararne la gran– dezza all'estero e a riscattarne le onte. Si aggiunga che anche in Italia il fenomeno del– l'emig1•azione fili va avviando verso lo sue forme naturali: le colpe della madre-patria più non ba• stano a spiegarlo: all'omogeneità p1·esentata dalla massa di emigranti fino a pochi anni or sono, si venne sostituendo un progressh•o differenziamento che attesta la complessità delle cause che determi– nano il movimento Alla massa di coloni e di con• tadini, che dell'emigrazione italiana costituirono per molto tempo la parte preponderante od esclu– siva, si vennero a$gregando gli elementi più sva– riati, che l'Eiuaud1 cou mfrabile eOlcacia di forma ci fa rivivere innanzi sotto la veste di fabbri, a1·ti– giani, mu1-atori, fabbricanti, mercanti. Assistiamo per tal modo, per opera di Italiani, al formarsi nel Sud-America di tutta una nuova civiltà, della quale possiamo nel libro dell'Einaudi rilevare i successivi stadi di formazione. L'emig1·ante colono è della nuova civiltà il nucleo generatore. Sotto la sua azione avveduta e perseverante, larghe esten– sioni di terra vennero conquistate e sottoposte alle più svariate forme di coltura agricola, trasforman– dosi un paese incolto in un paese produttore ed esportatore. Lo sviluppo agricolo attrasse nuove correnti di emigra1.ione e generò una vita sociale più intensa, più varia, pi,\ progredita, con 0sio– nomia, tendenze, abitudini spiccatamente italiane. Nel periodo di prosperità e di risveglio che attual– mente attraversano i paesi dell'America latina, una nuova mèta si affaccia, che l'Einaudi volle con idea geniale personiOcata nella 0gura e ne!le vicende di Enrico Dell'Acqua, il « principe mercante», che mostrò coll'e empio come si debba integrare l'emi– grazione di braccia coll'esportazione di capitale, come si possano conquistare i mer~ati americani ai nostri prodotti, e app1'0flltare del nuovo la,·ghis– simo campo aperto all'attivilà italiana. Uomini come Enrico Dell'Acqua sono tali da im– porsi al rispetto e all'ammirazione di quanti sono sincel'i fautori del progresso economico e sociale: essi germogliano spontanei in certe epoche e ri– spondono ad 11110 stadio speciale della vita econo– mica di un determinato paese. Il libro dell"Einaudi, nel suo spirito e nel suo scopo, è tutto una glori– ficazione dell'individuo e delle qualità che condu– cono al trionfo nella lotta economica; e nell'attuale momento storico, in cui si tende a disconoscere l'importao,.a dell'individuo nello sviluppo della vita sociale, esso costituisce un reagente salutare. Pu1·0 io non credo ch'esso possa per sè solocou• durre alla negazione ciel p1'Ìllcipio inrormatore del– l'economia socialista. Il libt'O dell'Einaudi si rife– l'isce a paesi in condizioni economiche e sociali siffatte da favorire il sorgere e il pt'Osperare dei capitani di industria: dove tutto è da fare, da orga– nizzare, dove è tutta una vita civile da svolgere, dove le energie economiche sono latenti e disordi– nate, il progresso economico non si può conce~ire se non per opera di uomini geniali, nei quali la forza dell'intelletto e della volontà conco1·rono alla attuazione di vasti disegni. I capitani d'industria, i principi mercanti compio11Onel campo economico una funzione analoga a quella compiuta nel campo politico dai grandi conquistatori, dai despoti asso– luti. Gli uni e gli altri sono destinati a imprimere un qualsiasi indirizzo alle energie incomposte dei paesi nuovi, ma a misura che questi progrediscono, si va preparando il terreno al sorgere di forme collettive meglio rispondenti ad una vita sociale più larga e complessa. • Come sempre, osserva giustamente l'Einaudi, l'bultmauo scopre e inventa: si apre la strada di mezzo alle liane aggrovigliate della foresta vergine. Quando la via è tracciala, la grande SocleU, anontma vi percorre sopra il suo cammino trionfale.• L'aver richiamato l'attenzione sul problema colo• niale, sopratutto rispetto all'Italia, costituisce un altro mel'ito dell'Einaudi. L'espansione coloniale, più che una creazione di Governi, è uua necessità inerente alle condizioni economiche e sociali dei vari paesi dell'Europa. La sovrapopofazione e fa sov1·aproduzione alimentano lo spirito e le tendenze coloniali dei tempi nosll'i. L'espansione coloniale, ove non obbedisca a mire ambiziose di conquiste militari, può essere fonte di benessere e di pro– gres:so. li problema si impone all'Italia. ove assistiamo da troppo tempo allo spettacolo rivoltante di una politica coloniale in contraddizione ai seolimeuti e alla volontà del paese. In Italia la tendenza alla espansione milita1~e si svolse in opposizione alla forma spontanea dell'emigrazione popolare: l'una, ideata e attuata dai nosfri governanti, ci ha con• dotto per una serie di vergognosi insuccessi ad Abba Oarima; l'altra, alimentata dal popolo, ha prepa,·ato il s01·gere d'una nuova civiltà nell'Ame– rica latina. Ancora una volta i fatti hanno reso giustizia al buon senso del popolo couu•o la cecità dei go,•ernanti. L'Einaudi celebrando i fasti della emigrazione popolare nell'America ha fatto opera buona, ha portato nuovi a1·gomenti agli avversari risoluti delle pazzie africane e cinesi, si è reso in• terprete dei bisogni e dei sentimenti degli italiaui dei due mondi, che aspirano a la\•orare concordi nei campi fecondi della civiltà e del progresso. ÙJOELE OLARI. LA TEORIA DELLA MISERIA CRESCENT Il. Non v'ha paeee in cui le condizioni d'evoluzione della. classe operaia siano state così favorevoli, come in In– ghilterra. Ecco ciò che trovò quell'autore, cosi sobrio e poco incline alle esagerazioni, che è Sydney \Vebb, studiando i mutamenti nelle condii.ioni del proletariato ingloso dal 1830in poi: ~otto ogni rapporto si può mostrare essere bensl vero che una frazione rilevante dei salariali rece dal 1837 in avanti grandi progressi; ma essere anche vero che qudlli d'altra rraz1onirurnno modt,stl, se pure queste ebbero, in generale. a pal'teeipare in qualche guisa al progresso universale della ricchezza e della civiltà. Prendendo le diverse condizioni di vita e di lavoro e fissando un limile, sotto Il quale il lo.voratore non può vivere convenientemente, verremo alla conclusione che, quanto a salari, orario di lo.voro, condizioni d'abita– zione o cultura generale, la percentuale di coloro, che stanno al disotto di quel llmite, è In oggi minore che non nel 1837. Ma troveremo altresl che l'intimo limite raggiunto i in oggi perfeUamet1te eguale a quello d'al-– lo1•a1 e che il numero coml)lessivo di coloro, che attuai• mente stanno sotto al limite d'esistenza da noi sup– posto, 1011xu1a verosimilmente, quanto a g1·andezsa a11oluta, quello del 1837. La povertà d'oggi b non meno profotada d"altora; e quanto ad esten1ione, ell'~ forse ancor maggiore; il suo rango ci deturpa i piedi. e la coscienza, precisamente come nel 1837! (Labour tn the longest 1·eign, p. 18). Già dieci anni prima Federico Engels era giunto a conclusioni supergiù eguali. Ecco ciò ch'egli scriveva

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