Alfabeta - anno V - n. 48 - maggio 1983

.......................................................................... , i L'arte degliopposti . ! ■ Antonio Porta ■ • • ■ , I «raggiod'ombra», per la dia- Pomiggia non si abbandona a di- te denuncia ne/l'esibizione un se- gio d'ombra. È una ferita tenuta val/a come la donna e viceversa - ■ ■ lettica che lo co11Sented, ivema vagazioni metafisiche, ad acroba- gnale di sfasamemo e di opacità. aperta e indicata senza urla di do- nella pace di un grande corpo... ). ■ ■ a poco a poco nella mente ap- zie sopra il banalissimo «nulla», La vita umana e lasua fine enigma- /ore né orroreper•i/sangue, con un Non esito a dire che unapagina co- : ■ pagata del lettore un raggio lumi- ma tiene i piedi solidameme pog- tica esigono una grande cautela (è sorriso che l'acce11a,forseil sorriso me questa è di quelle che restano ■ ■ noso, non abbagliante, ma - ciò giati sul terreno della realtà. Lirica questa la lezione di Manzoni). La di uno stoico. È vero, non c'è pietà nella memoria come capolavori di ■ ■ che è l'optimum - persuasivo. Mi come realisino (altro ossimoro... ) cautela esigeocchi apertissimi («'E e nemmeno pietas nella scri11uradi intelligenza, sostenuti da un respiro ■ : pare che l'ossimoro del titolo espri- e insieme imelligenza acutissima tifidi di lui?' 'A occhi chiusi'. 'No, Pontiggia, che rifugge dal patetico. che unisce «cielo e terra». ■ ■ ma proprio questa ambizione. dei dialoghi tra gli umani, di cui gli occhi è meglio non chiuderli Esemplare in ogni senso mi è Di frome allaferita sempre aper- ■ ■ Il genere dichiarato è quello del coglie sempre le sorprese, i para- mai'.») puntati sul realenel suo du- sembrato il ritrailo dell'amante di ta della mone, il respiro cui corpo ■ ■ «romanzo». Nulla da eccepire,ma dossi, le contraddizioni irresolubi- plice aspetto di materialitàe di /in- Perego: «Gli restava, delle sue ci dà per contrastomomenti di feli- ■ ■ Il raggio d'ombra è anche qualcosa li. L'arte di Pontiggia è soprattutto guaggio, e anche accettazionedegli amami, solo l'ultima, la vicepresi- citàprofonda: è lapiù cena e urna- ■ ■ di più e diverso: è più vicino a un l'arte di ,i-costruire dialoghi impie- opposti (di qui l'uso degli ossimo- de del suo Liceo, donna monu- na delle nostre infinite contraddi- ■ ■ poema in prosa che a una narrazio- tosi ed esilaranti. Crudeli sì, e non ri) e abbandoni trattenuti, comun- memale e gigamesca,sul corpo del- zioni. II gran merito di Pontiggia è ■ ■ ne, tanta è la precisione della sua solo crudeli, anche lampi di imelli- la quale, nel fare l'amore, si issava quello di sapere restare al di qua ■ ■ scrittura,a partireda una forte iro- genza, di pene/razione. come su un canollo. Possedevauna del/'~stremismo di una sola opzio- : ■ nizzazione di quellastessaprosa che La certezza, riconfermataa ogni virtù raraeper lui essenziale, quel- ne. E un atteggiamento, e un punto ■ ■ chiamiamo tradizionalmente «nar- pagina, di potere essere i fruitori di la di non accusaree di non recrimi- di vista, che non ha nessuna matri- ■ : rativa». L'ironia è sottilee potrebbe un'opera d'arte (anche nel senso di nare, di non sentirsi in credito con cesociologica: è una conquistadel- ■ ■ forse ingannarequalche lettore;ma «opera fatta a regola d'arte») dà lui o in debito con l'esistenza. Lo lo stile. ■ ■ certo non sono questi, cosìfacili al- quel senso di appagamemo che ho ascoltavacon una disponibilitàpa- Nel panorama italiano, Il raggio ■ ■ l'autoinganno,i lettoriche uno scrù- detto. Il segreto della regola, del- ri alla indifferenza: ma c'era un sa- d'ombra è opera che segna il tem- ■ ■ tore come Pontiggiasi può augura- l'arte di flomiggia è il suo dichiara- pere naturale nel suo comporta- po, il tempo delle conquiste dello ■ ■ re. Se ci sono, peggioper loro. to ricorso alla lezione dei classici memo, una ottusità illuminame, stile, soprattutto. Chissà se i mass- ■ ■ Romanzo, allora, come «opera (da Orazio a Manzoni) nella mo- una mobilità inerte e fatale, come media, che si aspenano fremendo ■ ■ d'arte», in cui il congegno del rac- derazione e nell'ironia, di un'iro- l'agilità di un capodoglio. E lui almeno un Proust allasellimana, si ■ ■ conto (la trama, l'intreccio, ecc.) nia che viene qui spinta fino alla aveva imparato molto dai suoi si- accorgeranno di questo mirabile ■ ■ serve a sorreggeree a guidare /'in- beffa di un finale solo apparente- lenzi, dai suoi occhi chiusi, dai evento segreto. Temo (e mi auguro : ■ telligenza dell'osservatoreche nar- mente sommesso. Ma èproprio qui suoi sonni profondi dopo ogni or- di sbagliarmi molto) la cecità di ■ ■ ra, osservatoredistaccato, e a tratti che occorre insistereper capirefino que ironici, anche di frome alla gasmo, dal suo destarsi rilu11ante. chi, invaso dall'ansia, è solito ripe- ■ ■ anche percorso dal gelo della com- in fondo Il raggio d'ombra: più il bellezza («'Visto quante stelle?' 'Sì' Stanco di veritàpatetiche e menzo- cere,come un esorcisma:«Qui non ■ : mozione profonda, per la vitaeper tono è sommesso più la ferita sco- mormorò Mariano, alzando il vi- gne disperate, aveva rivissuto, dor- succede mai nulla», verbaleconse- ■ ■ /a morte, come eterne ripetizioni e perta è profonda. La spia che ha so. 'Bellissimo'. Berbenni ne ap- mendo vicino a lei, un piacerepro- guenza di una ormai congenita in- ■ ■ insieme eterne sorprese. nome Losi si serve di un trucco de- profittò per chiudere, ripetendo: vacoa vent'anni, quando, ufficiale capacità di vedere. Temo anche la ■ ■ Il registrodel narratore-osserva- finitivo per sfuggireai suoi insegui- 'Buona notte!' E lui rimase con il di cavalleria,aveva dormito vicino grossolanitàdei palati semplificanti ■ ■ tore è in alcuni passaggi decisa- tori tenacissimi: la scomparsa nella viso in alto, incertose protendere la a una grande cavalla». di certasocio-semiologia d'assalto: ■ ■ mente lirico («Entrò e si sedette su morte, e cominua a sfottere con il mano in un estremo ringraziamen- L'arte dell'ossimoro, nello scin- per costoro Pontiggia potrà rima- ■ ■ una panca. Memre si asciugava il suo indefinibile sorriso dall'ovale to o se fingere di comemplare la tillìo degli opposti, divema manife- nere nascosto nell'ombra. : ■ sudore, udiva nel silenzio i colpi in cui è racchiuso il suo ritrattoav- Via Lattea, che scintillava sul suo stazione di unaprofonda saggezza: ■ ■ delle bocce e, in lontananza, i tonfi vitato nel marmo della tomba. capo»). l'acceuazione del corpo della ma- Giuseppe Pontiggia ■ ■ dei remi e l'eco delle voci sulla su- Moderazione e ironia sono i se- Dicevo di una «feritaprofonda», dre, della madre terra, che ci dà Il raggio d'ombra ■ ■ perficie del lago»); questo registro gni di un'intelligenza che sa fare a aggiungo: una ferita non rimargi- vita e ci sopprime, l'accettazionedi Milano, Mondadori, 1983 ■ ■Lè però tale da farci intendere che meno di esibirsie che indirettamen- nabile è il disegno segreto del Rag- un corpo unico, planetario (la ca- pp. 180, lire 12.000 ■ ........................................................................... scienza reale, percorsa da una razionalità strumentale del dominio, da una mentalità 'razioide'. In un mondo in cui vi sono solo qualità senza l'uomo, «esperienze senza colui che le vive», la scienza mostra «acutezza per i particolari e indifferenza per l'insieme». «L'atteggiamento razioide è proprio della ragione sobria, economica, angusta e un po' codarda, che è interessata soprattutto alla verifica, al controllo ripetitivo e inesorabile della verità e delle conoscenze, alla sicurezza ... » (Oargani). La logica deduttiva di cui fa uso questo tipo di attività scientifica viene paragonata a quella del ricattatore che incalza la sua vittima. L'atteggiamento che Musi! sembra proporre è di rivolgere invece l'attenzione alla sfera del possibile, dove cogliere significati non ancora espressi; questo non è realizzabile attraverso l'idealismo, bensì attraverso l'esattezza, l'uso fecondo dell'ipotesi («vivere ipoteticamente»), la provocazione sperimentale del mondo della possibilità: «un uomo che vuole la verità, diventa scienziato; un uomo che vuole lasciare libero gioco alla sua soggettività diventa magari scrittore; ma che cosa deve fare un uomo che vuole qualcosa di intermedio fra i due?» (Usq). La soluzione sembra consistere in un rapporto teso tra verità e soggettività, cioè in un uso ipotetico, 'esatto', sperimentale della metafora: «Un'allegoria contiene una verità e una non verità, indissolubilmente legate l'una all'altra per il sentimento (... ). Se la si prende con la ragione e si divide ciò che corrisponde da ciò che non corrisponde, ne derivano verità e ispirazione casuale ... » A un mondo di qualità senza l'uomo, all'arido mondo della realtà, viene così a sostituirsi un presente che non è altro che «un'ipotesi non ancora superata»; a esperienze estranee all'uomo viene a sostituirsi la continua costituzione di significato. Questa ricerca di Musi! è lontana dall'essere lineare, e riflette apparentemente le primitive incertezze sul carattere Disegno per Atlante secondo Lenin (1974) sapere, ma si distrugge il senti- immanente della necessità o sul mento», e «Ulrich, ricordando di suo essere pura idealizzazione: essersi raffigurato quell'impossibi- «Ciò che una volta ho chiamato le unione nel rapporto teso fra letteratura e realtà, fra allegoria e verità, capiva a un tratto che tutto ciò significava assai più che una provvisoriamente il comportamento razioide e non razioide rappresenta i due comportamenti fondamentali, dati con la storia umana, ecag obianco della univocità e dell'analogia» (Diari). In realtà, lo statuto dei dualismi verità-soggettività, descrizione-allegoria è quello di una tensione interna o di un'interazione (ma sempre sull'orlo di una contrapposizione), e in tale tensione il significato stesso dei concetti di univocità ed equivocità viene rovesciato: «per un io più complesso» (Gargani) la metafora getta una luce di perspicuità sulle cose, mentre la ragione analitica comporta sempre una separazione tra ciò che corrisponde e ciò che non corrisponde. «Chi considera il mondo solamente come una metafora potrebbe dunque vivere come esperienza univoca, secondo la propria misura, ciò che ba invece due sensi secondo la misura del mondo» (Usq). T rovo di grande interesse e attualità i suggerimenti forniti dall'opera di Musi!, in relazione al dibattito tuttora in corso sulla non-neutralità della scienza e sul ruolo della soggettività in essa. In particolare, mi sembra che vada ripresa la proposta di un soggetto che provoca sperimentalmente il mondo delle possibilità per estrarre una conoscenza che non ba gli attributi della verità, bensì è una tra le possibili descrizioni dell'oggetto (consapevolmente unilaterale). I riferimenti alle ipotesi, alla decontestualizzazione - concetti derivati dalla pratica delle scienze - sono mirabilmente ricondotti alla tensione tra verità e soggettività, tra realtà e possibilità. Questa interpretazione - che sembra proporre un rapporto interattivo tra teoria e fatti - è coerente con posizioni più recenti come ~ella di Sneed e Stegmiiller, secondo cui uno stesso termine può far parte della 'teoria' in un contesto e dei 'fatti' in un altro. Proprio in riferimento al dibattito sulla non-neutralità della scienza, è certamente più forte una simile impostaziwie ri~petto a proposte che softolineano unilateralmente la determinazione sociale della pratica scientifica e insistono sull'aspetto del 'contesto perduto' (cioè del contesto sociale a cui la conoscenza viene sottratta,. e rispetto al quale essa appare come autonoma). La tesi di Sneed e Stegmiiller, infatti, tiene conto della specificità della conoscenza scientifica senza per questo garantire a essa un'obiettività derivante dall'avere a che fare con 'semplici fatti'. Ancbe il nucleo della teoria machiana sulla causalità - a cui Musi! non dedica specifiche riflessioni nell'Usq, ma che in realtà ne permea la narrazione, - cioè l'idea di una determinazione più generale rispetto al binomio causa-effetto, trova riscontro in riferimenti attuali. Non solo in fisica, ma nella stessa ricerca biologica e medica si è passati da relazioni causa-effetto di tipo lineare a modalità complesse di determinazione: per molte malattie si parla oggi non di cause ma di determinanti, e si cerca di interpretare la relazione tra individuo e ambiente come relazione tra livelli di organizzazione (sistemi) diversi, come suggeriscono le teorie recenti della causalità. Anche qui il ruolo del soggetto non può essere negato: non si tratta più di riconoscere una causa e un effetto disgiunti e separatamente identificabili, bensì di costruire modelli interpretativi dando ordine alle esperienze. C'è, in realtà, una connessione tra la tematica dell'interazione tra teoria e fatti (il senso della possibilità), da un lato, e il problema della causalità, dall'altro. Infatti, il primo attributo dell'atteggiamento razioide consiste nell'affidarsi a una logica meccanica, che trae 'inesorabilmente' le conseguenze dalle premesse (la metafora del ricattatore). Il superamento di questo atteggiamento lega le conoscenze ali'etica, coerentemente con un rifiuto della dicotomia introdotta dal positivismo tra fatti e valori: «La sua regola è non lasciare accadere nulla (... ) che non abbia valore spirituale ( ... ) non fare nulla di causale, non fare nulla di meccanico» (Diari). In questo modo la non-neutralità dello scienziato, il riconoscimento del ruolo della soggettività attraverso un rifiuto della verità come automatismo, e l'introduzione di significato ed eticità nei procedimenti conoscitivi, vengono ricondotti a unità. Si tratta di una proposta concreta per il superamento dell'opprimente dicotomia neutralità-irrazionalismo.

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