Alfabeta - anno IV - n. 43 - dicembre 1982

i stialito da questa disubbidienza del suo rrono, lo sbatté sul pavimento: il tronò volò via in mille pezzi perché era di vetro. E così gli raccò accontentarsi delle proprie gambe e il Sultano, volente o nolenre, dovette andare via così. Appena uscito, si fermò. Gli era venuta improvvisamente una voglia terribile di bere. Per laforza dell'abitudine, stava quasi per chiamare il suo servo ma si ricordò la sua intenzione e si rrattenne. Decise che, come Sultano, era sconveniente restaresenza quello che voleva e per quesro andò al pozzo (che bello: nel casrel/o del Sultano c'era un pozzo!). Qui si presentò un nuovo problema: come prendere l'acqua? Afferrò il secchio ma invece di rirarlo fuori, cadde lui stesso dentro il pozzo. - Guardia! - gridò - presenta/evi subito qui! Ma che razza di cose, ma che razza di cose!... Ma non rispose nessuno. Quando il Sultano raggiunse l'acqua, cominciò a sguazzare e, grazie alla sua magnifica corona, di cui era 1antofiero, e grazie al suo prezioso scettro, andò a fondo. Si svegliò tutta la corte. Tutti erano meravigliati:come mai il Sultano dormiva tanto? Era già l'una. Alla fine il maggiordomo (questaparola l'ho appena letta in una favola di Andersen) decise di svegliare il Sultano. Ma, entrato, si fermò come fulminato: davanti a lui c'era il trono a pezzi e il Sultano non c'era!... - Brigante! - urlò a piena gola. Tutti, nel castello, si spaventarono. -A chi dice brigante, a noi o al Sultano?! Tutti erano fuori di sé. Camminavano in punta di piedi e non osavano dire parola. Tutti erano strabiliati e il maggiordomo stava, con la bocca aperta, nella situazione che sappiamo già. Alla fin fine, però, tornarono un po' in sé. Per primo parlò il maggiordomo: - Signori, cosa significa tutto questo?... Bisogna andare a cercare il Sultano ... Parlarono ancora molto - ma se volessimo scrivere tutto non la finiremmo più ... Andò a finire che i nostri amici andarono a cercare il Sultano. Corsero per tutte le strade e i vicoli, ma il Sultano non c'era. Allora cominciarono a piangere e le loro lacrime formavano ruscelli e questi ruscelli si unirono e si formò un fiumicello che poi formò un fiume che andava a sboccare nel Mar Nero... Ma non c'era niente da fare. Frugarono in tutti gli angoli e in lutti i ripostigli, guardarono perfino in un barattolo di unguento, ma - nemmeno lì c'era il Sultano! Allora elessero un altro Sultano. E - orrore! - cosa vennefuori? Diventò nuovo Sultano l'arrista!... E il vecchio Sultano sta sul fondo del pozzo, vorrebbe venirne fuori e non ce la fa. All'improvviso si senti sfiorato da qualcosa di freddo. Era il secchio. Oh, come si rallegrò!Ma la sua era una speranza vana. Il secchio lo stuzzicò soltanto per un po' e poi se ne tornò di nuovo sopra... E intanto la gente cominciò a bere l'acqua e quello che la bevve per primo disse che faceva schifo e che bisognava riempire il pozzo di pietre perché non era bello che nel palazzo del Sultano ci fosse un'acqua cosi cattiva. Arrivarono i domestici e si misero a gettare pietre nel pozzo. Il Sultano afferrò laprima pietra che gli capitò sotto mano e cominciò a urlare: ' - Oh, mia salvarrice! Mio tesoro! Non ti dimenticherò mai: quando /ornerò sul trono, tifarò mia erede! Tu sai che lepromesse del Sultano sono sacre, e siccome io sono il Sultano, manterrò la mia! I seguenti disegni di P. Bacharev (7 anni) sono per una storiella in sei quadretti. I bambini con i cestini in mano andarono nel bosco, lì videro un lupo. Si spaventarono. Uno di loro si arrampicò su un albero, un altro il lupo lo afferrò per la testa. Ma non successe una disgraziaperché accorsero i contadini e uccisero il lupo. I bambini tornarono a casa vivi e illesi. Bibl1otecaginobianco Dopo di che il Sultano tacque. Era così felice da non essere in condizione di parlare!... E la pietra era la sua salva1rice! Riempirono di pieire lutto il pozzo. - Maledizione! - esclamò il Sultano, - pensavo che fosse la mia salvatrice e invece è la mia assassina! Le pieire premevano su di lui, lo soffocavano, finché non lo spinsero dentro un buco. Lì si sentì più libero - non c'era acqua e poteva infine riprenderefiato. Ma non riposò a lungo. Dopo cinque minuti che era rimasto seduto, si alzò e decise di camminare, senza sapere lui stesso dove. All'improvviso si portò le mani alla testa - non c'erapiù la corona! Allora si spaventò e si mise a correre. Corse tre ore e di colpo si fermò. La paura gli era un po' passa/a e si mise a riflettere: bisognava camminare non alla cieca ma verso dove si trovava la sua corona. Ma come faceva a non correre alla cieca se c'era un buio che gli occhi non vedevano niente, un buio proprio pesto? E poi, lui non sapeva dove stava la corona. Così, il Sultano era comp/eiamente sconcertato. Anche se aveva detto che non bisognava andare alla cieca, si mise a camminare senza sapere dqve... Finalmente llSCÌ alla luce. Ma, che succede? Invece di 11Scirenel castello e di salire in tutta la sua su/tanesca grandezza sul trono, di colpo si ritrovò in mezzo alle rocce e per di più senza corona!.. Ma si era sbagliato: quello era il mondo dei diavoli. Dovunque il Sultano camminasse, metteva sempre un piede su una roccia e un piede in una fossa, tanto che per poco non gli venne una storta. Il Sultano incontrò una persona: per laforza dell'abitudine fece per togliersi la corona in segno di saluto e, effe11ivame111lea,corona era sulla testà! Felice, il Sultano se la tolse, strinse gentilmente la mano ali'uomo e cominciò a discorrere con lui. - Da dove viene, dove va? - cominciò a chiedergli, ma l'uomo non rispose nulla e di colpo scomparve. Il Sultano erasempre stato interessato molto più alla sua corona che a quell'uomo, ma per discrezione gli aveva chiesto dove veniva e dove andava. Ma qui, tornato alla luce, il Sultano poteva guardareper bene la sua corona e ammirarla - non gli serviva la discrezione. Quando si tolse di nuovo la corona, fece un salto da/l'orrore: non era d'oro ma di rame, e non solo: non era affatto una corona ma una pentola e la pietra di brillante di colpo era diventata un occhio di lucertola! - Oh, mia corona d'oro, dove sei adesso? Non dimenticarmi, vieni da me! Maggiordomo! - si mise allora a urlare a piena voce, ma il maggiordomo non arrivò. Ma non era ancora tutto, aveva perso molto di più: i diavoli gli avevano fallo un incantesimo. Era andata cosi: quando un diavolo gli si era presentato informa di uomo e gli aveva portato la corona, aveva infilato nella corona qualcosa di brullo, e quando il Sultano si era messo in testa la corona, quella cosa gli era entrata in testa. Era una lucertola diabolica, cauiva calliva, orrendissima. Aveva spostato tutto a modo suo nel cervello del Sultano, e ne era 11Sci1a fuori attraverso la sua bocca. Andò così: una mauina il Sultano provò una na11Seaterribile. Qualcosa di orrido-orrendissimo gli faceva il solletico in gola. Tossi e la lucertola saltò fuori. E il diavolo si impadronì della sua anima e lui stesso diventò un diavolo. E nelfrattempo l'altroSultano continuò a regnare,per sempreper sempre!... L (dieci anni) S'erano riuniti tre ragazzi: un porcaro, un pastore e un apprendista-calzolaio. Si annoiavano molto e così deciserodi raccontarsigli avvenimenti di quella settimana. Per primo cominciò l'apprendista-calzolaio. - Ieri sera, - raccontò - quando mi sono messo a dormire, ho sentito qualcosa che faceva rumore sollo la mia panca. Ho cominciato a chiamare il padrone, ma quello r11Ssavgaià da un pezzo. Io, che la so lunga, ho preso un ciocco e l'ho tirato addosso a quella cosa che stava lì a sguazzare - un colpo che, pensavo, quello ha tirato le cuoia. Ho tolto il pellicciotto dalla panca e sotto il pellicciotto vedo un m11Sogrande, enorme: strabuzzava gli occhi, digrignava i denti, continuava a sbattere la coda sulla panca e aveva tante zampette che non si potevano contare. lo, senza pensarci su troppo, vado in cortile, prendo la scopa e la passo sulla panca e quella bestia mi guarda in un modo, digrigna i denti, urla; ma io la so lunga, ho preso uno stivale e gliel'ho infilato in gola - gli sono venuti fuori gli occhi dalla fronte! Lo giuro! ... L'orfanella (dal manoscritto di una bambina di IO anni) C'era una volta una bambina, il padre e lamadre le erano morti_ E lei era rimasta sola sola in una cantina buia, Non poteva guadagnarsi un 1ozzo di pane, era molto debole e ben presto si ammalò tanto che non si poteva più alzare dal letto. Ecco che arrivò la primavera. Fuori splende il sole, i bambini saltano, giocano a rincorrersi, ad acchiappare/la, alle magie, e la povera bambina sta sempre a letto e si lamenta. Ecco che esce dalla sua casella un bambino piccolo e carino in pantaloni azzurri e una camicia rosa. Dietro a lui esce un piccolo gattino con un nastrino rosso al collo. Il gattino scappa e il bambino lo rincorre, All'improvviso il gauino si infila proprio nella camina in cui viveva la bambina piccola. Il bambino rincorre il gatto. All'improvviso vede la bambina: restò seduta con gli occhietti s1ra/unatiper un minuto, poi lentamente si lasciò andare sul lettino e non si mosse più. Il bambino le si avvicinò, ma lei era morta. Allora il bflmbino raccolse dei fiori, copri di fiori la bambina e se ne andò chiudendo a chiave la porta. Il castello nero, il palloncino d'oro, Alja e la viaggiatrice Tanja (trascritto a memoria, favola-improvvisazione di Tanja, 7 anni) Dal cielo cadevano fiori, e io mi misi a raccoglier/i, Mi davano forza, mi sono messa a volare, guardo e vedo che dal cielo scende un nanetto che mi chiama; io volo da lui e lui si trasforma in capra - mi vuole infilzare con le corna. Io volo via e mi ritrovo su un cantuccio di terra grande come questa stanza. Mi avvicino al confine e guardo, c'è di nuovo il nane/lo, chissà perché ho un fucile, sparo al naneuo e lui neanche un foro (era uno stregone) e continua a cercare di sedurmi. Da qualche parie spunta fuori Alja. Il nano dice: - Alja è tuo figlio. E io ci credo, Prendo Alja e lo nascondo in un sacche/lo (borse/la), Alja si fa piccolo piccolo e non lo si vede più, là dentro, Ma il nanetto ci pensa e insiste: - E che ci hai là dentro? Io gli dico: - Niente. Ma lui non ci crede. (Arriva un vecchina-gigante l'he vuole uccidere il nano, ma il nano lo implora di lasciarlo vivere nel bosco efare il servo a Tanja. Il vecchio glielo concede). Il vecchina-gigantese ne va e il nano implora: - Lasciami dormire nella tua casa, nel bosco fa freddo. Io gli do il permesso. La mattina, guardo- il narlettonon c'è più, e sulla sua federa c'è scritto: - Siccome mi hai lasciatopassare la notte da te, ti regalo un bastonefatato e delle scarpine che con un passo fai una versta. E se si batte il bastone saltano fuori dalla terra i soldi. Oppure no, c'era scri110così: - Se picchi sull'asfalto, si rompe e sotto l'asfalto c'è l'oro, prendine quanto ne vuoi, E ancora mi deue un cappello: - Se lo indossi diventi come il nulla. E, la cosa più importa/Ile, questo palloncino d'oro: - Se lo scaldi tra le mani, compare il nane/lo. Io prendo queste cose ed ecco che di colpo mi ritrovo in un poslo deserto. E lì c'è soltanto un castello, alto, grande e tu110nero. E vedo che dal castello escono delle persone, Gli danno i cavalli e io capisco che sono dei briganti. -~-? w 4 b~ \- .r ~ <:: -~ "'- 1-l °' ~ ..e, E ~ ~ ~ "' !:: .. ..e, s. <::

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