Critica Sociale - Anno VI - n. 12 - 16 giugno 1896

B CRITICA SOCIALE 181 ci locca mangiare polenta, percbè in ra.vore dei grossi possidenti avete imposto un dazio di 7 rranchi e 50 cont. sul grano. Dobbiamo mangiare la minestra senza sale, Jlerchè, per soddisfare la vostra. vanità., si sprecano i denari del popolo In A(rica. Lo zucchero, lo conosciamo solo di nome, perchè ai vostri complici concedeste dazi protettori, ai quali aggiungeste i dazi fiscali. Equando, un sol giorno, possiamo saziaro por poco la tetra ramo che tutto l'anno ci rode, eccovi a gridare come aquile! Ma via, le tre lire a lesta che abbiamo avuto, cosa sono, paragonate alle cinquantamila lire che un vostro bene amato ministro ebbe dal Reinach per conto del Cornelius llerz! ,._ li nostro amico, N. Colaianni, cila le parole del do• putato Franchotll, detto o. proposito dei contadini man– dati in A(ricll: « L'ordina.monto dello Sta.lo il.o.lianonon ò altro che uno. vasta cliontola .. I contadini non fu– rono aiutati porchò non ranno parte della clientela. Chi dice clientela.dico riguardi reciproci di porsone,di gruppi, subordinaiiono dello scopo civile e militare agli interessi dei gruppi o delle persone Perciò le imprese guerresche finiscono con disfalle e gli ordinamenti di credito fini• \ ni!:1conocon ru.llimenti. • Chiodo il Colaianni: « Riescirà l'on. di Rudin\ ad infrangere questa disonesta e disa– strosa. clientela. che conduce a rovina sicura. l'Italia 1 ». E dice che ne dubita fortemente. Noi puro crediamo la cosa, nonchà difficile, impossibile. Alla parto migliore o più onesta della. nostra borghesia manca il coraggio e l'energia por rimctlero sulla buona. ,·ia iI go,·orno del paese, o por timore di roca.re otresa alcuna. alle sue dilette istituzioni, la.scia impunemente trasgredire, insieme alle leggi, le normo stesse del giusto e dell'o– nesto. I nostri borghesi mostrano di conoscere i mali del p~ese, ma riftutnno assolutamente di rare ciò che sa– rebbe necessario per sanarli. Talvolta discorrono assai bene, ma. operano virilmente solo quando c'è da difen– dere i loro privilegi o i guadagni che dalle islitur.ioni ricavano. Quando Jisscntono, è solo sul modo di tosare le pecore, cioà i contribuenti. Ora, per esempio, l'ono– revole Colombo ,·orrebbe lasciare tempo alla. lana di crescere, ma il Sonnino dice che si può radere ancora più vicino alla.J>elle.Leggete i discorsi tenuti il 20 ma1gio alla Camera, e sentirete come quei buoni pastori si cu– rino poco delle sotrerenze del popolo. Il Sonnino bia– sima il Colombo di volere togliere il dazio d'uscila su!lf) zolro. li Colombo dice che ciò riSJJOUdead un alto con• cotto politico. Ma. degli operai, cho quol dazio riduce in miseria, nessuno pare curarsi. Devono essere felici di morire di rame per crescere gloria alle« istituzioni>, per soddisrare la vanità. del ricco Sonnino, JJer per– mettere al Crispi di godersi gli agi principeschi dei suoi villini napoletani. Il Sonnino negò che le forze contributive del paese fossero esaurite. t vero che, un poco da per tutto, la gente, in Italia. muore di rame. È vero che la miseria in Sicilia, in Sardegna, in Calabria, è spa,•entevole; ma il Sonnino ora non se ne dà. più pensiero. Altre volte ne discorse anche lui, quando l'antica. destra aveva il grave torlo di non lo accogliere a. braccia aperto. Allora. piangeva. sulla miseria. dol popolo, a.llora. biasimo.va le prepotenze e le rapine delle camorre lo– cali in Sicilia, di quelle stesse camorre, dico, che ebbe poi complici quando (u ministro, e per compiacere alle quali mandò gli onesti al domicilio coatto. Allora. di– ceva che dovevansi scemare i pesi tributari che troppo gra.vanno il popolo. Mapresto si accorse che per quella. Ot C"l o 1an via non avrebbo lLJ)J>agatala Sl.ll ambizione, o si ri– volse a. servire i privilegiali, dai qua.li ottenne il tanto desiderato onore di essere ratto ministro. I privilegiati sanno ricompensa.re chi bene li serve. Chi ottiene onori, chi da.nari, chi l'una e l'allra cosa. Ognuno rice\'e ciò che piil desidera, purchò omcacemente sappia adoperarsi a crescere i pesi del popolo e a. ra.vorire le rapine dei ricchi borghesi. Lasciarono cadere il Crispi non già pei suoi mis(alti, ma porchè si avvidero, benchò pur troppo assai tardi, che sprecava in Africa i denari che volevano godersi in Italia. Se il Crispi avesse solo atteso a procacciare quattrini ai suoi complici, sarebbe anche ministro. Quo.sta è pure la nostra e la generale convin– :done. E dico di più sulla essenza del governo bor– ghese italiano che non pofrebbo dire un trattato. Le conclusioni non occorre di scriverle. I nostri lettori hanno appu11to una testa sullo spalle - e possono cavarlo da sé. No1. LAFUNZIONE D ICONGRESSI o il problo1na doli.e alleanze È assai sigoincanle che in un medesimo istante e proprio ai due capi opposti d"Italia - senza intesa né saputa reciproca - sia stata sollevala la mede– sima questione e tl'altata con vedute analoghe: la questiono della runziono dei Congressi e dei limiti razionali dei loro poteri. Mentre il Gallavresi scrive\•a a noi e noi scrive– vamo. pel nostro ultimo numero, intorno al àii·illo costttu;;ìo11ale lici pa,-1110. la Wscossa di Palermo (31 maggio) inseril'a « a proposito del Congresso di Brescia» lo scritto che riproduciamo più sotto. perchè ci sembra uno dei piu fortemente pensati tra quanti uscirono in luce sull"argomento. L'autore - ìl signo1· A. Gia1·diua di Palermo - si spinge, sul tema delle alleanze, assai pili in t\ che noi non ci spingiamo. Egli guarda le cose da un punto di vista molto largo - come ra, sotto un altro aspetto, il Ilonardi - e da tale punto di vista è perrettameute logico nel non preoccuparsi, in tesi generale, dei pericoli che dallo alleanze pro– man:mo; su questo punto, come su ogni altro, egli vorrebbe lasciati a1•bitri i socialisti delle singole località. Noi certo non sa1•ommo cosi rolli da respin$ere gH aiuti che ci possono venire da altri partili: al contrario, crediamo che lo spingere questi partiti allo maggiori possibili conce~sioni sia una delle funzioni pili importanti del socialismo che ingrossa. l\la più volte ci dichiarammo confro l'insidia che si annida troppo spesso nelle allean.:e elello1·alt vasstve, negh aiuti di suffragi che da altri partiti (diciamo pcnsatamente pa,·Utt o non tndivitlu,i) vengano ai nostri candidati. Volendo essere pratici, ci pare che su questo punto il Congresso poss:\ e debba pronuncia1'Si, facendo tesoro P."" l'appunto di un cumulo di esperienze che già. abbiamo a disposizione e che ci consigliano a ripudiare - nell'attuale stato della legislazione o dei partili - coteste alleanze che sono, in rondo, le sole alleanze vere e p,·oprie. ì\fa anche qui in una cosa consentiamo collo sc,·ittore palermitano: nel desidel'io cioè che i voti del Con~l'esso non sieno imposizioni, dilllde, mi• naccie d ostracismi, ma sieno voti, cioè rilievi di fatti e di esperienze, conclusioni e raccomanda– zioni. Sul ripudio delle alleanze saremmo ben sicuri

RkJQdWJsaXNoZXIy