LariduziollQ,..fli~w~omple Amold Gehlen Der Mensch, seine Natur und seine Stellung in der Welt Berlin 1940 Unneosch und Spatkultur Frankfurt e Bonn, Athenàum, 1960' 'Die Seele im technischen Zeitalter trad. it. L'uomo e la tecnica Sugar, Milano, 1976 Zeit-Bilder Frank:furt e Bonn, Athenàum, 1960 Moral und HypennÒral. Eine pluralistische Ethik Frankfurt e Bonn, Athenaum, 1969 P ressocbé sconosciuto al pubblico italiano, Amold Gehlen è considerato uno dei maggiori studiosi tedeschi di antropologia filosofica. Va subito detto, però, che il suo contributo intellettuale non si limita a questa disciplina, ma abbraccia anche la sociologia, la filosofia e l'estetica. E l'aspetto forre più interessante di Gehlen è proprio _lasua capacità di intrecciare fra loro oggetti di ricerca e ,metodologie diverre, creando così uno «stile di analisi» davvero peculiare e ricco di possibilità euristiche per le più diverre discipline filosofico- !scientifiche, pur senza cadere mai nell'eclettismo. Basta scorrere rapidamente i cinque titoli qui proposti per rendersi •conto dell'ampiezza della produzione gehleniana. 1 Der Mensch è il primo grosso contributo di Gehlen all'antropologia. e getta le fondamenta di tutto il suo pensiero successivo. Urmensch und Spiitkultur è un libro essenzialmente «politico,., il cui sottotitolo non a caso è «una filosofia delle istituzioni» - filosofia che sarebbe impensabile senza l'antropologia di Der Mensch e senza le analisi sociologiche incentrate sulla critica della società di massa e «a-istituzionale,. sviluppate in Die Seele. E Mora/ und Hypermoral è per certi aspetti un ampliamento dei temi di Unnensch, con particolare riguardo all'etica, scritto sull'onda di una feroce polemica con il movimento studentesco tedesco e a sua volta fonte di un dibattito altrettanto vibrante con Habermas e Ape!. Zeit-Bilder, infine, è un grosso contributo, forre uno dei più interessanti del Novecento, all'estetica delle arti figurative, contributo che deve il proprio spessore alla ricchezza degli studi antropologici e sociologici dell'autore. Si aggiunga che l'influenza di Gehlen si fa sentire su pensatori di diversa formazione e appartenenti a diverre generazioni, rimanendo però curiosamente limitata alla cultura di area tedesca. Basti pensare al Luk.Acsdell' Estetica, alla Heller (in Istinto e aggres- ~ sività), ai già citati Habermas e Ape!, ., a Niklas Luhmann o Adorno. Que- .!, st'ultimo ebbe anche modo di con- [ frontarsi con l'autore di Unnensch nel ~ corso di una conversazione radiofonica, in cui i grandi esponenti delle due opposte tendenze della cultura tedesca finirono paradossalmente (cosl paradossalmente, poi?) col trovarsi d'accordo. :i G ehlen non fu dunque un «genio ~ d'esportazione,.; e non solo a g• causa del suo retroterra cultura- ., le tutto tedesco (Fichte, Nietzsche, Simmel, Scheler, Spengler, Konrad Lorenz), ma anche - come suggeriscono immediatamente i nomi qui citati - perché esponente di quella «cultura di destra» bandita dal dibattito fino a tempi recenti. «Di destra,. (se questo termine ha ancora un significato «teorico») venne infatti considerato l'impianto categoriale della sua antropologia (Lukacs). gnitivo-intellettuali. La percezione si sviluppa solo nell'agire, nel muoversi intorno a un oggetto cogliendolo per adombramenti; e lo stesso avviene per i processi cognitivi che si sviluppano solo su questa base biologico-motoria. Quindi l'agire, per Gehlen, deve condensarsi in abitudine, per poter alleviare l'uomo dal peso (Belastung) fronte alla ipercomplessità dell'ambiente. Esse garantiscono la stabilità dei biosistemi, definiscono il comportamento da tenere di fronte alle singole situazioni, orientano l'agire verso il successo materiale, liberando il singolo dal peso di scelte e decisioni; sono - ciò che è particolarmente chiaro nella prima parte di Urmensch- strutture di stabilizzazione che forniscono le .. o z e .. .. ) f - z. . 4 : l I <OUNUV '\ j !llliM-I JI .J,--......_-----·-·--·---~ ►- j __ .'\. 11.. \ ◄ Olt&AT SANOY WAST J ~. (.. ___ . " stalgia per l'impianto istituzionale àrcaico si definisce in un quadro di riferimenti teorici più preciso. L'epoca illuminista svilupperebbe, per Gehlen, l'antico ethos familiare, che rappresenta solo una delle radici dell'etica, dimenticando quello dello Stato o delle istituzioni. L'umanismo sarebbe quindi il moderno discendente dell'etica familiare, nel quale un falso universalismo si limiterebbe a nascondere il fatto che ognuno segue «lo suo particulare», interessi e obiettivi privati. In un famoso saggio del 1970, Nachgeamte Substanzialitiit, Habermas cercò di opporsi all'impostazione gehleniana dell'etica, facendo valere l'idea di una fondazione universale dell'etica nella comunicazione e quindi, in fondo, nella reciprocità. Il discorso di Habermas, pur molto convincente a livello teorico, mostra la corda in una prospettiva storica, nella quale sembra francamente insostenibile la tesi di un fondamento comunicativo dell'etica. Per dare credito alle sue argomentazioni, Habermas è costretto a idealizzare le condizioni empirico-pragmatiche della comunicazione. Sono senz'altro più centrate le obiezioni contro il biologismo di Gehlen. • Gehlen, infatti, non sembra render- :,_cionto di come l11riduzione di complessità operata ciane istituzioni da un. lato significhi un incremento di complessità all'interno del sistema stesso 111.i::.::::::.::::::;i:.::::..=._....:._..;._;______ ;_ __ ...:. __ _:~--.;.....- __________ ..:,._.;..._.:::;====-' (più un sistema è in grado di selezioLe terre di Oz (1972) basate sul romanzo di L. Frank Baum (1900) Di destra perché caratterizzato da un biologismo di fondo (secondo le critiche di Habermas), che costituisce anzi il punto di partenza di Gehlen, e dal tentativo di trovare delle Kategorien immutabili dell'«antropologico», categorie che potessero valere per tutti i livelli dell'oggetto di studio (l'uomo o, meglio, le strutture in cui l'uomo si definisce.): il biologico, lo psichico, il sociale. La preminenza spetta al primo di questi livelli; lo scarto tra uomo e animale, infatti, è la discriminante per l'antropologia, una differenza che è biologica e atemporale, nel senso che non è nemmeno il frutto di una evoluzione delle specie. Rispetto all'animale, l'uomo è un ente non specializzato, cioè incapace di selezionare istintualmente gli impulsi sia interni che esterni. Perciò, se ogni animale ha un ambiente con cui i suoi organi interagiscono ed è chiuso verso quanto esula da questa interazione, l'uomo è invece aperto al mondo, non ba un ambiente proprio. La non specializzazione, dunque, è semmai un gradino inferiore della crescita biologica: essa definisce un sistema privo di <Uspositivdi i regolazioneselezione. Nei biosistemi questi dispositivi si chiamano istinti; l'uomo è quindi privo di istinti capaci di mediare il suo rapporto con l'ambiente: è un sistema in via di formazione. Da qui discende la categoria centrale dell'antropologia di Geblen, quella dell'agire. Secondo Gehlen, l'agire permette al sistema-uomo di selezionare e gerarchizzare gli stimoli, di sopravvivere, insomma di diventare quello che è. Agire non significa qui &<>!tantouna pratica socio-culturale, ma rimanda a uno strato più profondo dell'azione, nel quale si formano gli stessi processi percettivi, motòri ecodegli stimoli e della loro selezione, e dalle conseguenti possibilità 'd'azione. L'abitudine consolidata, a sua volta, darà origine alle istituzioni che sono l'operatore grazie al quale si compie la Entlastung dell'uomo, ovvero l'alleggerimento dal peso di un mondo non preventivamente organizzato dall'uomo come animale non' specializzato. Le istituzioni effettuano, secondo Gehlen, una fondamentale «riduzione di complessità» (nella terminologia di Luhmann), senza la quale qualsiasi sistema è destinato a soccombere di Luciano Fabro, Italia d'oro (1968) motivazioni e gli scopi dell'agire, sostituendo l'istinto animale. Le istituzioni acquisterebbero perciò valore autonomo rispetto all'uomo e alla contingenza delle situazioni, il che non significa strettamente che esse as- • segnino norme e scopi di azioni invariabili, ma piuttosto che «l'agire che si svolge in esse ha l'effetio ( ... ) di sospendere la domanda sul senso» (Urmensch und Spiitkultur, p. 61). Il problema antropologico della mancanza di istinti e dell'apertura verso il mondo, che Gehlen condivide tra gli altri con Konrad Lorenz, si trasforma quindi nel problema politico della costruzione e del mantenimento delle istituzioni. Il grande nemico della stabilità istituzionale sarebbe l'Illuminismo, con la sua pretesa alla motivabilità discorsivo-razionale delle norme che regolano l'agire (Habermas), che sottrarrebbe proprio le caratteristiche essenziali delle vere istituzioni (per Gehlen quelle arcaiche): . la loro immediatezza irriflessa, la loro non obiettivazione che permetteva agli uomini di viverle come quasiistintive, G elhen analizza la perdita di cogenza delle istituzioni nell'epoca illuminista prima, e in seguito nella società post-illuminista, in diversi saggi, tra i quali spicca Die Seele, dove prevale tuttavia ancora un atteggiamento ambiguo nei confronti della modernità: da un lato Gehlen vede bene come nell'epoca post-illuminista il soggetto venga esautorato completamente dalle funzioni e dalle istituzioni; dall'altro egli è anche convinto che nessuna epoca come la presente abbia permesso lo sviluppo della soggettività, e che dunque oggi si richiede un surplus di istituzioni. In Mora/ und Hypennoral, la nonare, più ne devono essere sofisticati e complessi gli elementi interni), e dall'altro presupponga l'interazione simbolica tra soggetti comunicanti - interazione che, se non va idealizzata come fanno Habermas e Ape!, resta comunque la condizione necessaria di ogni agire istituzionalizzato. Se ciò è vero, si potrebbe ipotizzare un ribaltamento delle tesi di Gehlen: l'apertura al mondo e la non specializzazione dell'uomo non sembrano tanto essere l!I conseguenza di una deficienza biologica, quanto il prodotto stesso del suo agire e del suo organizzarsi in istituzioni. Il linguaggio, ad esempio, costituisce senza dubbio un operatore selezionante della riduzione di complessità - parlando non ho bisogno di «patire» direttamente gli oggetti, - ma rappresenta al contempo un elemento notevole di incremento della complessità, non solo interna - dell'uomo che parlando deve sviluppare processi motòri e cognitivi sempre più complessi - ma anche dell'ambiente esterno. Così ·l'ambiente ,si apre euristicamente al linguaggio, moltiplicando indefinitamente la propria complessità potenziale. Su questo punto, Habermas sembra avere ragione: il linguaggio è la condizione a priori di ogni proce·ssosociale. Ma anche questa tesi può essere ribaltata - gehlenianamente - nella sua opposta: non c'è comunicazion·e che avvenga al di fuori· delle istituzioni. Il nesso linguaggio/organizzazione sociale non si esaurisce probabilmente né col dare la preminenza a uno di questi poli, né ricostruendone geneticamente le interazioni reciproche. È solo nello scorrere incessante dalle formazioni istituzionali -ai linguaggi che si rendono possibili a vicenda che (come Wittgenstein aveva capito con la teoria dei giochi linguistici/forme di vita) questo nesso può essere, se non compreso, almeno mostrato. • BibI1otecag In ob1anco
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