Alfabeta - anno V - n. 48 - maggio 1983

Francesco Leonetti: L'opposizione, oggi Cito anzitutto Giacomo Mancini che di recente ha dello alla Tv sul caso 7 aprile: «proprio alloraper la prima volta nella società si è verificata una conver,;enza assoluta tra Pci, Psi e Dc». E questo che scontiamo, con l'attuale esclusione complessiva dei movimenti del '68 e con la disoccupazione dei giovani e il loro disorientamento... lo so che uno o due anni fa nel- /'Alfabeta Romano Canosa e io tentammo di avviare, con breve intenso questionario, una denuncia analitica di fenomeni involutivi in Italia; risposero 4 o 5 intel/euua/i, alcuni dentro, altri fuori; mesi fa ha ritentatoMario Spinella proprio sul 7 aprile, ancora invano. Si chiede dunque da parte di altri, da parte dei più: nessun dibatlito. Noi qui discutiamo con posizioni diverse, ma in un'idea comune, che è quella stessa di Alfabeta: la critica e la comunicazione aperta sono un bisogno radicale, che proviene direttamente anche dal '68... A me pare che durante il fascismo nel '26 si colpiva, certo, la militanza politica comunista, come tale; ora non è così; ma nella società complessa si tende a configurare come penale ogni forma di lolla d'opposizione che non sia propria (in senso stretto) della democrazia rappresentativa, elettorale, ecc. ecc. E a me pare oggi falsata nel processo tu/la la letlurapolitica del decennio. Viene assunto come unico il modello tradizionale di tipo terzinternazionalista, come l'hanno protratto in modi terroristicie semplificati, atrocemente se/lari, le Brigate rosse. Con ciò, la lolla politica, economico-sociale, sindacale, diviene una pura facciata legaleper le allività clandestine: questa è I' ottica di certa magistratura. Al contrario, nell'Autonomia non c'è tale clandestinità, a mio parere; ci sono comportamenti di rouura, anche gravi, ma senza coperture, senza tutelarsi, ecc. ecc. Si sapeva in giro nel «movimento» che cosa poteva avvenire. Si mischiavano parole e piccole azioni spontanee, in un solo livello. È una specie di luxemburghismo degradato. Vi si sono aggiumi fenomeni di devianza, con un alone politico iniziale, vi si sono inserite piccole bande teppistiche o fanatiche. Nell'esasperazione, anche, del mancato riconoscimento e rapporto con la sinistra storica (e il responsabile di ciò è stato Amendola nel '68stesso). Ciò va studiato anche culturalmente, con cura. lo, per esempio, sono del tu/lo avverso al cosiddeuo movimento del '77, che nel '76-77 ha portato a tale degenerazione, con strati e ondate di segno equivoco, tollerando tutto ciò accanto ai momenti autentici di espressione dei nuovi soggetti. E non sono affatto d'accordo col documento di Rebibbia dato nel Manifesto: è una interpretazione del decennio fondata sul/'acquisizione di «spazi», invece che sulla lolla economica e sociale. Riconosco che era implicito e proprio del- /' operaismo, però, il conce/lo strano di «autovalorizzazione». lo lo trovo infantile, certo... E che cos'è lo spazio? l'interstizio (ma allora ha un altro senso)? o è lo spazio della nuova geografia? Secondo me, vi era allora semplicemente una estesa e radicale partecipazione alla trasformazione sociale come progetto; che poi è caduta. Una responsabilità etica di Negri c'è forse nel non avere lei/era/mente preso a calci, con un semplice intervento diretto (o con un pezzo per l'Espresso), i teppisti liceali di buona società che lo leggevano male, e poi costruivano piccole bombe coi diserbanti e lo zucchero. lo ho fatto la guerra a Cassino nel • 43; e dico che questi erano tipi da scaricare in caserma... Nel '70 in Italia c'erano moltissimi giovani «quadri» politici di sinistra radicalizzati, eccellenti e capaci. E sono stati impediti di costruire una situazione di dibauito rigoroso avanzato e in• ventivo da quelle masnade, con dentro alcuni futuri pentiti e cattolici perfelli. Aggiungo che il migliore testo sull'operaismo autonomo è la recente intervista a Negri per Critica del diritto, svolta da Domenico Corradini di Pisa. Corradini gli fa le domande sobrie e taglienti chegli faremmo noi, più o meno tutti suoi conoscenti, o meglio quelli di noi che sono stati i tipici intel/euuali attivi 11el/anuova sinistra; come è stato anche Balestrini, che ha avuto con Negri dal '65 un'amicizia più personale, a me sembra. Nel preparare e riuscire finalmente a pubblicare ora un libro sufl'istrutloria e inquisizione per tanti anni (che appare nelle edizioni Multhipla), insieme con Canosa, Rumba/di, Santosuosso, ritengo di aver posto in evidenza l'insieme delle conseguenze gravissime che la criminalizzazione ·dell'Autonomia ha portato sulla nostra stessa capacità di tensione e di opposizione sia politica sia anche intel/euua- /e oggi. Il libro, pur non condividendo la posizione dell'Autonomia, vuol essereuna risposta limpida a ogni intimidazione; al contrario delle vergognose prese di distanza che ora si usano nell'editoria di sinistra verso l'Autonomia e i suoi libri, e addirittura verso il materialismo. Antonio Porta: La tortura e la confessione L'impressione più forte che ho sempre avuto, e che continuo ad avere insieme a molti altri, è quella di un funzionamento schiacciante (vale a dire: schiacciasassi) della Giustizia, dunque una distorsione violenta che dimostra, una volta di più, che in questo Paese tra lo Stato e il ci/ladino rimane spalancato un abisso. Il che è, come noto, negazione dello Stato democratico, causa ed effetto insieme del vuoto della nostra vita sociale - vuoto che, in tutta evidenza, lo Stato democratico, che si dice nato dalla Resistenza al fascismo, non ha saputo colmare. Noi continuiamo a vivere nel vuoto con quello stesso senso di vertigine che già Leopardi aveva avvertito. Conseguenza di un simile vuoto a me pare l'attuale "culto della galera», quello che i giuristi chiamano con un eufemismo "l'arrestofacile». Perfino le sinistre dimostrano soddisfazione quando qualcuno fiBibiiotecaginobianco nisce in galera. Soddisfazione che si è rivelata ben presto, come era prevedibilissimo, un tremendo boomerang. Colpire come si è colpito alla sinistra del Pci, e con il suo avallo, significava e significa (ormai i sintomi si fanno evidenti, per esempio: gli attacchigiudiziari allegiunte di sinistra; e nella cronaca minore, se vogliamo, ma è di oggi la notizia ormai a/lesa da tempo della comunicazione giudiziaria a Nicolini a Roma ... ) prima preparare la strada e poi favorire la «lolla per bande» nella politica italiana. In questa lotta il Pci rischia tutto, e credo sappia che potrebbe essere costretto a grandi rese. Sia detto tra parentesi: finalmente abbiamo capito in che cosa consiste la famosa «grinta» di De Mila... A volte ci si stupisce dell'indifferenza della cosiddetta «gente» per la sofferenza di chi è arrestato «in a/lesa di giudizio», ma è chiaro che così deve succedere, dal momento che le condanne sono pronunciate a priori dall'opinione pubblica. In tu/li i paesi occidentali ci sono giornali scandalistici, ma l'Italia è forse l'unico paese cosiddeuo «civile» dove i giornali «seri» e d'opinione scrivono come se fossero scandalistici quando pensano che ciò sia opportuno. A questo punto non posso resistere a una tentazione, e a leggere dalla Storia della colonna infame del sempre geniale Alessandro Manzoni (che aveva capito benissimo che ilproblema non era tanto la tortura in sé, come credeva il ben meno geniale Beccaria, bensì il funzionamento dellagiustizia, e sapeva Don Alessandro che di torture ve ne possono essere infinite, oltre a quelle più propriamente definibili come tali): «Ma le regole che pure (i giuristi) avevano stabilite, bastano in questo caso a convincere i giudici, anche di positiva prevaricazione. Vollero appunto costoro cominciar dalla tortura. Senza entrare in nulla che toccasse circostanze, né sostanziali né accidentali, del presunto deliuo, moltiplicarono interrogazioni inconcludenti, per farne uscir de' pretesti di dire alla vi/lima destinata: non è verisimile; e, dando insieme a inverisimiglianze asserite la forza di bugie legalmente provate, intimar la tortura. È che non cercavano una verità, ma volevano una confessione». E ancora: «Si dirà forse che, in faccia alla giurisprudenza, se non alla coscienza, tulio era giust((icato dalla massima detestabile, ma allora ricevuta, che ne' delittipiù atroci fosse lecito oltrepassare il diritto?» E come risposta conclusiva: «citeremo anche la sentenza d'un uomo che scrisse sul principio del secolo decimoquinto, e fu, per lungo tempo dopo, chiamato il Bartolo del diritlo ecclesiastico, Nicolò Tedeschi, arcivescovo di Palermo, più celebre, fin che fu celebre, sotto il nome di Abate Palermitano: 'Quanto il delitto è più grave', dice quest'uomo, 'tanto più le presunzioni devono esserforti; perché dove il pericolo è maggiore, bisogna anche andar più cauti'». Se si percorre anche rapidamente l'iter delle accuse aimaggiori imputati del 7 aprile, si vedrà bene che la parola «cautela» è stata offesa, la cautela stessa gettata alle ortiche proprio da chi aveva e ha tutto l'interesse, oltre che il dovere morale, di servirsene e di obbligare gli altri a non uscirne mai. Gli effetti di ritorno di simile cecità (la cecità del- /' opinione pubblica cavalcatacome una tigre elettorale... ) sono sotto gli occhi di tutti coloro che, insieme alla cautela, non hanno buttato alle ortiche anche la capacitàdi vedere. Ma si volevano «confessioni», appunto, non verità. E su questo punto si è perduta anche una delle più antiche manifestazioni della dignità umana e le spie dettano legge, alla lettera. Qui il cerchio infame si chiude. Mario Spinella: Un disagio profondo Nel nwnero di gennaio di Alfabeta ho cercato, nel mio scritto sul 7 aprile, di argomentare unapiattaforma di discussione. In questo nostro-dibattito, vorrei piuttosto soffermarmi - in modo molto schematico, addirittura per punti, - su alcune delle cagioni di un disagio personale profondo, che di fronte a tutti gli eventi collegati agli arresti del 7 aprile e a quelli successivi mi ha colto e non mi abbandona più. l. La questione dei termini di carcerazione. lo ritengo assolutamente barbarico che un cittadino possa essere trattenuto anni, anni, anni (parefino a dieci anni, ma comunque quattro anni, o anche solo quattro mesi) in attesa di giudizio, prima che venga formulato, da un tribunale riconosciuto come tale, questo giudizio. Lo ritengo una specie di sequestro di persona e quindi un reato, commesso dallo Stato nei confronti del ciuadino. 2. Seconda cosa che mi ha colpito, nel senso di procurarmi disagio (a cui, del resto, mi pare si sia già accennato nei precedenti interventi): la indifferenza generalizzata dell'opinione pubblica - e anche di quella parte dell'opinione pubblica che dovrebbe «fare opinione» - di fronte a una situazione che si configura come sequestro di persona da parte dello Stato per centinaia e centinaia di presunti criminali - che naturalmente non sono poi i soli. Non sono un giurista né un cultore di statistichegiudiziarie, ma gli imputati del 7 aprile sono indubbiamente l'espressione più palese e più esterna di una situazione generalizzata che può riguardare anche il piccolo ladruncolo, o chiunque altro. 3. Altra ragione del disagio: l'atteggiamento corrivo - a dir poco - dei partiti di sinistra, della cultura di sinistra, di fronte al palese restringimento dei diritti del cittadino che una serie di successive norme - legate agli arresti del 7 aprile, o in generale contro il cosiddetto terrorismo - hanno provocato. 4. E ancora, la mancanza di consapevolezza (cui già mi sembra accennasse Porta) che ciò che ha finito per esseremesso in questione è la nozione stessa di opposizione alle forme statuali e giuridiche della democrazia borghese. Non ci si può più opporre, se passa la linea di accusa del 7 aprile. 5. Il pesante (assai pesante, da parte mia) dubbio etico nei confronti dei pentiti. Ma più ancora che nei confronti dei pentiti, nei confronti di coloro che - giudici, servi dell'opinione pubblica - utilizzano e strumentalizzano i pentiti. Perché da parte dei pentiti vi è, se si vuole, una reazione di difesa (che si può anche considerare, eticamente, pesante e grave), ma da parte di chi li utilizza vi è un attacco alla dignità della persona, dei pentiti stessi in primo luogo, che io ritengo ancora più grave, ancora più mortificante. 6. Mi ha colpito l'incapacità, da parte dell'intelligenza italiana - di gruppi di lavoro, di istituti, di università, di enti - ad afferrare nelle proprie mani fin dal 7 aprile (ormai sono passati quattro anni) la tematica generale di un fatto così mastodontico, così rileva/I/e nella vita italiana, come tutto il complesso sistema che è legato a questi processi e in genere ai fenomeni del particolare sviluppo delle forme della lotta politica in Italia negli ultimi anni - dicevo l'assenza di una passione conoscitiva. Chi, quale gruppo, quale università, quale ente, quale associazione, diciamo pure quale rivista, si è messo in testa che il compito essenziale per anni e fino a che le cose andavano in questo modo era quello di studiare questi problemi, di cercare di capire, di cercare di conoscere? Non mancano naturalmente le eccezioni individuali, non mancano anche alcune nobili e appassionate presenze. Ma nell'insieme... come se la .cosa riguardasse soltanto, da un lato il signor Stato, dall'altro i signori imputati. Non sono uno storico, ma credo che quando ci saranno gli storici che studieranno questo periodo, esso apparirà come uno dei momenti chiave per la comprensione di che cosa è avvenuto in Italia dagli anni sessanta agli anni ottanta. Paolo Volponi: Un processo esemplare Mi pare che quello che è venuto fuori qui dia già, con sufficiente e insolita chiarezza, la dimensione del caso. Riprendo subito quanto diceva Spinella in chiusura: credo che quello del 7 aprile sia un avvenimento fondamentale nella storia del nostro Paese di questi anni, avvenimento che indica come la nostra politica si stia sempre più staccando dalla realtà, dal sociale, dal dibattito, e sempre più ritirandosi e agendo a/l'interno di norme precostituite, cioè delle compatibilità di uno Stato borghese, che appunto rifiuta il confronto con il sociale, regolandolo con le sue istituzioni e le sue leggi, ma anche con la sua attività di polizia, di inquisizione e di giustizia. Infatti, il caso 7 aprile è enorme anche perché ha indagato, toccato, accumulato una infinità di sospetti, di accuse, di indizi, di correlazioni che tutti insiem~ hanno montato una requisitoria politica nei confronti di una infinità di attività sociali di opposizione, ancora non realizzate sul piano pratico, e quindi tanto meno punti di conflitto, di criminalità, ecc. Che questo grande cumulo fosse l'emulsione di un'infinità di sospetti, indizi, lotte fra bande, pregiudi-

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