Alfabeta - anno V - n. 49 - giugno 1983

ti ebbrezza, dice ]unger, è ~na chiave, una tappa provvisoria lungo il cammino che porta al «punto zero». Tra le «porte della percezione» e lo spazio vuoto dell'alterazione si spalanca il limbo in cui storicamente sono stati costretti l'ebbro, il ricercatore stravagante, l'avventuriero spirituale. Inquietudine, insoddisfazione, «esperienza interiore» e solipsismo visionario si confondono e si sovrappongono nella paradossalità concettuale dell'esperienza estatica, in cui il culmine dell'essere «fuori di sé» e la massima tensione «a sé» vanno in uno. Una riduzione del vuoto al concetto, la chiave per una porta, tra le altre. L'esperienza che l'ebbro ha di sé e del mondo non sottostà alle leggi de~'evidenza e non è verificabile allo stesso modo di un esperimento scientifico; ciò che l'alterazione dischiude non è perciò oggetto sul quale misurare la nostra accresciuta potenza percettiva, non ha nulla a che vedere con i concetti di «divertimento» o di «piacere», ma, come nota funger, è semplicemente la direzione di un avvicinamento ai confini della spazialità e del tempo: «All'assoluto è possibile soltanto avvicinarsi, restare in esso è impossibile» (Avvicinamenti, p. 72). L'ebbrezza jungeriana si definisce come spostamento nel tempo e del tempo, quasi il suo esserealchimia del tessuto storico sostituisse radicalmente il suo carattere «estetico». È dilatazione-contrazione delle categorie spazio-temporali prima che ingresso in un mondo surreale, è sovvertimento di passato e futuro che trasforma il presente in visione: « Un Eros della visione, che annulla il tempo attraversandolo. Evoca l'assente per condurlo al presente. Quest'assenza non è sorta grazie al tempo, per quanto lunga sia stata la sua durata. li tempo non è niente di più di una forma del/'assenza» (Avvicinamenti, p. 221). Qui possiamo ritrovare il punto di contatto più evidente tra lo J unger romanziere e il saggista. L'alterazione, nel mondo della tecnica dispiegata, come nelle città ideali jungeriane, è innanzi tutto un paradosso storico, capace di strutturare in un'utopica esperienza assoluta del singolo il continuum temporale della comunità. Inoltrarsi nella storia è il compito de~avventuriero spirituale Antonio Peri in Heliopolis («egli era del parere che ogni droga contiene una formula per accedere a determinati enigmi del mondo», Heliopolis, p. 294), dell'«anarca» Martin Venator in Eumeswil («ha preferenza per determinate forme senza impegnarsi per nessuna, specialmente se attuale; lo affascina invece il modo con cui si avvicendano dall'interno, dalla sostanza stessa della storia», Eumeswil, p. 31): il passato è visitato come in un viaggio, viene esaminato e «manipolato» fino al suo punto di implosione, la fine dei tempi. Non è certo un caso che proprio al crepuscolo delle civiltà venga permessa a/l'individuo la più assoluta libertà di fronte al divenire, gli si schiuda il senso dei passaggi epocali, gli vengano fornite le chiavi Bibliotecag1nobianco per avvicinarsi alla trama che sorregge l'accadere. Lo sperimentatore di Heliopolis e il protagonista di Eumeswil, il sogno dello stupefacente e l'assoluta disponibilità della storia, paiono così accomunati nello scetticismo radicale dei tempi di trapasso, nell'utopia della conoscenza realizzata, nell'individualità del/' «anarca». li mondo del Condor - il dittatore di Eumeswil - è il mondo del1' ebbrezza realizzata, ebbrezza della cultura innanzi tutto, all'interno della quale la storia si ricostruisce e ciclicamente si trasforma. Martin Venator si limita a osservare, annota ciò che gli accade intorno, elabora tecniche sofisticate di catalogazione dei fatti, passa le notti davanti al «Luminar», la grande memoria storica che organizza Eumeswil; è il tipo del realista-visionario, dell'ebbro discetticismo. Il reticolo fondamentale gli si è disvelatopiù che a ogni altro; come avventuriero spirituale, in possesso del maggior numero possibile di informazioni storiche, ha compiuto più volte l'avvicinamento massimo al «punto zero» e, sintetizzando obiettività e fantasia, ha parlato «con Thor e Freia, con Brunilde e Giuditta, con lapantera distesa e lo scarabeo» (Avvicinamenti, p. 376). Nella modernità, dice funger, i visionari si incontrano soltanto tra gli zotici, occorre invece scetticismo, «scetticismo a volontà»: «L'uomo senza scetticismo è oggi l'essere nudo, primitivo, facile preda dei burloni - nel migliore dei casi maturo per il museo. Gli occhiali sono più che un ausilio; fanno parte dell'abbigliamento» (Avvicinamenti, p. 376). Esserescettici significa riconoscere il mutamento quale legge de~esistere: l'ebbrezza è il supremo «dire di sì» alla morte, l'estremo scetticismo. Nel romanzo Sulle scogliere di marmo, ]unger sembra aver già accostato trasformazione, conoscenza ed ebbrezza: la «Marina», altra ciuà ideale al di fuori del tempo, vive profonde trasformazioni e, come in Eumeswil e Heliopolis, il destino dei tempi di mutamento accerchia il protagonista, in questo caso un cavaliere errante a riposo, un convertito alla conoscenza. Per il convertito il mondo naturale non ha più segreti, la trama è ovunque visibile come natura naturata, e la stessa battaglia che lo oppone all'oscura potenza del «Forestaro», segnando il trapasso tra i mondi e le culture, diviene pretesto di un'estasi conoscitiva, «botanica»: «Avviene che in simili situazioni a volte il nostro occhio si arresti sulle minime cose e io osservai, inginocchiandomi, una pianticella in fiore, e riconobbi il rosso 'uccellino di bosco'» (Sulle scogliere di marmo, Milano, Ru.sconi, 1975, p. 118). Come al tempo corrisponde lo spazio, così laprospettiva storica si trasforma in geografia («come storico devo occuparmi del potenziale geomantico insilo a molti luoghi» dice Martin Venator). Anche lo spazio patisce di dilatazione e contrazione, si restringe in Heliopolis, in Eumeswil, nella Marina, si dilata in Giochi africani, nel deserto. Nella città ideale di Martin Venator e di Antonio Peri, come nel presente, Io storico ritrova sempre e solo le rovine de/l'origine, mentre ciò che di originario resta attivo nel presente viene nascosto e ricacciato al fondo della coscienza. L'idea di un principio elementare, da cui la legge dello spirito abbia separato gli esseri umani, ma che continui ad agire nel ritmo cosmico e nella storia «inconscia» dell'umanità, accomuna ]unger alla cultura tedesca degli anni venti, in primo luogo al Klages dell'Eros cosmogonico (1922), con cui ha in comune la ricerca mitologica, la passione per le scienze naturali, gli studi di caratteriologia e l'ammirazione per Bachofen, lo storico delle società matriarcali e del mito che proprio Klages aveva rilanciato nel suo libro. Emst Jiinger Avvicinamenti. Droghe ed ebrezza trad. it. di Chiara Sandrin e Ugo Ugazio Milano, Multhipla, 1982 pp. 377, lire 16.000 Eumeswil trad. it. di M.T. Mandalari Milano, Rusconi, 1981 pp. 400, lire 12.500 Heliopolis trad. it. di M. Guarducci Milano, Rusconi, 1972 pp. 436, lire 4.500

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