Alfabeta - anno V - n. 48 - maggio 1983

llluminismt,mfociologic Niklas Luhmann llluminismo sociologico trad. it. di R. Schmidt Milano, il Saggiatore, 1983 pp. 382, lire 35.000 Ordine e connitto nella società Regione Abruzzo Centro Servizi Culturali (L'Aquila, 18-19 febbraio 1983) e on la pubblicazione di Illuminismo sociologico (tradotto da Reinhard Schmidt e introdotto da Danilo Zolo), Niklas Luhmann è destinato a tornare al centro dell'attenzione nel dibattito teorico-politico italiano. Il volume, infatti, costituisce la maggiore opera del sociologo tedesco, monumentale bilancio critico della teoria funzionalista, della quale Luhmann cerca di superare i limiti e le aporie mettendo al lavoro le potenti astrazioni del suo approccio sistemico-cibernetico. I saggi raccolti in questo libro risalgono agli anni sessanta, e abbracciano una problematica troppo vasta per proporne qui una sia pure sommaria sintesi. Il mio intervento si propone esclusivamente di mettere in luce alcuni aspetti relativi alla tensione fra identità e progetto sistemici, punto di vista suggeritomi da considerazioni svolte dallo stesso Luhmann in un suo recente intervento al convegno «Ordine e conflitto nella società», svoltosi all'Aquila nello scorso febbraio (il testo della relazione apparirà prossimamente sulla rivista li Centauro). Il soggetto dell'illuminismo Secondo Luhmann, la nozione di illuminismo assume significato solo riconoscendo i propri limiti e inserendoli nella teoria. Il limite dell'illuminismo «vetero-europeo» è la critica della falsa coscienza come compito metafisico, ricerca di verità ontologiche. _L'illuminismo sociologico, invece, «pur restando nell'ambito di una critica scettica dell'azione», si propone di smascherare «le concezioni che sono proprie dell'individuo agente (... ) non già come un mondo ricco di apparenze ingannevoli, come puro e semplice abbellimento di motivazioni poco nobili, ma al contrario come selezione incompleta, come semplificazione troppo drastica e troppo grossolana di una realtà sociale molto più complicata ( ... ). La scienza non suggerisce più ormai all'individuo agente di concepire se stesso come organo esecutivo di un 'unica inconfessabile motivazione; essa esige da lui, al contrario, una visione molto più complessa della propria azione, ben sapendo che egli da solo non è in grado di raggiungerla. Il problema dell'illuminismo non è più lo screditamento, ma è l'eccesso di pretese che vengono avanzate» (op.cii., pp. 80-81). L'ideologia non dev'essere criticata al fine di acquisire verità, ma utilizzata per quello che è: una tecnica sociale razionale, gerarchia di valori per l'azione che consente di integrare le contraddizioni interne ai sistemi, decidendo in relazione alle diverse possibilità e conferendo un ordine all'esperienza dell'individuo agente. Prima di affrontare la discussione sulla praticabilità del progetto illuminista luhmanniano - ridurre l'eccesso di pretese, - occorre concentrarci sulla natura e sul significato dell'«individuo agente». _Sgombriamo prima di tutto il campo da possibili fantasmi antropologici: Luhmann si disinteressa della datità empirica (biologica e/o psicologica) del soggetto umano che opera concretamente nel contesto sociale; in quanto soggetto empirico, l'uomo contribuisce esclusivamente alla formazione dell'ambiente dei sistemi sociali. In poche parole, l'identità cui si riferisce Luhmann ha connotati rigorosamente sistemici. Per comprendere questo concetto di identità sistemica, bisogna metterlo in relazione alla nozione di complessità. La complessità è la totalità degli eventi possibili; essa, tuttavia, non va intesa come una condizione dell'essere, una categoria ontologica, bensì come un rapporto - e precisamente, come la relazione fra un determinato sistema e il mondo: la genesi di un sistema, l'emergenza di un'identità dal caos, dall'indifferenza delle infinite possibilità, coincide con la formazione di una riserva di informazioni, con l'autostrutturazione di un dispositivo di riduzione della complessità del mondo. Isola di complessità ridotta nel mondo in grado di conservarsi e riprodursi, il sistema coincide con un insieme di informazioni e con la struttura complessa di regole che ne governano l'elaborazione. Il sistema ritaglia i suoi confini nel mondo attraverso la produzione di senso; i limiti che separano sistema e ambiente danno origine a un interno, definito da un potere di rappresentazione selettiva delle possibilità, e a un esterno, che non si presenta più come orizzonte indeterminato della complessità ma come un insieme di problemi per il sistema. In questo modo la problematica del mondo viene continuamente spostata dall'esterno all'interno, dove può essere risolta coi metodi di elaborazione delle informazioni. La rappresentazione selettiva dell'ambiente offre i punti di riferimento che orientano l'esperienza vissuta del sistema (input), e gli permettono di produrre azioni dotate di senso (output). I sistemi sociali, tuttavia, non fondano la loro identità e la loro autonomia solo sulla delimitazione di un ambito produttivo di senso, di uno spazio strutturato da un codice. La riserva di informazioni non è sufficiente, occorre anche una riserva di tempo: un sistema è autonomo solo se non deve reagire «colpo su colpo» agli impulsi che provengono dall'ambiente, se dispone di tempo per selezionare le proprie risposte. Questa condizione è della massima importanza: è attraverso di essa che il concetto di identità sistemica supera i limiti di un mero gioco di feedback fra sistema e ambiente e definisce un orizzonte progettuale. La riserva di tempo, infatti, può costituirsi solo a partire da un determinato livello di complessità interna del sistema, nel senso che solo un sistema complesso può permettersi un mondo (ma sarebbe più corretto dire una rappresentazione del mondo) di un ordine di complessità tale da consentire una selezione dilazionata nel tempo delle cause e degli effetti (sulla critica di Luhmann alla concezione tradizionale del rapporto causa-effetto cfr. l'introduzione di Zolo), e quindi una programmazione delle risposte sistemiche. Bibliotecaginobianco Unità sociale e connitto Il sistema sociale raggiunge livelli sempre più elevati di complessità soprattutto attraverso il processo di differenziazione interna, articolandosi cioè in vari sottosistemi - politico, economico, scientifico, ecc. - ognuno dei quali si struttura in base al codice di un peculiare mezzo di comunicazione - potere, denaro, verità, ecc. - che gli consente di generalizzare le aspettative di comportamento dei propri elementi interni. Ne deriva una concezione dell'unità sociale come giusta regolazione di un rapporto di corrispondenza fra le complessità interne di una moltitudine di sistemi, che costituiscono l'uno per l'altro l'ambiente sociale. L'illuminismo sociologico definisce così un primo dispositivo di neutralizzazione del rischio conflittuale (si tratta qui del rischio di antagonismo fra sistema e ambiente): dal punto di vista del singolo sistema, la strutturazione dell'ambiente in un insieme articolato e complesso di sistemi autonomi Disegnoper Il gioco delle parole (1965), particolare comporta che il rischio di aggressione-riassorbimento da parte dell'ambiente assuma l'aspetto meno drammatico di una regolazione degli scambi intersistemici. In altre parole: è sempre più raro che un conflitto si trasferisca sul piano «metafisico» della totalità del sistema sociale, in quanto esso può produrre effetti solo se è traducibile nei linguaggi operativi dei singoli sottosistemi. I conflitti interni ai sistemi trovano a loro volta un dispositivo di assorbimento particolarmente efficace nella riflessività dei meccanismi sociali. La riflessività del potere, per esempio, consiste nella creazione e nella distribuzione del potere di decidere chi deve avere il potere di decidere; alla concezione «vetero-europea» del potere che fonda un rapporto sociale necessariamente antagonistico (ego acquisisce potere solo sottraendolo ad alter, dato che la somma totale del potere socialmente disponibile è invariabile), si sostituisce un punto di vista che fa derivare la conservazione e la riproduzione del sistema politico dalla sua capacità di produrre e distribuire una quantità crescente di potere. La riflessività dei meccanismi sociali ottiene il duplice obiettivo di aumentare la complessità sistemica e di incrementare le riserve di tempo a disposizione per la selezione degli input ambientali. Quest'ultimo esempio ci permette di cogliere con chiarezza l'idea-forza che governa l'intero programma dell'illuminismo luhmanniano: spostare l'asse teorico della sociologia da un ambito critico a un ambito produttivo - la teoria dev'essere risolta come uno degli elementi del processo autogenerativo del sistema sociale. Dall'intervento ascoltato ali' Aquila, mi è parso di capire che il programma nel frattempo si è arricchito di suggestioni concettuali provenienti dalle scienze naturali, in particolare dai modelli morfogenetici elaborati dalle teorie dell'evoluzione biologica, dalla termodinamica dei sistemi in condizioni lontane dall'equilibrio, e dalla teoria delle condizioni autoreferenziali dei sistemi. Luhmann ha affrontato il tema «ordine e conflitto nella società» respingendone ogni formulazione «dialettica»: l'ordine non è una sintesi che risolve i conflitti ma un «guadagno combinatorio», un processo morfogenetico che viene messo in atto dal verificarsi di condizioni casuali. L'evoluzione dei sistemi sociali avviene secondo modalità sintetizzabili in base alle tre tesi seguenti: 1. l'instabilità sistemica è condizione per la difesa della stabilità: i sistemi complessi possono esistere soio se rinnovano continuamente i loro elementi; questi ultimi, dal canto loro, tendono a ridursi a puri eventi (azioni e/o decisioni di vario genere), che mettono il sistema sotto l'obbligo di autoriprodursi (ogni azione o decisione esige azioni o decisioni susseguenti); nella tesi I. è già implicito il contenuto della tesi 2.: necessità e caso si implicano vicendevolmente, il caso che determina l'apparizione di eventi genera anche la necessità come obbligo di riproduzione del sistema; infine, 3. ordine e conflitto non stanno in una relazione di opposizione ma di comparizione: un mezzo di comunicazione come il potere, per esempio, produce ordine solo se la comunicazione prevede il conflitto sotto forma di risposta negativa, di rifiuto delle decisioni trasmesse. A conclusione di queste tesi Luhmann ha definito il proprio «stile teorico» come una ricerca di guadagni combinatori: l'evoluzione dei sistemi sociali consiste in un processo continuo di trasformazione di improbabilità in probabilità, un aumento ininterrotto della complessità sociale che deve assicurare aspettative improbabili. Siamo ora in grado di chiarire l'allusione a una tensione fra identità e progetto sistemici prospettata all'inizio dell'articolo: l'aporia si evidenzia in particolare fra l'obiettivo di assicurare aspettative improbabili e la necessità di ridurre l'eccesso di pretese che costituisce il rischio dell'identità sistemica. L'utopia dell'autotrasparenza Luhmann non nasconde in alcun modo la difficoltà. Anzi, in un certo senso la sottolinea nel momento in cui rifiuta ogni carattere «progressivo» all'evoluzione sociale (l'evoluzione sistemica non ha «direzione») e si dichiara pessimista sulla capacità della teoria di assolvere al suo compito_ La società contemporanea subisce una tale accelerazione dei processi comunicativi che i vantaggi che ne derivano in termini di potere di manipolazione dell'ambiente appaiono secondari di fronte all'impossibilità di calcolare in anticipo i riflessi che questo potere produce nei confronti di chi lo detiene. Il drammatico ritardo della teoria riflette (e produce a sua volta) un «deficit primario di descrizione propria» del sistema sociale, e la sola speranza - il compito «impossibile» dell'illuminismo - consiste nel garantirgli un grado di autotrasparenza sufficiente almeno a ridurre l'eccesso di pretese che la sua dinamica evolutiva accelerata genera continuamente. Lo scetticismo e il disincanto del grande sociologo tedesco sono la miglior prova dei limiti della sua polemica contro il pensiero vetero-europeo e ne esaltano il saldo legame con la grande tradizione razionalista. Per sottrarre la scienza sociale alla metafisica non basta assumere il mondo come 0rizzonte della complessità e negare all'identità dei soggetti che vi agiscono ogni carattere sostanzialistico, concependoli «come sintesi di variazioni potenziali di possibili diversità, suscettibili di essere disposte in un determinato ordine grazie a un criterio di riferimento funzionale». L'assimilazione di identità e progetto in un unico ordine fondato su meccanismi comunicativi, e il conseguente superamento delle opposizioni dialettiche soggettooggetto, dentro-fuori, essere-divenire, sono destinati a fallire finché non saranno effettivamente in grado di fare i conti con la radicale instabilità temporale dei confini fra sistemi e ambiente che caratterizza l'universo comunicativo contemporaneo. Il punto di vista sistemico-cibernetico ha il merito indiscusso di aver contribuito a superare le drastiche semplificazioni dei modelli sociali dialettico-critici, ma l'interpretazione che ne offre Luhmann, nel tentativo di fondare un'identità sistemica capace di autodescriversi e autolimitarsi, appare oggi del tutto utopistica. Autotrasparenza e riduzione delle pretese sono impossibili in una situazione di crescita della complessità sociale tanto rapida da rendere sempre più difficile tracciare precisi confini intersistemici nello spazio ma soprattutto nel tempo. Luhmann definisce l'identità anche come struttura che assorbe il rischio di vivere nel mondo, associando tale definizione a riflessioni sul fatto che la struttura si fonda su una illusione relativa alla complessità del mondo. È proprio questa illusione a venir meno oggi. L'identità si destruttura e ristruttura continuamente, attraverso un dispositivo «desiderante» che la spinge a introiettare quote crescenti della complessità del mondo. L'ordine interno ai sistemi - la complessità interna che consente :'.!: di ridurre la complessità dell'am- e: biente - cresce troppo in fretta per ·i generare illusioni sulla complessità e:,. del mondo e sulla possibilità di g! controllarla; le rappresentazioni - più complesse del mondo genera- -~ no piuttosto il desiderio di appro- ~ priarsi di sempre nuove possibili- E tà. La moderna volontà di potenza ~ tende ora a configurarsi meno co- <: me volontà di controllare e più co- ~ me volontà di vivere la complessi- ? tà del mondo. è

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