Critica Sociale - Anno VI - n. 12 - 16 giugno 1896

186 èlUTICA sbCIALÉ porti economici l'aspirazione al collettivismo dei mezzi di produzione, qui dove ogni artigiano è la– vorato1·e e possessore degli attrezzi dell'arte sua. E c'è di peggio ancora. .\fentre il capitalismo associa gli operai nelle fabbriche e colla universa• lit;\ della soggezione e dello s[ruttamento porge loro l'incentivo all'unione di resistenza, qui l'al'ti• gianato, facendo di ogni individuo un produttore a sè, con interessi distinti e rivali a quegli degli altl'i, porta colla concorrenza e colla gelosia di mestiere all'individualismo; e contro questa tendenza poco vale ~i 1:cg~lala forza centripeta degli interessi supel'101·1 d1 classe. S'aggiunga che, mentre i salariati delle industrio non debbono in fondo dipendere che dal solo pa– drone dello stabilimento, gli artigiani. in appa– renza indipendenti, sono invece soggetti a tanti pa• droni quanti sono i 101·0 avventori, che dovono cer– care di non inimicarsi per non perdere il lavol'o ed il pane. E a questo proposito mi risuonano an– cora tristamente nell'anima gli applausi con cui il popolo sottolineava la parola efficace di Andrea Costa, allorché in un recente disco1·doa Macerata accennava a questo genere di dipendenza: aveva evidentemente toccato un lato vi,·o e sentito della condizione degli artigiani. Qui, dove nelle campagne vige ancol'a colla mez– zadria la piccola agricoltura e nelle città coll'arti– gianato predomina la piccola industria e dove per conseguenza i rapporti fra capitale e lavoro si con– ser\•ano ancora conrusi e primitivi, le classi sociali sono ancora, per quanto trasrormale, quelle che si agitavano cinque o sei secoli fa nei Comuni: i si– gnori e i possidenti (senioreset possessores), i pro– fessionisti, gli impiegati e i commercianti e gli artieri col seguito dei piccoli proprietari, esercenti e operai agricoli, per non dire dei contadini, i quali formano una classe a sò o meglio una clientela del primo ceto. Nei nostri paesi si verifica quanto dice i1 Loria (l), che cioè il potere è di regola in mano dei pro– prietari terl'ie1·i. La lotta quindi non può essere che la lotta democratica medioevale fra il popolo e i signori, che ce1-cano monopolizzare il potere. L'artigiano, che non può desiderare di venire in possesso degli strumenti che ha o di emanciparsi dal padrone che non ha, non aspira che a miglio– rare economicamente la sua condizione di artigiano, acquìstando nuovi avventori o magari di,rentando padrone di bottega, a crescere la sua considera• 1.ione in società. facendosi amicizie e procurandosi appoggi fra persone di alll'i ceti, o addirittura a lasciare le spoglie di artie1·e e salire ai ceti a lui superiori, diventando piccolo possidente o prores– sionisla o impiegato, ciò che è il sogno di tanti operai che lesinano il boccone e si affaticano per mandare i figli a scuola piuttosto che all'orficina, o l'illusione inconsiderata di tante belle figlie del po– polo, che si lasciano adescare dagli inamidati zer– binotti in cerca di avventure. A differenza dei lavoratori industriali, l'obbiettivo economico del ceto artigiano non emerge chiaro dalla sua condiziono di vita, ma è incerto, confuso, rudimentale. A mano a mano che le sue condizioni infristiscono e la sua esistenza diviene pili precaria cd incerta, cresce in esso il malcontento, specie nei giovani, pei quali alla dirficolb.\di t1·ovare il loro posto di lavoro si nggiunge la naturale il'requietezza del- ( 1 ), Oo,·euna claste capilnlista non si è ancora formatn e la ma• ni(at1ura si esercita d:igli artigi11ni lr1dipendenll o gl pralica come Industria sussidiaria dagli 1>gricoltori, h·I In. rendita fon– dl11rìa monopolì:n;a li potere politico ... A. 1.on.1A, La teoria eco• t1?mlca dellt, co1tlt. poi. - Yrateili Ror.cn, Torino 1886. B101oteca lJ1no t11arco l'età. Esso è malcontento, ma il suo malcontento non ha una classe contro cui lottare, perchè rite– nuta causa delle sue miserie. Egli di regola non conosce sfruttamento padronale. Il capitalismo è bensì come pe1•gli operai dell'industria il suo ne– mico, ma il capitalismo ò per lui un nemico tr-oppo lontano o invisibile, che non conosce so non indi– rettamente, impersonale e indefinito come una fa– talità. Onde, mentre gli è preclusa la via maestra della vera e moderna lotta di classe, l'artigiano si dibatte ancora nelle vecchio lotte di ceto. li ceto artigiano non si trova in rapporto diretto di dipendenza, ma di correlazione cogli altri ceti. Se lotta vi può essere, non è fra lavoratori e ca– pitalisti, classi che qui ancora non esistono, mari– valità d'interessi fra produttori e cousumatori e, per un altro verso, fra consumatori e possidenti, rivalità che in fondo si riassumono tutte nella pri– mitiva lotta fra piccoli e grandi, poveri e l'icchi. Quella dell'artigiano è oggi anche uua totL, di resistenza per resistenza. Come piccolo produttore combatte contro la concorrenza del capitalismo fo– restiel'o e contro il monopolio paesano. Perciò va– gheggia dazi protettivi dell'industria locale, forma Coope1·ativedi acquisto, di produzione, di vendita e di consumo, desidera la diminuzione delle tasse che lo l'iguardano e in genere tutte le ri[orme od istituzioni che, o cerchino di migliorare le sue con• dizioni di vita, o coll'economia delle spese e con misure proibitive concorrano a rendere più tolle– rabili le condizioni del suo mestiere e lo mettano in grado di meglio lottare contl'o il capitalismo che mira a sopprimerlo. E in questa condizione di cose, sia pure transi• toria, sia pure in agonia (le agonie della storia sono d'ordinario più lunghe delle agonie dei libri), la questione sociale odierna non ent1·a, caro Angelino, che indirettamente, di riflesso; e, mentre dal capi• talismo al socialismo non è che un passo, non è altrettanto dall'artigianato al socialismo, da cui il socialismo non si riesce a scorgere che traverso il capitalismo. Che meraviglia dunque se in questi ambienti l'ideale socialista sia. per un certo verso intempesti, 1 0 e se generalmente esso stenta tanto ad allignare fra i nostri artigiani, non presentan– dosi loro corno una soluzione che spunta fuori in• tuitiva, immediata dai reali conflitti e non avendo un addentellato diretto colle loro condizioni pre– senti, ma presentandosi come il portato di un la• vorio mentale, di un illuminato ragionamento? E se il malcontento economico, acuendo in lui i sen– timenti di invidia verso i possidenti, fa prestare all'artigiano favorevole orecchio alle predicazioni del socialismo, egli non riesce a concepirlo che in UJl modo rozzo e massiccio e, se non crederà col \'Olgo che il socialismo debba consistere nell'appro• priazione dell'altrui (spartizione}, lo concepirà sem– plicemente come l'espropriazione dei rondi e delle ricchezze dei possidenti a profitto comune del po– polo. Ma,se l'artigianato coi ceti amni non è l'ambiente più adatto pel movimento socialista, è invece di natura sua il campo d'azione del radicalismo. Il radicalismo: ecco un partito di transizione come il ceto degli al'tieri, come esso animato da un indel1nito malcontento, ma senza meta sufficien– temente determinata, come esso portato ad altri• buir•e la ca.usa dei mali più alle persone e alle forme che allo cose, e come esso rifuggente dal• l'organizzazione o amante dell'individualismo. Il radicalismo è costituito da due elementi spe– ciali, di cui uno storico, il mazziniano, che ci viene dalle lotto per rindipendenza nazionale e i cui ob– bietth1i, per quanto vestiti di un apparato rivoluzio-

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