Alfabeta - anno V - n. 49 - giugno 1983

punto acaluare, frenare e come dosare questi colpi di pedale nel quadro di un ritmo di fondo che rimane costllnll. E in -ica si può «rubare», ma che non si rubi troppo, se no abbiamo quei cattiviesecutori che credono che, per far Chopin, basti esagerarenel rubato. Non stoparlando di come ho risolto i miei probkmi, bensì di come me li sono posti. E se dovessi dire che me li ponevo coscientemente, mentirei. C'è un pensiero compositivo che pensa anche attraversoil ritmo delle diJache baltono sui tasti della macchina. Vo"ei dare un esempio di come raccontare sia pensare con le diJa. È chiaro che la scena dell'amplesso in cucina è costruita tutta con citazioni da testi religiosi, ·apartire dal Cantico dei Cantici sino a san Bernardo e a Jean de Fecamp, o sanla Hildegarda di Bingeg. Almeno, anche chi non ha pratica di mistica medievale, ma un po' di orecchio, se ne è accorto. Ma quando ora qualcuno mi chiede di chi sono le citazioni e dove finisce una e incomincia l'altra, non sono più in grado di dirlo. In/alti, io avevo decine di schede con tutti i testi, e talora dellepagine di libro, e dellefotocopie, moltissime, molte più di quante non ne abbia poi usate. Ma quando ho scritto la scena l'ho scritta di getto (solo dopo l'ho limata, come a pass,vci sopra una vernice omogeneizzante, perché si vedessero ancora meno le suture). Dunque scrivevo, accantoavevo tutti i testi, buttatisenz' ordine, e spostavo l'occhio ora su uno ora sull'altro, copiando un brano, poi collegandolo subito a un altro. È il capitolo che, in prima stesura, ho scritto più rapidamente di tutti. Ho capito dopo che cercavo • di seguire con le dita il ritmo dell'amplesso, e quindi non potevo arrestarmiper sceglierela citazione giusta. Ciò che rendeva giusta la citazione inserita in quel punto era il ritmo con cui la inserivo, scartavo con gli occhi quelle che avrebbero arrestato il ritmo delle diJa. Non posso dire che la stesura dell'evento è durata quanto l'evento (benché ci siano degli amplessi abbastanza lunghi), ma ho cercatodi abbreviare il più possibile la differenza tra tempo dell'amplesso e tempo della scrittura. E dico scrittura non nel senso barthesiano, bensì nel senso del dattilografo, sto parlando della scrittura come alto mall!riale,fisico. E sto parlando di ritmi del corpo, non di emozioni. L'emozione, ormai filtrata, era tutta prima, nella decisione di assimilare estasi mistica ed estasi erotica, nel momento in cui avevo letto e scelto i testi da usare. Dopo, nessuna emozione, eraAdso che faceva ali'amore, non io, io dovevo solo tradu"e la sua emozione in un gioco di occhi e di diJa, come se avessi deciso di raccontare una storia d'amore suonando il tamburo. Costruire il lettore Ritmo, respiro, penitenza ... Per chi, per me? No, certo, per il lettore. Si scrive pensando a un lettore. Così come il pittore dipinge pensando allo spettatore·del quadro. Dopo aver dato un colpo-dipennello, si allontanadi due o trepassi e studia l'effetto: guarda cioè al quadro come dovrebbe guardarlo, in condizioni di luce acconcia, lo spettatore quando l'ammirerà appeso alla parete. Quando l'opera è finita, si instauraun dialogo tra il testo e i suoi lettori (l'autore è escluso). Mentre l'operasi fa, il dialogo è doppio. C'è il dialogo tra quel testo e tutti gli altri testi scritti prima (si fanno libri solo su altri libri e intorno ad altri libri) e c'è il dialogo tra l'autore e il primo lettore modello. L'ho teorizzato in altre opere come Lector in fabula o prima ancora in Opera aperta, né l'ho inventato io. Può accadereche l'autore scrivapensando a un certopubblico empirico, come facevano i fondatori del romanzo moderno, Richardson o Fieldingo Defoe, che scrivevano per i mercanti e le loro mogli, ma scrive per il pubblico anche Joyce chepensa a un lettoreidealeaffetto da un'ideale insonnia. In entrambi i casi, sia che si creda di parlare a un pubblico che è n, soldi allamano, fuori dallaporta, sia che ci si proponga di scrivereper un lettore a venire, scrivere è costruire, attraverso il testo, il proprio modello di lettore. Cosa vuole dire pensare a un lettorecapace di superare lo scoglio penitenziale delleprime centopagine? Significa esattamente scrivere cento pagine allo scopo di costruire un lettore adatto per quelle che seguiranno. C'è uno scrittoreche scrivesolo per i posteri?No, neppure se lo afferma, perché siccome non è Nostradamus, non può configurarsi i posteri che sul modello di ciò che sa dei contemporanei. C'è un autoreche scrivaper pochi lettori?Sì, se con questo si intende che il Lettore Modello che eglisi configura, nelle sue previsioni, ha poche possibilità di essereimpersonato dai più. Ma anche in questo caso lo scrittorescrive con lasperanza, neppur troppo segreta,cheproprio il suo libro crei, e in gran numero, molti nuovi rappresentanti di questo lettore voluto e perseguito con tantaacribiaartigiana, postulalo, incoraggiato dal suo testo. La differenza è se mai tra il testo che vuole produrre un lettore nuovo e quello che cercadi andare incontro ai desideri dei lettori tlJiiquali li si trova già per la strada. In questo secondo caso abbiamo il libro scritto, costruito, secondo un formulario buono per prodotti serializzati, l'autore fa una sorta di analisi di mercato, e si adegua. Che lavori per [or- ;::. mule lo si vede sulla distanza, analizzando i vari romanzi -~ che ha scritto, e rilevando che in tutti, cambiando i nomi, i ~ luoghi e le fisonomie, si racconta la stessa storia. Quella che ~ il pubblico già chiedeva. i Ma quando lo scrittore pianifica il nuovo, e progetta un -. lettore diverso, non vuole essere un analista di mercato che ~ fa la lista delle richiesteespresse, bensl un filosofo, che intui- ·! sce le trame dello Zeitgeist. Egli vuole rivelare al proprio ~ pubblico ciò che esso dovrebbe volere, anche se non lo sa. li Egli vuole rivelare il lettore a se stesso. .':! Se Manzoni avessedovuto badarea quello che il pubblico ~ chiedeva, laformula l'aveva, il romanzo storico di ambiente :g. medievale, con personaggi illustri, come nella tragediagre81b 1otecag1ob1anco ca, re e principesse (e non fa così ne~'Adelchi?), e grandi e Un modello astrattodella congetturalitàè il labirinto. Ma nobili passioni, e imprese gue"esche, e celebrazione delle ci sono tre tipi di labirinto. Uno è quello greco, quello di glorie italiche in un'epoca in cui l'Italia era te"a di forti. Teseo. Questo labirinto non consente a nessuno di perdersi: Non facevano così, prima di lui, con lui e dopo di lui, ta~~ntri e a"ivi al centro, e poi dal centro all'uscita. Per questo romanzieri storicipiù o meno sciagurati, dall'artigianod'A- al centro c'è il Minotauro, altrimenti la storia non avrebbe zeglio, al focoso e lutulento Guertazzi, a/l'illeggibileCantù? sapori, sarebbe una semplice passeggiata. Il terrore nasce E invece cosa fa Manzoni? Sceglie il Seicento, epoca di caso mai perché non sai dove arriveraie cosafarà il Minoschiavitù, e personaggi vili, e l'unico spadaccino è un [elio- ta"iir<r.'..Msea tu svolgi il labirinto classico, ti -ritrovi tra le ne, e di battaglienon ne racconta, e ha il coraggiodi appe- mani un filo, il filo d'Arianna. Il labirinto classico è il filo santire la storia con documenti e grida... E piace, piace a d'Arianna di se stesso. tutti, a dotti e a indotti, a grandi epiccini, a pinzoccheri e a Poi c'è il labirinto manieristico:se lo svolgi ti ritrovi tra le mangiapreti. Perché aveva intuito che i lettori del suo tempo mani una specie di albero, una struttura a radici con molti dovevano avere quello, anche se non lo sapevano, anche se vicoli ciechi. L'uscita è una sola, ma puoi sbagliare. Hai non lo chiedevano, anche se non credevano che fosse com- bisogno di un filo d'Arianna per non perderti. Questo labimestibile. E quanto lavora, di lima, sega e martello, e ri- rinto è un modello di trial-and-error process. sciacquaturadi panni, per renderepa/atabile il suo prodot- Infine c'è la rete, ovvero quella che Deleuze-Gµattari to. Per obbligare i lettori empirici a diventare il lettoremo- chiamano rizoma. Il rizoma è fatto in modo che ogni strada dello che egli aveva vagheggiato. può connettersi con ogni altra. Non ha centro, non hlilperiManzoni non scrivevaper piacere al pubblico così come feria, non ha uscita, perché è potenzialmente infinito. Lo era, ma per creare un pubblico a cui il suo romanzo non spazio della congettura è uno spazio a rizoma. Il labirinto potesse non piacere. E guai se non fosse piaciuto, lo vedete dellamia bibliotecaè ancora un labirintomanieristico, ma il con quanta ipocrisia e serenità parla dei suoi venticinque mondo in cui Guglielmo si accorgedi vivere è già strutturato lettori. Venticinque milioni, ne vuole. a rizoma: ovvero, è strutturabile, ma mai definitivamente Che lettoremodello volevo, mentre scrivevo? Un compii- strutturato. ce, certo, che stesse al mio gioco. lo volevo diventare com- Un ragazzo di diciassette anni mi ha detto che non ha pletamente medievale e vivere nel Medio Evo come se fosse capito nulla delle discussioni teologiche, ma che esse agivail mio tempo (e viceversa). Ma al tempo stesso volevo, con no come prolungamenti del labirinto spaziale (come se fostutte le mie forze, che si disegnasse una figura di lettore il sero musica thrilling in un film di Hitchcock). Credo che sia quale, superata l'iniziazione, diventasse mia preda, ovvero accaduto qualcosa del genere: anche il lettore ingenuo ha preda del testo, e pensasse di non voler altro che ciò che il fiutato che si trovava di fronte a una storia di labirinti, e non testo gli offriva. Un testo vuole essere una esperienza di di labirinti spaziali. Potremmo dire che, curiosamente, le trasformazione per ilproprio lettore. Tu credi di voler sesso, letturepiù ingenue erano le più «strutturali».Il lettore ingee trame criminali in cui alla fine si scopre il colpevole, e nuo è entrato a contalto diretto, senza mediazione dei contemolta azione, ma al tempo stesso ti vergognerestidi accettare nuti, con il fatto che è impossibile che ci siti una storia. una venerabilepaccottigliafatta di mani della morta efabbri del convento. Ebbene, io ti darò tanto latino, e poche donne, e teologia a bizzeffe, e sangue a litri, come nel Grand Guignol, in modo che tu dica: «ma è falso, non ci sto!» E a questo punto dovrai essere mio, e provare il brivido della In India cresce un albero, chiamato perindeo, che atterrisce il drago e ospita tra i rami i colombi, che ne mangiano i frutti dolcissimi infinita onnipotenza di Dio, che vanifica l'ordine del mondo. E poi, se sarai bravo, accorgertidel modo in cui ti ho tratto nella trappola, perché infine te lo dicevo a ogni passo, ti avvertivobene che ti stavo traendoa dannazione, ma il bello dei patti col diavolo è che li si firma ben sapendo con chi si tratta. Altrimenti, perché esserepremiato con l'inferno? E siccome volevo che fosse presa come piacevole l'unica cosa che ci fa fremere, e cioè il brivido metaf,sico, non mi restavache scegliere (tra i modelli di trama) quellapiù metafisica e fdosofica, il romanzo poliziesco. La metafisica poliziesca Non a caso il libro parte come se fosse un giallo (e continua a illudere il lettore ingenuo, sino alla fine, così che il lettore ingenuo può anche non accorgersiche si tratta di un giallo dove si scopre assai poco, e il detective viene sconfitto). lo credo che alla gente piacciano i gialli non perché ci sono i morti ammazzati, né perché vi si celebra il trionfo dell'ordine finale (intellettuale, sociale, legale e morale) sul disordine della colpa. È che il romanzo poliziesco rappresenta una storia di congettura, allo statopuro. Ma anche una detection medica, una ricercascientifica, anche una inte"ogazione metaf,sica sono casi di congettura. In fondo la domanda base dellafilosofia (come quella dellapsicoanalisi) è la stessadel romanzo poliziesco: di chi è la colpa?Per saperlo (per credere di saperlo), bisogna congetturare che tutti i fatti abbiano una logica, la logica che ha imposto loro il colpevole. Ogni storia di indagine e di congetturaci racconta qualcosa presso cui abitiamo da sempre (citazione pseudoheideggeriana).A questopunto è chiaroperché la mia storia di base (chi è l'assassino?)si dirama in tantealtrestorie, tutte storie di altre congetture, tutte intorno alla struttura della congettura in quanto tale. D divertimento Volevo che il lettoresi divertisse.Almeno quanto mi stavo divertendo io. Questo è un punto molto importante, che sembra contrastarecon le ideepiù pensose che crediamo di avere circa il romanzo. Divertire non significa di-vertere, distogliere dai problemi. Robinson Crusoe vuole divertire il proprio lettore modello, raccontandoglidei calcolie delleoperazioni quotidiane di un bravo homo oeconomicus assai simile a lui. Ma il semblable di Robinson, dopo che si è divertito leggendosi in Robinson, in qualche modo dovrebbe aver capito qualcosa di più, essere diventato un altro. Divertendosi, in qualche modo, ha imparato. Che il lettore impari Jualcosa circa il mondo o qualcosa circail linguaggio, questadifferenza contrassegnadiversepoetiche della narratività,ma il punto non cambia. Il lettore ideale del Finnegans Wake deve allafine divertirsi quanto il lettore di Carolina /nvernizio. Tanto quanto. Ma in modo diverso. ·ora, il concetto di «divertimento» non è universale ma storico. Ci sono modi di divertirsi diversiper og!'listagione del romanzo. È indubbio che il romanzo moderno ha cercato di deprimere il divertimento della trama per privilegiare altri tipi di divertimento. Io, grande ammiratore dellapoetica aristotelica, ho sempre pensato che, malgrado tutto, un romanzo deve divertire anche e soprattutto attraversola trama. È indubbio che, se un romanzo diverte, ottiene il consenso di un pubblico. Ora, per un certo periodo, si è pensato che il consenso fosse una spia negativa. Se un romanzo trova consenso, alloraèperché non dicenulla di nuovo, e dà al pubblico ciò che esso si attendevagià. Credoperò non sia la stessa cosa dire «se un romanzo dà al lettore ciò 'che si attendeva, trova consenso» e «se un romanzo trova consenso, è perché dà al lettore ciò che esso si attendeva». La seconda affermazione non è sempre vera. Bastipensare a Defoe o a Balzac, per arrivaresino al Tamburo di latta o a Cent'anni di solitudine. Si dirà che l'equazione «consenso=disvalore»è stata incoraggiatada certeposizioni polemiche prese da noi del gruppo 63, e anche prima del '63, quando si identifù:avail libro di successo col libro consolatorio, e il romanzo consolatorio col romanzo a intreccio, mentre si celebrava l'opera sperimentale, che fa scandalo ed è rifiutata dal grande pubblico. E queste cose sono state dette, aveva un senso dirle, sono quelle che hanno maggiormentescandalizzato i letteratibenpensanti e che non sono mai più statedimenticatedai cr(}IÙSti - e giustamente perché erano state pronunciate proprio per ottenere quest'effetto, e pensando a romanzi tradizionali dall'impianto fondamentalmente consolatorio e privi di innovazioni interessanti rispetto alla problematica ottocentesca. E che poi allorasi formassero schieramenti, e si facesse sovente di ogni erba un fascio, taloraper ragioni di gue"a per bande, è fatale. Mi ricordo che i nemici erano Lampedusa, Bassani e Casso/a, e oggi, personalmente, farei sottili differenze tra i tre. Lampedusa aveva scritto un buon romanzo fuori tempo, e si polemizzava contro la celebrazione che se ne faceva come se proponesse una nuova via alla letteraturaitaliana,mentre al contrarione chiudeva gloriosamente un'altra. Su Casso/a non ho cambiato opinione. Su Bassani invece oggi andrei molto ma molto più cauto e se fossi nel '63 lo accetterei come compagno di strada. Ma il problema di cui voglio parlare è un altro. È che nessuno si ricorda più di quanto è accaduto nel 1965, quando il gruppo si era riunito a Palermo, di nuovo, per discutere sul romanzo sperimentale (e dire che gli atti sono ancora in catalogo, col titolo Il romanzo sperimentale, da Feltrinel/i,con la data 1965in copertina, e 1966sul finito di stampare). Ora, nel corso di quel dibattito si trovavaho cose molto

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