interessanti. Anzitutto la relazionè iniziale di Renato Bari/li, già teorico di tutti gli sperimentalismi del Nouveau Roman, che si trovava a quel punto a fare i conti col nuovo Robbe . Grillet, e con Grass, e con Pynchon (non si dimentichi che ora Pynchon viene citato tragli iniziatori del post-moderno, ma allora questa parola non esisteva, almeno in Italia, e stava cominciando John Barth in America), e citava il riscoperto Roussel, che amava Verne, e non citava Borges perché la sua rivalutazione non era ancora iniziata. E cosa diceva Barilli? Che sino ad allora si era privilegiata la fine dell'intreccio, e il blocco dell'azione nell'epifania e nell'estasi materialistica. Ma che stava iniziando una nuova fase della narrativa con la rivalutazione dell'azione, sia pure di una azione autre. lo analizzavo l'impressione che avevamo provato la sera prima assistendo a un curioso collage cinematografico di Baruchello e Grifi, Verifica incerta, una storia fatta con spezzoni di storie, anzi di situazioni standard, di topoi, del cinema commerciale. E rilevavo che là dove il pubblico aveva reagito con maggior piacere era nei punti in cui, sino a pochi anni prima, avrebbe reagito dando segni di scandalo, e cioè dove le conseguenze logiche e temporali dell'azione tradizionale venivano eluse e le sue atteseapparivano violentemente frustrate. L'avanguardia stava diventando tradizione, ciò che era dissonante qualche anno prima diventava miele per le orecchie (o per gli occhi). E da questo non si poteva che trarre una conclusione. L'inaccettabilità del messaggio non erapiù criterioprincipe per una narrativa ( e per qualsiasi arte) sperimentale, visto che l'inaccettabile era ormai codificato come piacevole. Si profilava un ritorno conciliato a nuove forme di accettabile, e di piacevole. E ricordavo che, se al tempo delle serate futuriste di Marinetti era indispensabile che il pubblico f,schiasse, «oggi è invece improduttiva e sciocca la polemica di chi giudica fallito un 'esperimento per il fatto che viene accettato come normale: è un rifarsi allo schema assiologico dell'avanguardia storica, e a questo punto l'eventuale critico dell'avanguardia altro non è che un marinettiano in ritardo. Ribadiamo che solo in un momento storico preciso l'inaccettabilità del messaggio da parte del ricettore è diventata una garanzia di valore... Sospetto chef orse dovremo rinunciare a quella arri è re pensée, che domina costantemente le nostre discussioni, per cui lo scandalo esterno dovrebbe essere una verifica della validità di un lavoro. La stessa dicotomia tra ordine e disordine, tra opera di consumo e opera di provocazione, pur non perdendo di validità, andrà riesaminataforse in un'altra prospettiva: cioè, credo che saràpossibile trovare elementi di rottura e contestazione in opere che apparentemente si prestano ad un facile consumo, ed accorgersi al contrario che certe opere, che appaiono come provocatorie e fanno ancora saltare sulla sedia il pubblico, non contestano nulla... In questi giorni ho trovato qualcuno che, insospettito perché un prodotto gli era piaciuto troppo, lo sospendeva in una zona di dubbio ... » E via dicendo. Dpost-moderno, l'ironia, U piacevole Dal /965 a oggi si sono definitivamente chiarite due idee. Che si poteva ritrovare l'intreccio anche sotto forma di citazione di altri intrecci, e che la citazione avrebbe potuto essere meno consolatoria dell'intreccio citato (sarà del 1972 l'almanacco Bompiani intitolato al Ritorno dell'intreccio, sia pure attraverso la rivisitazione ironica, e ammirata al tempo stesso, di Ponson du Terrai/ e di Eugène Sue, e all'ammirazione con poca ironia di certe grandi pagine di Dumas). Si poteva avere un romanzo non consolatorio, abbastanza problematico, e tuttavia piacevole? Questa sutura, e il ritrovamento non solo dell'intreccio ma anche della piacevolezza, doveva essere attuata dai teorici americani del Post-Modernismo. Malauguratamente «post-moderno» è un termine buono à tout faire. Ho l'impressione che oggi lo si applichi a tutto ciò che piace a chi lo usa. D'altra parte, sembra ci sia un tentativo di farlo slittare all'indietro: prima sembrava adattarsi ad alcuni scrittori o artisti operanti negli ultimi vent'anni, poi via via è arrivato sino a inizio secolo, poi più indietro, e la marcia continua, tra poco la categoria del post-moderno arriverà a Omero. Credo tuttavia che il post-moderno non sia una tendenza circoscrivibile cronologicamente, ma una categoriaspirituale, o meglio un Kunstwollen, un modo di operare. Potremmo dire che ogni epoca ha il proprio post-moderno, così come ogni epoca avrebbe il proprio manierismo (tanto che mi chiedo se post-moderno non sia il nome moderno del Manierismo come categoria metastorica). li passato ci condiziona, ci sta addosso, ci ricatta. L' avanguardia storica (ma anche qui intenderei quella di avanguardia come categoriametastorica) cerca di regolare i conti con il passato. «Abbll§SOil chiaro di luna», motto futurista, è un programma tipico di ogni avanguardia, basta mettere qualcosa di appropriato al posto del chiaro di luna. L'avanguardia distrugge il passato, lo sfigura: le Demoiselles d'Avignon sono il gesto tipico dell'avanguardia; poi l'avanguardia va oltre, distrutta la figura r annulla, arriva ali'astratto, all'informale, alla tela bianca, alla tela lacerata, alla tela bruciata, in architetturasarà la condizione minima del curtain wall, l'edificio come stele, parallelepipedo puro, in letteratura la distruzione del flusso del discorso, sino al collage alla Bu"oughs, sino al silenzio o alla pagina bianca, in musica sarà il passaggio dall'atonalità al rumore, al silenzio assoluto (in questo senso il Cage delle origini è moderno). Ma a"iva il momento che l'avanguardia (il moderno) non può più andare oltre, perché ha ormai prodotto un metalinguaggio che parla dei suoi impossibili testi (l'arte concettuale). La rispostapost-moderna al moderno consiste nel riconoscere che il passato, visto che non può essere distrutto, 81bi1otecag I nob1anco perché la sua distruzione porta al silenzio, deve essere rivisitato: con ironia, in modo non innocente. Penso all'atteggiamento post-moderno come a quello di chi ami una donna, molto colta, e che sappia che non può dirle: «Ti amo disperatamente», perché lui sa che lei sa (e che lei sa che lui sa) che queste frasi le ha già scritte Liala. Tuttavia c'è una soluzione,_Potrà dire: «Come direbbe Lia/a, ti amo disperatamente». A questo punto, avendo evitata la falsa innocenza, avendo detto chiaramente che non si può più parlare in modo innocente, costui avrà però detto alla donna ciò che voleva dirle: che la ama, ma che la ama in un'epoca di innocenza perduta. Se la donna sta al gioco, avrà ricevuto una dichiarazione d'amore, ugualmente. Nessuno dei due interlocutori si sentirà innocente, entrambi avranno accettalo la sfida del passato, del già detto che non si può eliminare, entrambi giocheranno coscientemente e con piacere al gioco dell'ironia... Ma entrambi saranno riusciti ancora una volta a parlare d'amore. Ironia, gioco metalinguistico, enunciazione al quadrato. Per cui se, col moderno, chi non capisce il gioco non può che rifiutarlo, col post-moderno è anchepossibile non capire il gioco e prendere le cose sul serio. Che è poi la qualità (il rischio) dell'ironia. C'è sempre chi prende il discorso ironico come se fosse serio. Penso che i collages di Picasso, di Juan Gris e di Braque fossero moderni: per questo la gente normale non li accettava. Invece i collages che faceva Max Ernst, montando pezzi di incisioni ottocentesche, erano post-moderni: si possono anche leggere come un racconto fantastico, come il racconto di un sogno, senza accorgersi che rappresentano un discorso sull'incisione, e forse sul collage stesso. Se il post-moderno è questo, è chiaro perché Sterne o Rabelais f assero post-moderni, perché lo è certamente Borges, perché in uno stesso artistapossano convivere, o seguirsi a breve distanza, o alternarsi, il momento moderno e quello post-moderno. Si veda cosa accade con Joyce. Il Portrait è la storia di un tentativo moderno. I Dubliners, anche se vengono prima, sono più moderni del Portrait. Ulysses sta al limite. Finnegans Wake è già post-moderno, o almeno apre il discorso post-moderno, richiede, per essere compreso, non la negazione del già detto, ma il suo ripensamento ironico. Sul post-moderno è stato detto quasi tutto sin dall'inizio (e cioè da saggi come «La letteraturadell'esaurimento» di John Barth, che è del 1967, e che è stato recentemente pubblicato da Calibano, nel n. 7 sul post-modernismo americano). Non è che sia del tutto d'accordo con le pagelle che i teorici del post-modernismo (Barth compreso) assegnano a scrittori e artisti, stabilendo chi è post-moderno e chi non ancora. Ma mi interessa il teorema che i teorici della tendenza traggono dalle loro premesse: «il mio scrittore ideale post-moderno non imita e non ripudia né i suoi genitori novecenteschi né i suoi nonni ottocenteschi. Ha digerito il modernismo, ma non lo porta sulle spalle come un peso ... Questo scrittore forse non può sperare di raggiungere o commuovere i cultori di James Michener e lrving Wallace, per non parlare degli analfabeti lobotomizzati dai mass media, ma dovrebbe sperare di raggiungere e divertire, almeno qualche volta, un pubblico più vasto del circolo di quelli che Thomas Mann chiamava i primi cristiani, i devoti dell'Arte ... Il romanzo post-moderno ideale dovrebbe superare le diatribe tra realismo e irrealismo, formalismo e 'contenutismo', letteratura pura e letteratura dell'impegno, na"ativa d'élite e na"ativa di massa... L'analogia che preferisco è piuttosto con il buon jazz o con la musica classica:a riascoltare e ad analizzare lo spartito si scoprono molte cose che non si erano colte la prima volta, ma la prima volta deve saperti prendere al punto da farti desiderare di riascoltare, e questo vale sia per gli specialisti che per i non specialisti». Così Barth, nel 1980, riprendendo il tema, ma questa volta sotto il titolo « La letteratura della pienezza». Naturalmente il discorso può essere ripreso con maggior gusto del paradosso, come fa Leslie Fiedler. Il numero di Calibano pubblica un suo saggio del 1981, e recentissimamente la nuova rivista Linea d'ombra pubblica un suo dibattito con altri autori americani. Fiedler provoca, è ovvio. Loda L'ultimo dei Mohicani, la na"ativa d'avventure, il Gothic, la robaccia disprezzata dai critici e che ha saputo creare dei miti, e popolare l'immaginario di più di una generazione. Si chiede se apparirà ancora qualcosa come La capanna dello zio Tom, che possa essere letto con eguale passione in cucina, in salotto e nella stanza dei bambini. Mette Shakespeare dallaparte di quelli che sapevano divertire, insieme a Via col vento. Sappiamo tutti che è critico troppo fine per crederci. Vuole semplicemente rompere la barrierache è stata erettatra arteepiacevolezza. Intuisce che raggiungere un pubblico vasto, e popolare i suoi sogni, significa forse oggi fare avanguardia, e ci lascia ancora liberi di dire che popolare i sogni dei lettori non vuol dire necessariamente consolarli. Può voler dire ossessionarli. D romamo storico Da due anni rifiuto di rispondere a questioni oziose. Del tipo: la tua è un'opera aperta o no? E che ne so, non sono fatti miei, sono fatti vostri. Oppure: con quale dei tuoi personaggi ti identifichi? Dio mio, ma con chi si identifica un autore? Con gli avverbi, è ovvio. Di tutte le questioni oziose la più oziosa è stata quella di coloro che suggeriscono che raccontare del passato sia un modo di sfuggire alpresente. È vero?mi chiedono. È probabile, rispondo, se Manzoni ha raccontato del Seicento è perché non gli interessava l'Ottocento, e il Sant'Ambrogio di Giusti parla degli austriaci del suo tempo mentre chiaramente il Giuramento di Pontida di Berchet parla di favole del tempo che fu. Love story si impegna sul proprio tempo mentre La certosa di Parma raccontava solo /atti avvenuti venticinque anni prima ... Inutile dire che tutti i problemi dell'Europa moderna si formano, così come li sentiamo oggi, nel Medio Evo, dalla democrazia comunale all'economia bancaria, dalle monarchie nazionali alle città, dalle nuove tecnologie alle rivolte dei poveri: il Medio Evo è la nostra infanzia a cui occo"e sempre tornare per fare l'anamnesi. Ma si può parlare di Medio Evo anche nello stile di Excalibur. E dunque if problema è un altro, e non eludibile. Che cosa vuol dire scrivere un romanzo storico? Credo vi siano tre modi di raccontare intorno al passato. Uno è il romance, dal ciclo bretone alle storie di Tolkien, e ci sta dentro anche la «Gothic nove/», che novel non è ma appunto romance. Il passato come scenografia, pretesto, costruzione favolistica, per dare libero sfogo all'immaginazione. Dunque non è neppure necessario che il romance si svolga nel passato, basta che non si svolga ora e qui e che dell'ora e del qui non parli, neppure per allegoria. Molla fantascienza è puro romance. Il romance è la storia di un altrove. Poi viene il romanzo di cappa e spada, come quello di Dumas. li romanzo di cappa e spada sceglie un passato «reale»e riconoscibile, e per renderlo riconoscibile lo popola di personaggi già registrati dall'enciclopedia (Richelieu, Mazarino) ai quali fa compiere alcune azioni che l'enciclopedia non registra (aver incontrato Milady, aver avuto contatti con un certo Bonacieu.x) ma da cui l'enciclopedia non viene contraddetta. Naturalmente, per co"oborare l'impressione di realtà, i personaggi storici faranno anche quello che (per consenso della storiografia) hanno fatto (assediare la Rochelle, aver avuto rapporti intimi con Anna d'Austria, aver avuto a che fare con la Fronda). ln questo quadro («vero») si inseriscono i personaggi di fantasia, i quali però manifestano sentimenti che potrebbero essere attribuiti anche a personaggi di altre epoche. Quello che d'Artagnan fa ricuperando a Londra i gioielli della regina, avrebbe potuto fa rio anche nel XV o nel XVII secolo. Non è necessario vivere nel Seicento per avere la psicologia di d'Artagnan. Nel romanzo storico, invece, non è necessario che entrino in scena personaggi riconoscibili in termini di enciclopedia comune. Pensate ai Promessi sposi, il personaggio più noto è il cardinal Federigo, cheprima di Manzoni conoscevano in pochi (e ben più noto era l'altro Bo"omeo, san Carlo). Ma ogni cosa che fanno Renzo, Lucia o Fra Cristo/oro non poteva essere/atta che nella Lombardia del Seicento. Quello che i personaggi fanno serve afar capire meglio la storia, ciò che è avvenuto. Vicende e personaggi sono inventati, eppure ci dicono sul/'Italia dell'epoca cose che i libri di storia non ci avevano mai detto con altrettanta chiarezza. ln questo senso certamente io volevo scrivere un romanzo storico, e non perché Ubertino o Michele fossero davvero esistiti e dicessero più o meno quello che avevano detto davvero, ma perché tutto quello che personaggi fittizi come Guglielmo dicevano avrebbe dovuto esserestato detto a quell'epoca. Non so quanto sono stato fedele a questo proposito. Non credo di averlo disatteso quando mascheravo citazioni di autori posteriori (come Wittgenstein) facendole passare per citazioni dell'epoca. In quei casi sapevo benissimo che non erano i miei medievali a essere moderni, caso mai erano i moderni a pensar medievale. Piuttosto mi chiedo se talora non ho prestato ai miei personaggi fittizi una capacità di mettere insieme, dalle disiecta membra di pensieri del tutto medievali, alcuni ircocervi concettuali che, come tali, il Medio Evo non avrebbe riconosciuto come propri. Ma credo che un romanzo storico debba fare anche questo: non solo. individuare nel passato le cause di quel che è avvenuto dopo, ma anche disegnare il processo per cui quelle cause si sono avviate lentamente a produ"e i loro effetti. Se un mio personaggio, comparando due idee medievali, ne trae una terza ideapiù moderna, egli fa esattamente quello che la cultura ha poi /atto, e se nessuno ha mai scritto ciò che lui dice, è certo che qualcuno, sia pure in modo confuso, avrebbe dovuto incominciare a pensarlo (magari senza dirlo, preso da chissà quanti timori e pudori). In ogni caso c'è una faccenda che mi ha molto divertito: ogni qual volta un critico o un lettore hanno scritto o detto che un mio personaggio affermava cose troppo moderne, ebbene, in tutti quei casi e proprio in quei casi, io avevo usato citazioni testuali del XW secolo. E ci sono altre pagine in cui il lettore ha goduto come squisitamente medievali atteggiamenti che io sentivo come illegittimamente moderni. È che ciascuno ha una propri/I idea, di solito co"otta, del Medio Evo. Solo noi monaci di allora sappiamo la verità ma, a dirla, talora si viene portati al rogo. Per finire Ho ritrovato - due anni dopo aver scritto il romanzo - un mio appunto del 1953, quando ancora facevo l'università: «Orazio e l'amico chiamato il conte di P. per risolvere il mistero dello spettro. Conte di P., gentiluomo eccentrico e flemmatico. Per contro, un giovane capitano delle guardie danesi con metodi americani. Sviluppo normale dell'azione secondo le linee della tragedia. All'ultimo atto il conte di P., radunata la famiglia, spiega l'arcano: l'assassino è Amleto. Troppo tardi, Amleto muore». Anni dopo ho scoperto che una idea del genere l'aveva avuta da qualche parte Chesterton. Pare che il gruppo del1'Oulipo abbia recenteme~e costruito una matrice di tutte le possibili situazioni poliziesche e abbia trovato che rimane da scrivere un libro in cui l'assassino sia il kttore. Morale: esistono idee ossessive, non sono mai personali, i libri si parlano tra loro, e !'1Ul vera indagine poliziesca deve provare che i colpevoli siamo noi.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==