Critica Sociale - Anno VI - n. 11 - 1 giugno 1896

é!UtiéA So ÒIALE 167 1~adicali mancherebbe di senso e di scopo, se gli uni e gli altri fossero da considerare alla mede - sima stregua; se cioè la tesi del Bidolli dev'essere, com'egli pretende, universale. Dev'essere universale, perché, secondo lui, la condotta che fa buona prova a Milano darebbe buon pretesto ai peggiori pasticci e confusionismi e « sbandamenti » che egli deplora nell'Umbria. Se voi concedete _:, egli dice in sostanza - che si possa agire in un determinato modo laddove le circostanze indicano quel modo come il migliorn; voi autorizzate con ciò ad agire nello stesso modo laddove le circostanze lo controindicano come di– sastroso. Il metodo che è cattivo in un luogo deve essere proscritto anche dove è buono; il metodo che è buono in un luogo deve essere imposto anche dove A cattivo. Se no, avverrà che si adotterà il metodo cattivo dove è cattivo col pretesto ch'esso è buono dove è buono (1). Facciamo dunque decre– tare che il metodo buono dove è buono sia buono anche dove è cattivo. Così commetteremo la stessa corbelleria - spostata soltanto di luogo - ma sarà brevettata dal .Congresso. Noi non entreremo giudici - si capisce -- del– l'indole e del valore dei radicali umbri. La distinzione fra radicali veri e radicali falsi, che si ispira a un criterio etico, ci lascia freddi; per noi, materialisti impenitenti, i partiti sono sopratutto quel che pos– sono essere, e non si tratta tanto di analizzarne le intenzioni quanto di incatenarli cogli interessi. Le accuse di ambizioni personali e simili, le conosciamo ancor noi socialisti, sappiamo quanto valgono. - D'altronde è proprio a Terni, nel cuore dell'Umbria, che avvenne, ci ricorda, quel curioso incidente dei « socialisti intransigenti » che, combattendo la can– didatura Pantano, si trovarono ad avere eloquenti offerte di aiuti dagli agenti del candidato crispino. Sospettarono allora - non ci volle meno di tanto! - che il « metodo buono » fosse buono sopratutto per chi li mandava allegramente a domicilio coatto; e, tardi ma in tempo, si ritrassero dal mal passo in cui s'erano ficcati. Ma, prescindendo da considerazioni locali - nelle quali pofremmo anche ingannarci - non s'è egli mai chiesto, il compagno Bidolli, il perché di quello « sbandamento » che avvenne ne' suoi paesi, mal– grado le precedenti deliberazioni imperative del Congresso Umbro, delle quali il suo articolo vuol essere in qualche modo il riflesso? Eppure, l'ana– lisi stessa ch'egli fa delle condizioni economiche dell'Umbria e paesi affini, glie ne darebbe facil– mente la chiave. Crede egli proprio che le ragioni stessero tutte nel « libero arbitrio» dei compagni? e che il rimedio migliore consista nello « stringere i freni? » Povero « positivismo », allora, e povero « materialismo economico » ! E non gli• pare che, per avventura, una intesa, un adattamento, anche transitorio, nei limiti di quel che concedono le ten– denze e condizioni locali, che salvi intanto l'essen– ziale, cioè l'indipendenza del partito e la nettezza socialista della propaganda, e spieghi, anche nell'e– ventuale appoggio al partito affine (del quale ap– poggio noi ci guardiamo bene dal voler fare una regola), ne spieghi, diciamo, il perchè tutto socia-– lista; non gli pare che sarebbe preferibile - per lo sviluppo del partito - agli « sbandamenti », alle ipocrisie e allo sperpero di forze consumato nelle lotte intestine, di cui i. socialisti umbri ci diedero memorabile esempio? Tanto e tanto, non preten– derà il compagno Bidolli che si pongano, oggi come oggi, candidature socialiste in tutti i 508 collegi del Regno. E dove non si pongono, e dove pure de' so- ( 1 ) Il nostro contraddittore, poco oltre la metà del suo articolo, chiama questa una (< inevitabile conseguenza >l; e confessa che a cotali ragionatori non si saprebbe che cosa rispondere. l:s1011oteca l:i1no 1anco cialisti vivono e vestono panni, staranno, come san– toni, a guardarsi o grattarsi l'ombellico? Nè più felice è il tentativo di porci in contrad– dizione con noi stessi citando -- come fece anche il Cassola nella Lotta di classe - un brano del nostro articolo It domani, che recava un giudizio severo de' repubblicani. Noi parlavamo (dopo aver accennato, nello stesso senso, alla « assenza dimo:... strata di un partito monarchico », e anche qui bi· sognava intenderci con un grano di sale) parlavamo della deficienza di un partito repubblicano sufficien– temente « vitale, organizzato ed organico» (badate a questi aggettivi!) per profittare a proprio van– taggio di un movimento rivoluzionario decisivo; parlavamo sopratutto dalla mancanza di uno stato maggiore, deciso e pronto, che in un tale momento assumesse la responsabilità della situazione, e la cui presenza è indispensabile a un partito esclusiva– mente politico, che mira a un mutamento della forma politica dello Stato. Nella questione presente parliamo invece di un partito democratico - non soltanto repubblicano - come massa elettorale, per le battaglie elettorali. Non è chi non vegga che le due cose sono affatto diverse, in qualche modo op– poste addirittura. Negare l'esistenza e la ragion di essere di un tale partito non sarebbe solo chiudere gli occhi alla luce, per non vedere il numero dei voti, dei giornali, dei rappresentanti politici e am• ministrativi che a quel partito appartengono - e a questa stregua con ben maggior logica si neghe– rebbe l'esistenza di un partito socialista - ma equi– varrebbe, quel ch'è più, a negare l'esistenza e la ragion d'essere e l'avvenire di classi rnedie in Italia (1). Rimproverargli la mancanza d'organizza– zione, l'ambiguità del programma, la composizione ibrida, la poca logica, ecc., equivale a rimprove– rargli, in sostanza, d'essere il partito democraticq - di non essere nè il partito clericale, nè il partito ·socialista. Queste cose - poiché così facilmente non s'in..: tendono o si fraintendono - e basterebbe un tan– tino d'attenzione - richiederanno forse quelle di- 1ucidazioni, che il Bidolli invoca, anche dopo che il Congresso di Firenze si sarà pronunziato. La raccomandazione di rispettare i deliberati « anche a parole » ci sa un po' troppo di credo quia ab– surdum per poterla accettare. Noi pensiamo - e qui siamo lieti di incontrarci colla Lotta di classe che testé altamente lo proclamava - che le due grandi forze del nostro partito siano la disciplina e la discussione. La disciplina sono le gambe del par– tito: al momento dell'assalto esse devono marciare in fila, compatte. Ma la discussione ne è la testa. Il compagno Bidolli ci compatirà se professiamo un salutare terrore .... della ghigl_iottina. Nor. (1) Su questo insiste, e assai bene, l'amic0 Giacomo Levi nella Verona del Popolo - in un articolo che forse avremo occasione di citare nel prossimo numero. IL SIJ_LABO DEI SEMPLICISTI Il professore dell'Ateneo pisano, dott. Edoardo Bonar<li - candidato, nelle ultime elezioni politiche, dei socia– listi comensi, medico, naturalista e autore d1 quel gioiello di illustrazione scientifica della nostra dottrina che è il libro Evoluzionismo e socialismo, ben noto ai lettori della nostra «Biblioteca» - avendo assistito al Congresso regionale toscano, dove fu confermata la tattica parmigiana con relativa Santa Inquisizione contro i dissidenti, ce ne manda le sue impressioni; che lumeggiano alcuni punti importantissimi della vessata questione e che certo saranno lette con pia..., cere e con profitto. _

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