Vado al castello ma lì ci sono delle grosse porte di ferro, non riuscivo neanche a spostarle di un po'. Ma dal palloncino il nanetto mi bisbiglia: - Raccogli tre gigli e se infili il gambo nella serratura, le porte si apriranno da sole. lo feci così. Aprii la prima porta - davanti a me c'era una scala che non portava in nessun posto e tutto era nero e di ferro. Alle finestre c'erano dei vetri neri. Guardo: buio. Sento un pianto, vado verso il rumore, apro la porta e vedo Alja in catene. Mi trovo tra le mani una sciabola, spezzo le ca1enee, senza volere, mozzo una mano ad Alja. Ma allora gli strofino il giglio sulla mano e quella torna a crescere. Tornano i briganti. //·nanetto mi dà u11gomitolo: - Gel/a/o, mi fa, e quello legherà tutti i briganri. Feci cosi. Li feci tutti a pezzi con la spada, ma ne lasciai vivo uno, per farmi da servo. Diedi ad Alja il gomitolo e gli dissi: - Se il brigante ti assale, gettagli addosso questo gomitolo. Ed ecco che quando io esco, quello si getta su Alja, ma lui bulla il gomitolo e lo avvolge tulio. - Quando tornai volevo uccidere il brigante, ma lui mi implora: - Non mi uccidere, sono impazzito, è stata colpa di un sogno che ho fatto, avevo bisogno di sangue. Lo lasciai vivo. Ma lui di nuovo si mise ad assalirmi e allora lo uccisi. Ricciolina (Raccontato da Tanja, scritto sotto dettatura) C'era una volta una vecchie/la con un vecchiello. Avevano tre figlie. Uflf' era del vecchio (si era sposato per la seconda volta) e due della matrigna. La vecchia non amava la figlia del vecchio. E un giorno gli disse: - Portala via il più lontano possibile, altrimenti la caccerò io. Il vecchio non la portò via e la vecchia la cacciò. Questa bambina conosceva una magia: se si prende un dente dalla bocca e lo si me/le a bollire in una caldaia, porta fortuna. Subito lei prese con sé dei fiammiferi, un paiolo e un cavallino. Salì sul cavallo e andò lontano lontano, senza méta. Arrivò in un bosco dove vide un ruscello, accese un piccolo falò di verghe e bollì uno dei suoi denti e di colpo sentì una vocina da dentro il paiolo e allora ci guardò dentro e vide che c'era una bambina piccola. E bisogna dire che la nostra bambina aveva tantissimi ricci e la chiamavano «Ricciolina». E la bambina che vide nel paiolo era assolutamente uguale a lei. Allora prese quest'altra Ricciolina e poi spense ilfuoco. E Ricciolinapiccola le disse che avrebbe portato da un certo posto altre undici Riccioline. Ricciolina grande le prese, sali a cavallo e si mise le dodici Riccioline sulle ginocchia. Cavalcò a lungo, e aveva con sé un coltello che le aveva regalato il -padre. Uccideva i cervi, li cuoceva e li mangiava - si nutriva solo di questo. Una volta, mentre sta a cavallo, le Riccioline le dicono: - Non andare diritto, prendi a sinistra. Lei le stelle a sentire e andò a sinistra. E vide un povero che non aveva indosso nulla: gli diede il suo vestito. Di nuovo le Riccioline le dicono: - Non andare diritto, vai a destra. Di nuovo lei le stette a sentire e andò a destra. Incontra una vecchietta, quella chiede a Ricciolina di darle il coltello per polersi sfamare. Ricciolina ha compassione e glielo dà. Stavolta le Riccioline non le dissero nulla, non le consigliarono da che parte andare, e lei andò dritto e si imbaué in una parete. Le Riccioline le dissero di salire su quel muro e di non /emere che il cavallo non ce lafacesse ad arrampicarsi. Lei frus1ò il cavallo che, subito, si mise a volare con le ali. Volarono molte no11i. Finalmente lei vide che alla fine di questo muro c'erano delle persone con dei bauli. Sembrava che la stessero aspellando. A gran velocità andò verso lafine del muro e vide quegli slessi vecchi a cui aveva fallo i regali. Loro la accolsero con grande gioi(! e le regalarono un bau/e110d'oro, con dei vestili di filo d'oro per lei. Dall'alto di quel muro (che era mollo alto) vide che cos1r11ivano delle case. Vide che cosa stavano facendo a casa sua. Vide che il vecchio piangeva per sua figlia; le venne un grande dolore e v_olòa casa pensando che cosa la aspellava. Quando arrivò a casa, vide che il vecchio padre l'aveva scoria dalla fines/ra e tullo felice correva nel giardino._All'inizio non la riconobbe perché era diventata scura di pelle ed era vestita d'oro. E aveva vis/o volare il cavallo e il baule trascinarsi dietro al cavallo. li vecchio si spaventò. Pensava che la matrigna fosse una strega, ma no11era così: era una nera pellescura che volava. Allora ricordò di avere una figlia e capì che no11era la matrigna e poi vide che aveva una dozzina di Riccioline, ma più piccole di lei. La accolse con grande gioia e le raccontò una storia: che la matrigna era morta e lui da solo si era terribilmente annoiato e le figlie erano scappate; e fece res1areRicciolina con sé. E così vissero per sempre felici e contenti. Poesia di Lelja (9 anni) C'era una volta un gatto un gallino grigio stivale/li bianchi nasino giallo giallo testolina tonda coda tutta lunga. Si chiamava Animabella lo chiamavano Mimi. Anima mia miciotla togliti le scarpine. Monello monellaccio biri-biricchino gli piace dare morsi e anche di graffiare. ' Adora i topoli11i lecca sempre latte si siede sulla tavola si arrabbia e fa le fu.sa. Così è il mio gallino un piccoleuo grigio 08UB!qOU!6B88lO~lql8 il piccolo Mimi proprio un topolino. li Delfino d'oro C'era 1111vaolta una piccola e buona orfanella che si chiamava Cristina. Non aveva parenti e tu/li la cacciavano dalle loro case. Viveva in una caverna sulla riva del mare e raccoglieva delle belle pietrine e conchiglie per venderle, ma nessuno gliele comprava, e se qualche volta le prendevano, era per pochissimi soldi. Solo dopo il tramonto del sole lei si sedeva sulla riva del mare e veniva a 1rovarla a 111101il0Delfino d'oro e le raccontava del fondo del mare, di ogni tipo di pesci, dei fiumi e dei laghi, di svariale isole. Ma più di tu11i alla bambina piaceva il racconto su~'Isola della Felicità. Una volta la bambina era seduta in riva al mare e raccoglieva pietre quando all'improvviso apparve il Delfino e le disse: - Cara Cris1ina, tu qui non vivi bene, io sto per partire per l'Isola della Felicità, andiamoci i11sieme! - E come faccio a venire con te? lo non so nuotare... (Questa favola verrà pubblicata al completo nel prossimo libro, per il momento proponiamo ai lettori di terminarla loro stessi). La tempesta (manoscritto, a Puncik dalla figlia Alena di 9 anni) Una volta c'era una nave che navigava per il mare. Il tempo era buono, faceva caldo e il mare era tranquillo. Ma verso sera il tempo cambiò completamellte e sul mare scoppiò una tale tempesta che la nave per poco non affondò. Ecco che già la tempesta aveva sfondato l'oblò di una cabina e l'acqua era entrata dentro; all'improvviso la tempesta sfondò un altro oblò e da lì un'onda portò via 1111paiccola bambina carina. Lei si spaventò moltissimo e si mise a urlare «Aiuto!» molto fone. Ma nessuno la sentiva. Ecco che la bambina finiva ormai di dire le ultime parole: «Aiuto! Aiuto», e lentamente andava a fondo. Ecco che sta già in fondo al mare, in mezzo alle rusalke (ondine). Le rusalke si rallegrarono vedendo la 1111ovoaspùe, solo non gli piaceva molto che invece della coda avesse le gambe, ma facevano finta che gli piaceva molto, e poi, quando capì (la bambina) che qui non era bello avere le gambe, si dispiacque molto. Una volta di noi/e si svegliò e ricordando che aveva le gambe si mise a piangere e uscì dal cas1ello,si sedei/e su una roccia sottomarina, alzò le mani al cielo e disse: «Signore! perché sono così brutta e diversa da tutti! Vorrei tanto avere la coda». All'improvviso sentì una voce dal cielo: «Vai a dormire, cara bambina, il tuo desiderio verrà realizzato». La.bambina tuttafelice si 1uffò nell'acqua e andò a dormire. Quando si svegliò e vide che aveva la coda, fu molto felice. Una volta mentre passeggiavano la sera trovarono un corpo morto, q,wle fu la meraviglia della bambina quando vide la madre morta. Si gettò ai piedi della madre e in quello stesso momento morì. Da Racconti e disegni originali di bambini, raccolti da A. Krucenych (1914). Traduzione di Serena Vitale. Nella traduzione sono stati conservati alcuni errori ortografici e grammaticali presenti nell'originale russo. Recenti esperienze italiane L 'idea di fare poesia insieme ai bambini ha preso quota in questi ultimi anni anche in Italia. Ci sono stati poeti che hanno scritto testi per bambini (Pin Pidìn, Milano, Feltrinelli, 1978) in modo da provocarli alla poesia contemporanea, ma ci sono stati anche insegnanti che hanno agito assieme ai poeti, o separatamente, lavorando sul linguaggio poetico nelle classi (elementari e medie) loro assegnate. no, Emme ed., 1980). Si parte da un verso classico significativo (per esempio: «S'io fossi fuoco arderei lo mondo») o da un sentimento già agganciato a un'espressione linguistica, e si segue lo sviluppo del tema. hanno fatto i moralisti castratori, del pericolo di formare un «popolo di poeti». Gioco ed esercizio linguistico sono alla base di questo primo metodo, come del secondo, che si basa invece sull'incontro diretto con poeti contemporanei desiderosi di fare questa esperienza. È stato seguito nelle quinte elementari della scuola di Acquate (Lecco) e i risultati sono stati pubblicati nel 1980dal settimanale ciclostilato, curato insieme da alunni e l'esperienza di Dal Canto. Poesia della bambina Lara sul tema A mia madre: «Tu sei come una gazzella / che corre veloce nell'immensa Africa/ per non farsi catturare. / Tu sei come un gatto, / che nella scura notte avanza cauto,/ senza farsi sentire da qualcuno. / Tu sei come una chioccia / che brontola sempre i suoi pulcini». (È chiaro che al tema della madre è stato applicato lo stimolo del paragonare, del «come»). Dal tema Leggendo gli nuazione beve / il sangue del lama / che è diventato muto». Laura: «li mio amico / ha un figlio / che per unghia / ha un artiglio, / vive in montagna / insieme a una cagna». Il potere evocativo delle rime è stato colto dai bambini, e questa potrebbe essere un'ulteriore indicazione di metodo. Sappiamo che molti altri esperimenti di poesia coi bambini sono stati fatti in Italia negli anni recenti e si spera che i risultati possano essere resi disponibili per tutti gli insegnanti che desiderano affrontare questa esperienza. A nostra conoscenza c'è anche un lavoro inedito, accuratissimo, di una scuola media di Milano, che si è fondato sulle tecniche di composizione (come sarebbe, appunto, il partire dalle rime). I metodi adottati non si sono però proposti una ricerca nella direzione di Krucenych, non si è andati alla ricerca di un linguaggio perduto o da inventare dalle radici (lo Zaum' di cui informa Pablo Echaurren nella nota introduttiva); si è voluto invece giocare con materiali esistenti. Il motivo sembra evidente: la poesia contemporanea è già largamente fondata su linguaggi mediati dall'inconscio e nutriti, in notevole misura, delle esperienze surrealiste. Vale la pena di segnalare l'applicazione del «metodo Koch» da parte del professor Paolo Dal Canto, nella scuola media di Montecarlo in Toscana (Pescia), che ha fatto conoscere i risultati del suo lavoro con un ciclostiOccorre. sottolineare che gli insegnanti che hanno creduto alla poesia "- Due sono i metodi fondamentali :; adottati dagli insegnanti italiani. Il ·~ primo si è rifatto esplicitamente alle g_ esperienze del poeta americano Kenlato (può essergli richiesto al seguente indirizzo: Paolo Dal Canto, via della Liguria 15, 55011 Altopascio, prov. Lucca). Scrive Dal Canto: «Fare poesie è un procedimento naturale possibile per tutti; si può insegnare a scrivere poesie come si insegna la musica, la pittura, la danza, ecc.; l'età fra i 10 e i 14 anni - ma per Koch sarebbe meglio anche cominciare un paio d'anni prima - è la più adatta a sviluppare queste capacità ... » insegnanti, intitolato L'esplosione. La poesia, in questo caso, non viene isolata dal suo contesto storico e sociale ma letta proprio in questa prospettiva. Per esempio, si affronta il tema: haiku (è stata utilizzata l'ultima edizione Cento haiku, Milano, Longanesi, 1981): «Paura./ Uno schiaffo./ Inverno.» (Silvia). nella scuola hanno avuto tutti la sen- • sazione (pur tra le molte difficoltà so: prattutto di impostazione) di impiegà~t :· re bene il proprio tempo (evitando, o/ . tra l'altro, la terribile noia del non sà> :,: pere come tirar sera) e anche 9i"divertirsi e di divertire (come accade per ogni gioco che riesce). Giocanclo s'impara - è un'affermazione che non ha avuto smentite. Poi si può anche dimenticare tutto ciò che si è imparato, l'! "' neth Koch, che ha cominciato il suo lavoro nelle scuole di New York (dove ha sperimentato la validità delle sue intuizioni propedeutiche), e lo ha proseguito in alcune scuole del La.zio, con l'aiuto di una borsa di studio ottenuta allo scopo. li metodo Koch è ampiamente spiegato ed esemplificato in un suo libro edito anche in Italia e Ecco, niente di più e niente di meno e non è il caso di parlare, come Anni settanta in Italia e si interrogano anche le poesie del periodo e i poeti che le hanno scritte. L'incontro con un poeta dura l'intera giornata (pasto di mezzogiorno compreso ... ) e viene preparato dalla lettura e dell'elaborazione di una o più sue poesie. I risultati in entrambi i casi sono stati notevoli. Ecco alcuni esempi delAd Acquate i bambini delle quinte elementari a tempo pieno hanno giocato col Rimario di Antonio Porta: queste sono tre elaborazioni. Giorgio: «Per un naufragio / dovuto a un contagio / due uomini in due celle / facevano marcire la pelle». Ivana: «Il fratello lama/ non guarda, ma chiama I suo fratello muto I senza essere caduto / nella finta neve / che in contima questo è un altro discorso e riguarda la vita adulta segnata e dimidiata da tutte le rimozioni possibili. (Chi è interessato a questi argomenti, può scrivere alla redazione di Alfabeta per informazioni e altro). A.P. ~ intitolato Desideri sogni bugie (Mila- '5 L..______________________________________________________________________________ ~
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